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Report settimanale sui mercati finanziari

E i primi segnali della tempesta sono arrivati.  E’ da due settimane che predicavo che il rally era ormai esaurito e gli orsi erano in agguato e a conferma di tutto ciò questa settimana nonostante i dati positivi provenienti sia dall’ Europa (indice Zew superiore alle attese) e da Oltreoceano (dati occupazionali migliori delle attese) tutti gli indici borsistici mondiali hanno terminato la settimana in territorio negativo. Ovviamente siamo difronte alla seconda fase di ribassi e poi se oramai tutti ne parlano e lo danno per scontato questo è proprio il modo migliore che tutto ciò si verifichi. Io posso solo dire che questa sarà una tempesta lieve che non porterà distruzione ma servirà per consolidare i nostri indici visto che nell’ultima parte dell’anno senz’altro ripartirà una consistente faze rialzista. 

A livello europeo la piazza peggiore è stata Francoforte con il DAX30 che ha fatto segnare una performance negativa dello 4,53%, seguita dall’ indice francese, il CAC40 che ha accusato un calo dello 3,15% cosi come l’ indice inglese FTSE100 in calo dello 2,16%. A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro solo il settore alimentare (+1,73%), seguito dal settore della salute (+0,51%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore  automobilistico (-10,18%) seguito dal settore delle risorse di base (-9,45%) ed infine da quello chimico (-6,02%). Fra i principali titoli protagonisti assoluti Deutsche Telekom (+5,73%), E.On (+4,84%) e Banco Santander (+4,34%) mentre in lettera segnaliamo Renault (-11,25%), Aegon NV (-10,21%) e Peugeot S.A. (-10,04%).

Piazza Affari chiude la settimana con il primo ribasso dello Ftse/Mib (-5,08%), ma il dato particolare è quello che si è assistito a quattro sedute consecutive di ribasso e ciò non accadeva dal lontano 10 Marzo. Fondamentale sarà la tenuta di quota 19.000 punti per il nostro indice. Fra i titoli maggiori si mettono in evidenza Enel  (+4,61% la conclusione ottima dell’aumento del capitale con adesioni che hanno sfiorato il 95% e gli ottimi spunti dopo i realizzi di inizio mese mi fanno essere fiducioso sul titolo), Finmeccanica (+4,30% notizie speculative riguardanti la controllante Ansaldo e la chiusura di importanti contratti con l’ aeronautica USA mi fanno essere “lungo” sul titolo) ed infine Ansaldo STS (+3,98% movimenti speculativi sul titolo hanno fatto segnare volumi anomali e il massimo storico).

In rosso, invece, questa settimana, Fiat (-11,71% dopo il lungo trend al rialzo da inizio anno qualcuno ha ritenuto giusto passare “alla cassa”. Sul titolo resta ancora fiducioso e lo testimoniano ancora una volta gli ottimi dati sulle immatricolazioni e sulla partita ancora non chiusa su Opel che potrebbe regalarci in “zona Cesarini” una gradevole sorpresa ), Banco Popolare (-11,57% mi sembra che il buon Saviotti da me ribattezzato come il nuovo Marchionne sia andato in ferie fino a data da destinarsi e il titolo ne ha risentito andando sotto la quota dei 5 euro. Cosi siamo ritornati ai prezzi di aprile e non mi resta che attendere la trimestrale per esprimere un nuovo giudizio) e Pirelli (-10,94% titolo pessimo e a quanto sembra non ho cambiato opinione).

Wall Street chiude l’ ottava in lettera dove l’S&P500 arretrando il suo raggio d’azione, pur restando però al di sopra del livello chiave della media-mobile a 200-giorni, in cedimento a 903 punti. L’S&P500, partito dal livello di 946 punti, ha subito un avvio di settimana all’insegna del ridimensionamento, per poi provare a ritrovare nuovamente la sua lateralità. Le contrattazioni si sono concluse a 921 punti. Il quadro tecnico degli ultimi tempi si è snodato all’insegna della lateralità. Dopo l’ampio rally dai minimi la fluttuazione del price-action sta provando a mantenersi sui livelli conquistati, cercando di evitare brusche cadute. In tal senso i riflettori restano puntati sulla media-mobile a 200-giorni che sta lentamente cadendo. Da questo punto di vista il livello di 903 punti resta fondamentale sulla parte bassa. Segue poi la media-mobile a 50-giorni risalita fino a 898 punti.

