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Dagli studi comportamentali, alla finanza, al Rinoceronte Grigio: il contributo di Kahneman alla più recente economia

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Lo psicologo e Premio Nobel per l’Economia, Daniel Kahneman si è spento mercoledì 27 marzo all’età di 90 anni. Il professore emerito di psicologia all’Università di Princeton è stato molto attivo nella ricerca sui comportamenti degli individui, le logiche che sottendono alle scelte e alle prese di decisione, anche contrastando alcune delle nozioni dell’economia classica come la “teoria dell’utilità attesa” o la nozione di “homo economicus“.

Verrà ricordato soprattutto per il grande contributo all’economia, che gli è valso il Premio Nobel nel 2002, citando la commissione dell’ambito riconoscimento: “per aver integrato gli insights della ricerca psicologica nella scienza economica” e per aver posto le basi dell’economia comportamentale, di cui è ritenuto tra i padri fondatori.

Daniel Kahneman nasce in Francia nel 1934 da una famiglia ebraica originaria della Lituania, trascorre la sua infanzia a Parigi, ma l’occupazione nazista nel 1940 lo porta a vivere esperienze difficili durante l’Olocausto. Durante la guerra, la famiglia vive in fuga e clandestinità, riuscendo a sopravvivere, sebbene il padre muoia nel 1944. Nel 1948, Kahneman e la sua famiglia si trasferiscono in Palestina, poco prima della creazione dello Stato di Israele. Completerà qui il ciclo di studi ed otterrà una laurea in psicologia e una laurea secondaria in matematica, dopodichè inizierà a viaggiare dedicandosi alla costruzione della sua lunga carriera accademica e scientifica.


Nel 1974 pubblica a quattro mani insieme ad Amos Tversky un articolo sulla rivista Science, che affronta la presenza diffusa di bias sistematici nelle valutazioni intuitive e nelle previsioni, mirando a interessare non solo gli psicologi ma anche altri studiosi. Questo lavoro empirico, raro e apprezzato, ha attirato l’attenzione di filosofi ed economisti: la sua particolarità risiede nella pratica di incorporare nel testo le domande dello studio, citandole testualmente, coinvolgendo così i lettori e spingendoli a percepire l’interesse degli autori per la propensione agli errori di individui intelligenti e sofisticati, anziché concentrarsi sulla supposta stupidità delle persone. L’articolo è diventato un punto di riferimento nell’analisi critica del modello dell’agente razionale, suscitando una vasta produzione letteraria in ambito scientifico, filosofico e psicologico.

Teoria del prospetto

Nel 1979 elebora insieme al collega e amico Tversky anche la Teoria del Prospetto, un’alternativa descrittiva alla teoria dell’utilità attesa, fornendo una descrizione di come gli individui si comportano di fronte a una decisione. Anche in questo caso, la teoria si basa su evidenze empiriche e sottolinea come nella presa di decisioni, gli individui violino costantemente i principi della razionalità economica. Un’importante intuizione, come spiegava proprio Kahneman che gli è giunta da una perplessità: “perché nel libro di Psicologia matematica tutti i problemi di scelta vengono descritti in termini di guadagni e perdite, mentre le funzioni di utilità che devono spiegare le scelte vengono rappresentate con la ricchezza?” La scelta di adottare i cambiamenti e/o le differenze come indicatori di utilità sarà la mossa dal un ruolo cruciale nell’aprire la strada all’economia comportamentale.

Effetto framing, avversione alle perdite ed effetto isolamento

Kahneman insieme a Tversky giunge anche a teorizzare il cosiddetto effetto framing, ovvero l’effetto prodotto dal contesto, che indica come il modo in cui un problema viene presentato influisce sulla decisione che una persona prende. La formulazione del problema può infatti influenzare la percezione dell’individuo riguardo al punto di partenza o allo status quo rispetto al quale valuta i possibili risultati delle sue azioni.

Un altro importante fenomeno psicologico collegato alla Teoria del Prospetto è l’avversione alle perdite, un principio psicologico che porta la maggior parte delle persone a essere più motivate nell’evitare una perdita piuttosto che nel conseguire un guadagno. Questo principio, che potrebbe derivare da un istinto di sopravvivenza, influisce sulle decisioni rendendo le persone inclini a fare scelte diverse a seconda di come vengono presentati gli esiti. Ad esempio, è più probabile che le persone rifiutino un possibile aumento di prezzo piuttosto che accettare una riduzione dello sconto, anche se la differenza economica tra le due opzioni è la stessa.

