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Nonostante il G-20 la guerra valutaria non si placa

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La guerra valutaria di cui abbiamo parlato più volte fin da tempi non sospetti sta facendo vacillare le convinzioni di alcuni investitori sui mercati emersi.

MERCATI OBBLIGAZIONARI:
Soprattutto nel comparto obbligazionario, dove verosimilmente l’investimento si è originato basandosi su una serie di motivazioni quali: il rapporto debito/PIL; i rendimenti offerti dai bond governativi emergenti sono superiori mediamente a quelli dei Paesi Sommersi; le valute di chi non è costretto a stampare denaro a nastro ed iniettarlo a sostegno dell’economia dovrebbero tendenzialmente rivalutarsi. E invece, a causa soprattutto della sorprendente forza dell’euro, chi ha investito in qualche indice “emerging bond” è al palo se non in perdita di qualche punto percentuale da maggio ad oggi. Considerando che era convinto di sottoscrivere strumenti tranquilli, redditizi e posizionati correttamente rispetto alla tendenza di mercato lo sbigottimento probabilmente è doppio.

FORZA DELL’EURO:Ma cosa sta succedendo?” si stanno chiedendo questi spaventati investitori. “non sarà forse il caso di chiudere prima che la perdita si faccia troppo grande, comprando un tranquillo BTP 2025?” Calma, le considerazioni che l’investitore ha fatto in partenza sono comunque valide, quello che sta succedendo è che l’euro è in una fase di forza relativa strepitosa contro quasi tutte le monete del globo terrestre. Il che, contro dollaro, è facilmente spiegabile visto che il mercato sta scontando un nuovo QE della Fed: nuova fase di stampa di denaro per monetizzare il debito significa svalutazione secca del biglietto verde. Ok. E le altre monete? Diciamo che in Asia, sommariamente parlando, molte monete hanno una forte correlazione (se non addirittura un ‘peg’) con il dollaro USA. Il dollaro australiano è ormai da tempo ampiamente sui massimi. Ma rimangono tutte le altre. E qui interviene una situazione tutta propria del Vecchio Continente: La BCE ha da qualche tempo interrotto la disponibilità di finanziamenti lunghi alle banche europee, facendo rapidamente salire l’euribor (ovvero portando le banche ad usarlo davvero, non a dichiararlo nominalmente e ad operare con la BCE).

BANCHE E LIQUIDITA’: Diciamo che le banche hanno più necessità di liquidità di qualche tempo fa. Inoltre, la ratifica delle norme di ”Basilea 3” preludono, come ci ha spiegato lo stesso Trichet, ad un periodo in cui le banche dovranno pagare dividendi meno generosi o non pagarli affatto e piuttosto chiedere sforzi agli azionisti per ricapitalizzarsi (un modo elegante per dire che arriveranno aumenti di capitale a tamburo battente). Diciamo allora che le banche… hanno più necessità di liquidità di qualche tempo fa.

FATTORI CRITICI: Poi c’è la questione che all’interno dell’area euro esistono delle zone critiche, al momento la più calda è l’Irlanda, che qualora scoppiassero genererebbero una attività di deleveraging pericolosa. Per queste evenienze è opportuno tenersi un po’ di fieno in cascina in più. Diciamo che… indovinate un po’? Le banche hanno più necessità di liquidità di qualche tempo fa. E quindi cosa accade? Semplicemente che le posizioni in essere (e in utile, grazie al rally delle materie prime) che le banche europee hanno in giro per il mondo sono in questa fase vittima di un generalizzato “call-back” (potevo scrivere richiamo, ma così fa più scena), causando questa provvisoria inusitata forza dell’euro contro praticamente ogni valuta. Per gli investitori in bond emergenti dunque esistono solide basi per essere fiduciosi di aver fatto un buon acquisto. Poi naturalmente ci sono da fare mille distinguo, ad esempio le condizioni di Venezuela ed Argentina non sono propriamente floride (l’Argentina spende il 90% della propria raccolta fiscale solo per gli stipendi pubblici: a spanne la sostenibilità della situazione è vicina allo 0) e questo potrebbe intaccare la valutazione dei titoli di importanti Paesi confinanti.

BOLLA PAESI EMERGENTI: Sì perché i tre elementi base che abbiamo citato all’inizio sono concreti, ma non dobbiamo dimenticare una cosa che la Storia ci insegna: il ciclo boom-burst (creazione e scoppio della bolla): dopo le azioni Tech di fine anni ‘90 e la bolla immobiliare scoppiata nella crisi subprime del 2007, molti asseriscono che la prossima bolla sarà quella dei Paesi emergenti. La formazione della bolla ha un percorso piuttosto tipico: grande crescita, entusiasmo in via di diffusione, eccesso di credito, euforia, scoppio della bolla. Ci sono tutti gli elementi perché il percorso si completi anche qui, già oggi –tanto per dirne unail P/E delle azioni emergenti è piuttosto vicino a quello delle azioni dei paesi occidentali mentre storicamente il mercato ha sempre preteso un certo differenziale. Però dieci anni fa i Paesi occidentali facevano due terzi del PIL mondiale, oggi circa la metà e verosimilmente fra 10 anni saranno scesi al 40%. Dunque sulla bilancia ci metterei tutto, e concluderei dicendo che –se di bolla si tratteràè comunque meritevole di essere cavalcata.

28/10/2010 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Vincenzo Polimeno