I graficisti più tecnici intendono valutare il comportamento dell’indice all’incrocio della media-mobile a 50-giorni con quella a 200-giorni. Solitamente quando la prima supera l’altra al rialzo si possono avere reazioni rialziste nell’immediato. L’RSI a 14-giorni è nel complesso neutrale, fluttuando ora proprio al 50%. Questa settimana, l’indice S&P500 ha chiuso con un ribasso del 2,64%, mentre il Nasdaq e il DJIA hanno fatto segnare rispettivamente un ribasso -1,69% e -2,95%. In quest’ ultima settimana abbiamo assistito al rimbalzo del settore dei macchinari della salute (+8,83%) e delle biotecnologie (+3,31%), mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore dei della produzione di carta (- 10,99%) e delle costruzioni delle macchine agricole (-9,38%).

Settimana all’ insegna della lettera anche per il Nikkei225 (-3,45%) ritornato sotto la soglia dei 10000punti (9786,26). A spingere al ribasso il listino giapponese le vendite sui comparti finanziari ed industriali.

Il mercato delle materie prime nel corso dell’ultima settimana ha finito per tirare il fiato dopo il recente rally rialzista. Sulla scia del recupero del dollaro e del ripiegamento delle principali Borse internazionali gli investitori hanno preferito prendere profitto. Il consolidamento del prezzo del petrolio oltre la soglia dei 70 dollari al barile e l’andamento incerto del biglietto verde dovrebbero rappresentare per il mercato dell’oro due validi elementi di supporto. Una tesi questa confermata dai numeri. Il metallo pregiato, che storicamente si muove in maniera inversa al dollaro ed è direttamente correlato al petrolio, ha registrato nell’ultimo mese un rialzo dello 0,84% a fronte di un calo del DOLLAR INDEX dell’ 1,77% e di un rialzo del prezzo del petrolio del 20,30%.

I metalli di base hanno finito per pagare il fatto che il mercato resta comunque prudente e vuole avere più conferme sui tempi della ripresa economica, tenuto conto che il miglioramento del comparto immobiliare, epicentro della crisi, si deve principalmente alle agevolazioni fiscali e ai bassi prezzi di mercato, mentre l’aumento della disoccupazione rimane il principale fattore di rischio per la crescita economica statunitense e non solo.

Durante l’ottava il mercato dei cambi ha vissuto un’ottava nel complesso laterale e priva di direzionalità. Il Dollar Index, fintata ad inizio settimana una partenza rialzista, si è raffreddato immediatamente. Fare previsioni sull’euro-dollaro resta un esercizio molto complicato al momento, restando dell’idea che la divisa americana sia comunque vulnerabile alla luce del fatto che la Federal Reserve abbia prodotto quantitative-easing, pur sapendo che anche la Euro-Zone, seppure non formalmente, sia in difficoltà per via del credit-crunch alla stessa stregua degli USA. Negli ultimi tempi il cambio è apparso più guidato dai flussi che dalle teorie.

 I tops a 1,4719 sono stati ottenuti con lo scandalo-Madoff e quelli a 1,4339 con il deciso flusso in vendita sui treasuries americani. L’euro-dollaro appare dunque più una conseguenza di quanto avviene su altre asset classes finanziarie. Il primo punto tecnico valido sulla parte alta giace a 1,4013. Sulla parte bassa non vi sono livelli di riferimento nell’immediato se non nella zona di 1,3750 -1,3800. L’euro-dollaro in chiave intra-currency peraltro sembra in parte ingessato, dato che un suo rally difficilmente potrebbe essere immaginato esclusivamente con il rally del cable, lo sterlina-dollaro.
In materia di euro-yen ed euro-sterlina il quadro resta anch’esso piuttosto frastagliato. L’euro-yen dopo aver fallito il raggiungimento della soglia psicologica di 140,00 ed aver violato al ribasso il primo supporto identificato con la media-mobile a 20 -giorni a 135,45, ora appare più laterale. La linea di trend rialzista che lo ha spinto da 112,10 fino a 139,22 è ancora in piedi intatta.