E’ poi la volta dell’effetto di isolamento, scoperto da Kahneman e Tversky, che definisce una tendenza degli individui a considerare separatamente le probabilità consecutive anziché trattarle insieme. Quando valutano le opzioni, le persone sembrano calcolare un valore basato sui risultati potenziali e le rispettive probabilità, scegliendo l’opzione che offre l’utilità maggiore. Tuttavia, questo approccio può portare a preferenze incoerenti, poiché le prospettive possono essere suddivise in componenti comuni e distintive in più di un modo, e diverse suddivisioni possono portare a preferenze diverse.

L’economia comportamentale

L’idea e la spinta dello psicologo Eric Wanner nell’integrazione tra la disciplina economica e la psicologia ha fornito il La per gli studi sull’economia comportamentale, che hanno coinvolto presto anche Richard Thaler. La Russell Sage Foundation e Wanner hanno continuato a sostenere le ricerche integrate tra economia e psicologia e, a partire dal 1994, Kahneman ha contribuito organizzando scuole estive sull’economia comportamentale, promuovendo così la ricerca, gli studi e l’attività di una serie di economisti più giovani legati a quella disciplina.

La ricerca scientifica nell’ambito della psicologia cognitiva applicata alle decisioni economiche si concentra sull’analisi di come le persone prendono decisioni in contesti finanziari e commerciali: questo campo cerca di comprendere come le emozioni, i bias cognitivi e altri fattori influenzino le scelte finanziarie e di mercato e come queste decisioni si traducano nei prezzi di mercato e nell’allocazione delle risorse. Entrambi gli ambiti, sia la psicologia cognitiva che l’economia, si interessano alla razionalità (o alla sua mancanza) da parte degli agenti economici.

Dal Cigno Nero al Rinoceronte Grigio

Nel 2007, Nassim Thaleb elabora la teoria del Cigno Nero, un evento imprevisto e significativo, il cui impatto viene reinterpretato e considerato come prevedibile una volta che è già avvenuto, con il senno di poi.

Thaleb teorizza la rilevanza esagerata di eventi di eccezionale portata, imprevedibili e rari, che si discostano dai normali schemi attesi nelle aree storiche, scientifiche, finanziarie e tecnologiche, la difficoltà nel quantificare scientificamente la probabilità di tali eventi rari e ad alto impatto, a causa della natura delle probabilità estremamente basse e, richiamando i principi dell’economia comportamentale, le distorsioni psicologiche che ostacolano sia gli individui che le collettività nel riconoscere l’incertezza e l’importanza significativa degli eventi rari nell’evoluzione storica.

Qual è il grado di responsabilità e di coinvolgimento delle persone nel momento in cui si verifica un cigno nero?

Durante le sue ricerche sulle crisi finanziarie del debito comparando la situazione argentina e quella greca, Michele Wucker, autrice e politologa americana, si basa sul presupposto che in molti casi, per molti eventi, crisi e accadimenti degli ultimi decenni i segnali fossero evidenti. Cigni neri o tendenza a procrastinare nel prendere decisioni importanti, pianificare e fare strategie?

Si continueranno a trattare le prossime eventuali catastrofi come cigni neri? Le persone continueranno a farsi trovare ancora impreparate davanti agli eventi che hanno dato manifestazione e segno del loro imminente verificarsi? Scegliere di affrontare il problema anziché tergiversare e doverlo gestire come un’urgenza improvvisa è una scelta che implica consapevolezza e responsabilità.

Wucker nel suo libro “Il rinoceronte grigio” definisce il concetto come una minaccia (o parimenti un’opportunità) altamente probabile, a grandissimo impatto, eppure fortemente sottovalutata: alcune crisi che si sono verificate negli ultimi decenni non sono arrivate in modo repentino, ma, al contrario, hanno dato avvisaglie, segni che qualcosa sarebbe scoppiato nell’arco di breve tempo. Sia che si tratti di salute, di finanza famigliare e personale, o addirittura di eventi di impatto globale, rimandare il problema è più facile che affrontarlo.

Il Rinoceronte Grigio è una metafora che integra gli aspetti che determinano le scelte delle persone, con gli avvenimenti di grande portata di cui sono state a lungo sottovalutate le avvisaglie: il problema del cambiamento climatico, ad esempio, si presenta con urgenza e richiede una gestione tempestiva per affrontare le sue conseguenze. Analogamente, la pianificazione previdenziale è cruciale per evitare effetti negativi nel futuro. Sia il rischio climatico che quello legato alla pensione illustrano le sfide che gli esseri umani affrontano nel gestire le questioni attuali per prevenire problemi a lungo termine.

Il riconoscimento di come le persone prendono le decisioni e affrontano (o scelgono di non affrontare) i problemi futuri, consente di aprire gli occhi e aprirsi alle opportunità di una gestione più responsabile e consapevole delle decisioni con effetti a lungo termine.

28/03/2024 | Categorie: Comunicazione e Relazione , Economia e Dintorni Firma: Redazione