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Report Settimanale

E la trimestrale ridà spinta all’ atleta!!! Nell’ottava appena conclusa è bastata la trimestrale del colosso dell’alluminio, Alcoa, migliore delle previsioni a ridare grande slancio ai mercati mondiali. Come da me anticipato la scorsa settimana il mercato attendeva questo dato, una volta arrivata la correzione, e la positività ha portato gli investitori ad essere long sul mercato. Altro fattore importante è stata la mossa della banca centrale australiana che a dispetto degli altri governi ha alzato il costo del denaro, mossa che fa presagire come alcuni governanti credano davvero che la crisi sia terminata. Osservazione giusta e sensata! A livello europeo la piazza migliore è stata Francoforte con il DAX30 che è avanzato del 4,46%, seguita dall’ indice francese, il CAC40 che ha registrato un rialzo del 4,10% cosi come l’ indice inglese, il FTSE100 in rialzo del 3,47%.

A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore delle risorse di base (+10,31%), seguito dal settore automobilistico (+7,39%), ed infine dal settore delle costruzioni (+7,02%). Fra i principali titoli protagonisti assoluti Anglo America (+14,71%), Ing Group (+13,69%) e Basf (+9,87%) mentre in lettera segnaliamo Soc. Gen (-4,51% per le voci legate ad un possibile aumento di capitale), British Aerosp (-4,11%) e Vodafone (-4,19%).

Piazza Affari chiude la settimana con un rialzo dello Ftse/Mib (+4,93%), ritoccando i massimi dell’anno. Sono dell’ avviso che la correzione è avvenuta e una volta superata la resistenza dei 23800 punti la borsa si avvierà verso quota 24500 punti e poi 25000 punti.  Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro Cir (+14,77% la notizia boom è quella della sentenza emessa dal Tribunale Civile di Milano che condanna Fininvest al pagamento di un maxi risarcimento (750 milioni di euro) a favore della Cir di Carlo De Benedetti, in conseguenza del lodo Mondadori), Fiat (+13,70% il titolo non sembra conoscere pausa e le voci provenienti dagli States che osannano sempre più il grande Sergio mettono le ali al titolo) e Bulgari (+13,65% nonostante la debolezza del dollaro, il titolo continua a volare e secondo il parere di molti il settore sarà il primo ad abbandonare la crisi) mentre in lettera, invece, troviamo il solo Ansaldo Sts (-1,49% dopo il rally dell’estate e l’affievolirsi dei rumors sulla società il titolo si sta sgonfiando lentamente ma la ripartenza non è lontana e convengo di ricominciare ad essere long sul titolo.

L’S&P500, dopo il profit-taking coinciso con il brutto dato occupazionale di settembre, ha rialzato la testa per riproporsi a ridosso dei massimi dell’attuale rally in corso sui mercati finanziari, balzando da 1.025 a 1.071 punti.
Le motivazioni alla base di questo rally vanno certamente identificate con approcci di tipo bottom up/M&A e valutativi nei confronti dell’equity-market e soprattutto con l’environment fatto di tassi d’interesse bassi e caratterizzato da un dollaro iper-debole. La domanda attualmente in divenire se da un lato potrebbe essere capace di ridurre parzialmente la capacità industriale inutilizzata dall’altro sembra incapace di produrre nuovi occupati.
L’occupazione è dunque il tassello mancante affinché si sposi maggiore strutturale serenità. Sul fronte dell’housing-market il trend, dopo diversi anni all’insegna della caduta sembra in tentativo di stabilizzazione. Obama e la sua amministrazione stanno lavorando febbrilmente alla riforma dell’health-care-system: suddetta riforma avrebbe un’importanza campale dato che secondo le statistiche sarebbero stati in moltissimi casi proprio gli alti costi delle assicurazioni e delle spese mediche ha creare l’ondata devastante delle delinquencies (insolvenze immobiliari) e delle foreclosures (pignoramenti immobiliari). Si ricorda che in un tempo molto lontano la crisi era iniziata con i famigerati mutui-subprime. In attesa che gli USA possano calcare le orme di Australia e Canada sul fronte occupazionale il trading-floor potrebbe continuare ad apparire come un campo minato e comunque friabile.

I traders continuano a comprare, sia in un atto di fiducia pura sia aiutati emotivamente da dati che qualche volta riescono a battere le stime o che risultano migliori soltanto sequenzialmente, magari aggrappandosi ai tassi bassi e al dollaro debole. Non si esclude che possa innescarsi una recovery anche nel disastrato labor-market però , e soltanto il tempo lo potrebbe confermare eventualmente. A livello micro a Wall Street ci si trova di fronte ad un momento cardine. È iniziato il valzer delle trimestrali con Alcoa. Le sorti di Wall Street intra-week dipenderanno dai numeri cruciali delle merchant-banks americane di grosso calibro: al varco sono attese JPMorgan, Goldman Sachs, Citigroup, Bank of America. Attenzioni particolari saranno rivolte anche ai numeri di Intel.
Questa settimana è stata all’ insegna del denaro per il Nikkei225 (+2,9%) che ha riconquistato quota 10000 punti (10016,39) grazie allo slancio del nuovo governo che sembra aver delineato un’ ottima strategia economica. A spingere al rialzo il listino giapponese è la corsa del settore dei consumi domestici.
La debolezza del dollaro ha contribuito a rendere più facile la vita al mercato delle materie prime. Il CRB INDEX ha chiuso gli scambi in area 262,55 punti, in rialzo del 3,83%. Il principale indice delle materie prime segna da inizio anno un rialzo del 14,38%. I protagonisti in assoluto in termini di performance settimanale sono stati nell’ordine il succo d’arancio (+17,08%), l’argento (+9,00%), la soia (+8,93%), il mais (+8,62%) e il nickel (+8,53%). Le vendite hanno interessato solo ed esclusivamente il mercato de bovini vivi e dello zucchero, quest’ultimo fanalino di coda in virtù di una flessione pari al 10,86%. La settimana al Comex è volata via nel segno di un nuovo record per il mercato dell’oro con il primo contratto future in scadenza allungatosi prima fino a quota 1.060,40 dollari l’oncia troy e poi attestatosi nel finale a 1.047,80 $, in rialzo di circa 45 $. Da inizio anno il rialzo messo a segno dalle quotazioni dell’oro supera il 18%. Buona parte di questa perfomance deriva principalmente dalla debolezza del biglietto verde e dalla crisi economico finanziaria. Questo per quanto riguarda il passato e il presente, in futuro potrà ritornare invece ad essere l’inflazione il valido alleato per il mercato dell’oro.

Nell’ ultimo meeting di politica monetaria, tenutosi giovedì 8 ottobre nel primo anniversario dalla manovra d’emergenza che tagliò di mezzo punto percentuale i tassi d’interesse dopo il crac di Lehman Brothers, la BCE ha lasciato per il quinto mese consecutivo il costo del denaro fermo all’1%, in linea con le attese del mercato. Con l’inflazione al rallentatore e la disoccupazione vicina al 10%, non è aria di tassi in rialzo. Il contratto-future sul decennale, dopo aver avviato le contrattazioni a quota 122,70, ha scambiato nell’intervallo di prezzo 121,92 – 123,04 (livello mai registrato dallo scorso 4 settembre), per poi archiviare l’ottava a 122,09 punti, in calo di 58 centesimi. Dal punto di vista grafico le quotazioni hanno finito per chiudere sotto la media mobile a 200-giorni (122,22 punti) e la trend – line discendente avente l’origine nell’area di massimo di marzo 2009 a 126,42 punti e testata più volte nel corso di questi ultimi mesi. La settimana è stata caratterizzata dalla risalita del prezzo del petrolio poco sotto la soglia dei 72 dollari al barile, dal dietrofront del biglietto verde, dalla ripresa del trend ribassista del tasso EURIBOR a 3-mesi. Lo spread BTP/BUND ha finito per ridursi di otto punti base passando da 94 a 86. Come dicevamo in apertura di commento l’EURIBOR a 3-mesi, dopo la pausa di riflessione della scorsa settimana, ha ripreso a scendere archiviando gli scambi a 0,743%. E’ stata proprio la tendenza ribassista di quest’ultimo parametro monetario a dirottare negli ultimi mesi gli acquisti sul mercato obbligazionario più che la rassegna macroeconomica che, sviluppandosi ancora nel segno della recessione e della deflazione, ha continuato a rappresentare un più che valido alleato per il mercato dei bond. Finanziandosi a tassi d’interesse sempre più bassi, banche e investitori acquistano qualunque titolo di Stato a media scadenza guadagnando automaticamente: s’indebitano a tassi bassi e investono in titoli che hanno tassi più elevati.