I graficisti hanno come unico punto di riferimento valido suddetta trendline, una cui violazione costituirebbe fonte di ulteriore nebulosità prospettica. Sull’euro-sterlina, sebbene il cross abbia rotto al ribasso nelle ultime ottave la media-mobile a 200- settimane, non vi sono i presupposti per pensare che la sterlina possa essere una divisa cavalcabile, innanzitutto perché il pound non offre carry-trading ed in secondo luogo perché la Bank of England ha prodotto un deciso quantitative-easing. Non che l’euro sia più virtuoso del pound, ma vi è poca convinzione a riguardo.

Sul mercato obbligazionario il contratto-future sul BUND ha archiviato la settimana al di sopra della soglia dei 119,0 punti, beneficiando dell’incremento dell’avversione al rischio da parte degli investitori (lo spread del CROSSOVER a 5-anni in Europa è salito attestandosi a quota 741). Il rendimento del decennale tedesco si è attestato al 3,50%, quello italiano al 4,60%. Il mercato obbligazionario ha trovato finora nella recessione mondiale e nella deflazione un valido alleato nel suo percorso rialzista e negli aiuti dei Governi, nell’ allargamento della base monetaria delle banche centrali (con il conseguente timore di un ritorno all’inflazione nel medio – lungo termine) e nel robusto appesantimento dei conti pubblici i principali elementi di disturbo.

Nella settimana appena trascorsa i titoli di stato americani hanno provato a proseguire nel recupero che era iniziato nel finale dell’ottava addietro con il G8 di Lecce, riuscendo però nel loro intento soltanto in parte. I titoli di stato a 10 -anni si sono attestati a 3,80%. La soglia di 3,80% rappresentava un’area di arrivo agli occhi del mercato, almeno nello short-term. Il rally dei tassi è culminato però con il raggiungimento della soglia del 4,00%. Al momento c’è molta volatilità sui titoli di stato mentre l’azione di Standard & Poor’s, l’agenzia di rating internazionale, continua. In settimana la Standard & Poor’s ha dichiarato che nello short-term il rating del debito pubblico americano non è a rischio. I titoli di stato da inizio anno hanno perso molto terreno e nelle ultime due settimane, piuttosto che assistere ad un movimento direzionale, si è assistito all’applicazione di strategie relative. I bond-traders, dopo l’ampia accelerazione dell’irripidimento della curva dei tassi a livelli record, hanno cominciato a porre in essere strategie di sgonfiamento (flattening).

Tutti gli economisti stimano che la banca centrale americana lascerà invariato il costo del denaro a 0,00%-0,25%. Il trend dell’indice dei prezzi alla produzione e dell’indice dei prezzi consumo ha confermato che il trend di deflazione su base annua si sta radicando, secondo peraltro quelle che erano le aspettative di molti macroeconomisti. Il quadro sarà impostato all’insegna della deflazione fino alla fine del primo semestre del 2009, per poi valutare il divenire dello scenario su questo fronte a secondo semestre inoltrato. Riflettori puntati ovviamente sui comunicati della banca centrale americana.

 MARKET MOVER DELLA SETTIMANA
 
Per quanto riguarda la settimana macroeconomica europea sarà una sette giorni scarna di dati dove dobbiamo solo segnalare Lunedi  23 Giugno in Germania la pubblicazione dell’ indice Ifo e  Giovedì 25 la pubblicazione degli ordini all’ industria sia su base mensile che annuale.
Spostandoci Oltreoceano la settimana si preannuncia ricca di appuntamenti macro. Si
iniziera’ martedì con la pubblicazione degli indici dei prezzi delle case m/m e la vendita di case esistenti; Mercoledì 24 con la riunione del Fomc per la decisione sui Fed Funds dove Bernanke lascerà i tassi fermi nel range tra 0-0,25% e con la pubblicazione degli ordini di beni durevoli e le vendite di case nuove per poi proseguire Giovedì 25 con il Pil e le richieste di sussidio ed infine Venerdi 26 con la pubblicazione della spesa per consumi nominale e l’ indice Michigan.
Per quanto riguarda il quadro macroeconomico nipponico dobbiamo segnalare due appuntamenti degni di nota ossia Mercoledì 24 la pubblicazione della bilancia commerciale e Venerdi 26 la pubblicazione del Cpi a/a e quello e ex alimentari freschi a/a.

Per suggerimenti e chiarimenti scrivete a [email protected]

22/06/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno