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Finanza, criptovalute e moneta digitale, quali evoluzioni?

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Qual è il legame oggi tra il mondo della finanza tradizionale e la cripto finanza? Perchè considerare anche le criptovalute all’interno di un portafoglio di investimenti?

Lo abbiamo chiesto a Ferdinando Ametrano, Professore di Bitcoin e Blockchain Tecnhologies di e CEO di CheckSig.

In questo contesto, le criptovalute dovrebbero essere considerate quell’asset in portafoglio che non ha alcuna correlazione con gli altri strumenti e, pertanto, quello strumento volto a favorire anche la diversificazione.


Ametrano sottolinea inoltre che il CFA Research Institute, ovvero l’associazione dei consulenti finanziari internazionali Certified Financial Analyst, consiglia di allocare circa il 2,5% del proprio patrimonio in Bitcoin e criptovalute: suggerire al cliente di investire il 2% del suo patrimonio in criptovalute non comporta un rischio straordinario e, sebbene vi sia la possibilità che Bitcoin o altre criptovalute possano fallire nel tempo, i danni sarebbero limitati. Tuttavia, se Bitcoin dovesse replicare il notevole rendimento che osservato in passato, con aumenti di valore di non 10 o 100, ma addirittura di 1000 o 10,000, allora tale investimento potrebbe rappresentare una performance significativa per l’intero portafoglio. Inoltre, l’esperto condivide che escludere Bitcoin dagli investimenti sia una scelta irrazionale, in parte determinata dall’incertezza e all’insicurezza nel contesto normativo delle criptovalute, sul quale si è effettivamente in ritardo dopo circa dieci anni di evoluzione di questi strumenti. Tuttavia, evidenzia come la volatilità di Bitcoin come strumento di investimento sia estremamente alta, quindi è importante considerare attentamente la proporzione di Bitcoin nel portafoglio in base all’orizzonte temporale e al livello di propensione al rischio del cliente.

ll 4 luglio 2014, l’Autorità Bancaria Europea consigliava ai regolatori nazionali di evitare di detenere, acquistare o vendere le così dette “valute virtuali”, in attesa di una regolamentazione adeguata: la regolamentazione è finalmente arrivata nel 2024, dieci anni dopo. Il gap normativo ha causato problemi a coloro che vedevano buone opportunità e desideravano investire nelle criptovalute, non avendo la possibilità di rivolgersi alle proprie banche, consulenti finanziari o private banker per investire in Bitcoin o altri asset cripto.

La situazione ora è parzialmente cambiata, in quanto nel 2024 entra in vigore in tutta Europa il regolamento sui crypto asset, ma anche perché in Italia è già stato emesso un chiarimento fiscale nel 2023 e in molti altri paesi europei vi è una chiara normativa sulle criptovalute. Un altro passaggio fondamentale riguarda l’approvazione da parte della la Security Exchange Commission (SEC), l’equivalente americano della Consob, di ben dieci ETF su Bitcoin, alcuni dei quali sono stati promossi ed emessi da importanti asset manager mondiali. In meno di due mesi, questi ETF hanno raccolto oltre 7,5 miliardi di dollari, dimostrando una forte domanda di investimenti sicuri e affidabili in Bitcoin.

Un altro aspetto discusso insieme a Ferdinando Ametrano, riguarda l’idea di un Bitcoin transazionale, al pari dell’Euro digitale, un’eventualità che lo stesso docente dichiara fallita e fallimentare, in quanto la natura di Bitcoin, con un’offerta non elastica, non può adattarsi alla domanda. Infatti, se c’è molta richiesta di Bitcoin, il prezzo sale, ma se la domanda è bassa, il prezzo scende: da una moneta transazionale ci si aspetta una certa stabilità nel potere d’acquisto. Bitcoin, in tal senso, può essere considerato più simile all’oro digitale, un investimento speculativo che alcuni vedono come aggressivo, mentre altri, come me, lo vedono come un rifugio sicuro. Il mercato nel tempo determinerà chi ha ragione, ma è chiaro che Bitcoin non è una moneta transazionale come l’euro digitale, che rimarrà costante nel suo valore.

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15/04/2024 | Categorie: Consulenza Finanziaria , Economia e Dintorni , FinanceTV Firma: Redazione