Questo è il tanto conclamato “carry trade” che spiega il perché, nonostante i rendimenti siano ai limiti dell’anoressia, gli investitori continuano a strapparsi i titoli di mano.
I titoli di stato americani, dopo una settimana vissuta all’insegna della lateralità si sono sfaldati nel finale, allorquando un flusso in vendita deciso li ha investiti, non cambiando però per ora le connotazioni del fixed-income più di tanto. I tassi a 2-anni americani hanno registrato una caduta con i rendimenti che sono ritornati a ridosso della soglia psicologica di 1,00%, chiudendo l’ottava attorno a 0,98%. La curva dei tassi americani ha negli ultimi mesi provato a produrre un velato movimento di “flattening” (appiattimento), con lo spread di tasso 2-10 anni però ancora a 240 basis points. Ci vorranno trimestrali molto robuste e dati macro all’altezza per scalfire la rocciosità del bondmarket.

Durante  l’  ultima ottava il mercato dei cambi ha ripreso i suoi soliti ritmi anti-dollaristi. Il rally del prezzo dell’oro, assorto a nuovi record, spingendosi fino a 1.061$ l’oncia, sta gradualmente assumendo proporzioni pirotecniche e questo non rende di certo serenità a chi decida di intraprendere strategie dollariste anche agli attuali depressi livelli. L’euro-dollaro ha provato ad aggiornare i propri massimi relativi a 1,4844 senza alcun esito. Suddetto livello costituisce la resistenza per gli short-term traders, sebbene la ripetuta violazione del top-Madoff a 1,4719 abbia già aperto uno spazio grafico di natura rialzista per il cross per quanto ancora molto timido. Fino alla tenuta di suddetto punto l’euro-dollaro era percepito in trend laterale-rialzista. Tuttavia la rottura di questa zona grafica rende il biglietto verde molto vulnerabile ad ulteriori ondate svalutative. Tuttavia in un clima anti-dollaristico sarebbe preferibile osservare l’euro-yen piuttosto che il dollaro-yen, molto depresso rispetto al recente rally dei mercati azionari globali. L’euro-yen ha i suoi supporti in area 129,05-129,67. I drastici flussi in vendita sullo sterlina-yen hanno penalizzato l’euro-yen che è stato costretto ad arretrare, con le ricoperture rialziste però scattate prontamente nel finale d’ottava. La Bank of Japan è dietro l’angolo volendo intervenire in caso di eccessivo rafforzamento della propria divisa. Una nota di merito in settimana va attribuita al dollaro australiano che ha davvero messo a segno una performance qualitativamente eccellente contro euro, cadendo fino a 1,6287 circa. Al di là delle percentuali e dei numeri la divisa australiana ha attratto i flussi degli investitori internazionali grazie al doppio-newsflow emerso in settimana abbastanza convincente e comunque molto diverso rispetto a quanto abituati a constatare in questi tempi di crisi: prima la Reserve Bank of Australia ha alzato i tassi d’interesse da 3,00% a 3,25%, risollevandoli dai minimi degli ultimi 49 anni, e poi il tasso di disoccupazione a sorpresa è passato da 5,8% a 5,7% contro il 6,0% atteso, con 40mila nuovi occupati circa. Si tratta di notizie di spessore non tanto per la loro agognata positività, ma in quanto dicotomiche rispetto al restante universo. Una volta tanto il rafforzamento di una divisa è passato attraverso il rafforzamento dei suoi fondamentali, almeno fino a data da destinarsi e finchè i dati non si invertiranno ritornando malauguratamente a deludere.

Per suggerimenti e chiarimenti potete scrivere a  [email protected]

12/10/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno