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Goldilocks, un nuovo 2018 di “Riccioli d’oro”?

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Uno scenario di Goldilocks favorisce le azioni e i bond societari. Tra le preferite anche le strategie alternative, destinate a fornire dei rendimenti non correlati con altre asset class

Con l’avvicinarsi della fine dell’anno, arriva il momento di rispolverare storie commoventi come il “Canto di Natale” di Charles Dickens. Anche gli investitori potrebbero ispirarsi alle fiabe e sperare che il racconto “Riccioli d’oro” – in inglese Goldilocks – presti di nuovo il suo nome allo sviluppo dei mercati finanziari nell’anno prossimo. Un andamento economico al passo giusto, capace di evitare sia una recessione sia un surriscaldamento, è in effetti una possibilità realistica per il 2018.

Goldilocks è forse l’unica protagonista di una fiaba a essere riuscita a entrare nel gergo economico di tutti i giorni. L’eroina del XIX secolo è passata alla storia perché, a differenza dei suoi tre amici orsi, le piaceva la minestra d’orzo non troppo calda né troppo fredda. L’atteggiamento ragionevole della bambina di fronte alle avversità deve aver impressionato alcuni professionisti del mondo finanziario odierno (che di solito preferiscono comunque i tori agli orsi). E cosi Goldilocks è diventata sinonimo di un’economia temperata, non troppo calda da provocare un’inflazione, né troppo fredda da causare una recessione. Una tale situazione è caratterizzata da un basso tasso di inflazione, un incremento dei prezzi dei titoli, bassi tassi di interesse e una costante crescita del PIL. Il 2017 merita indubbiamente un tale appellativo. Ma che ne è del 2018?

Dalla metà del 2016, l’economia mondiale è entrata in un circolo vizioso, con un’ampia ripresa sincronizzata che ha indotto organizzazioni come il Fondo monetario internazionale e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico a rivedere al rialzo le loro previsioni di crescita del Pil. Sebbene negli Stati Uniti regni di fatto la piena occupazione, la crescita dei salari e i dati sull’inflazione “core” sono rimasti modesti. Ciò ha consentito alla Us Federal Reserve e a molte banche centrali di mantenere una politica monetaria nel complesso espansiva. Anche se negli Usa ci aspettiamo un’accelerazione dell’inflazione “core” (esclusi i prezzi dell’energia) dall’attuale 1,4% all’1,8% nel secondo trimestre 2018, il nostro scenario principale non prevede un’economia americana surriscaldata. Ciò significa che, secondo le nostre previsioni, la crescita dovrebbe raggiungere il 2,5% e la banca centrale americana dovrebbe aumentare i tassi di interesse solo due volte nel corso dell’anno. Se partiamo dal presupposto che gli utili societari salgano a un percentuale a due cifre nel 2018 e che la riforma fiscale americana venga attuata, possiamo aspettarci una sovraperfomance delle azioni sui titoli di Stato e un buon supporto per i mercati del credito. A questo punto però le valutazioni assolute non sembrano più molto allettanti, il che limita i rendimenti attesi. Cosa potrebbe far deragliare il nostro scenario principale di una nuova Goldilocks?

 

Lo scenario meno desiderabile: una crescita fiacca

Per il momento non vediamo alcun motivo per cui l’economia mondiale debba rallentare, ma un mix di eventi avversi potrebbe avere questo effetto. Innanzitutto l’attuale stretta delle autorità cinesi sui veicoli d’investimento che finanziano il vasto sistema bancario “ombra” potrebbe innescare un rallentamento economico più accentuato del previsto, con ripercussioni negative sul commercio mondiale. Negli Usa, una riforma tributaria abborracciata potrebbe spingere le imprese a ridurre i costi e gli investimenti, mentre un calo degli guadagni sui mercati azionari e immobiliari – associato a una mediocre crescita dei salari – potrebbe frenare la spesa dei consumatori. In Europa, una vittoria del Movimento 5 Stelle alle prossime elezioni italiane potrebbe ridestare i timori sul futuro dell’eurozona. In un tale ambiente, i mercati azionari potrebbero essere penalizzati dalle revisioni al ribasso delle stime sugli utili societari da parte degli analisti. Di conseguenza, le banche centrali potrebbero tornare in modalità di crisi, provocando eventualmente una fuga verso i porti sicuri, titoli di Stato e oro. Questo scenario ci sembra tuttavia poco probabile.

 

Un altro scenario poco allettante: la paura dell’inflazione

In un periodo in cui addirittura i membri della Us Federal reserve sono sorpresi da un livello di inflazione così modesto, un rialzo dell’indice dei prezzi al consumo potrebbe essere una vera sorpresa: non deve essere necessariamente un’impennata assurda come quella della “Repubblica di Weimar” o degli anni Settanta, ma un probabile superamento del target del 2% di gran parte delle banche centrali. Affinché una tale ipotesi si avveri, l’aumento dei salari dovrebbe sforare l’attuale range del 2,4-2,8%, in modo da indurre la Fed a un forte giro di vite allo scopo di evitare un surriscaldamento. Per esempio, cinque manovre rialziste nel 2018, che porterebbero il tasso di riferimento statunitense al 2,75%, sarebbero una grossa sorpresa per gli operatori di mercato e molto probabilmente spingerebbero al ribasso i prezzi azionari e obbligazionari. Un rendimento del 2,75% farebbe delle liquidità in dollari Usa un temuto concorrente di molti asset a caro prezzo, specialmente sui mercati delle obbligazioni societarie.

 

Lo scenario auspicato: una nuova “Goldilocks”

Guardando al 2018, crediamo che vi sia una buona probabilità che permangano delle condizioni “Goldilocks”, almeno nel primo semestre. Questo ambiente favorisce le azioni e le obbligazioni societarie. Allo stesso tempo, il graduale ritiro di liquidità da parte delle Banche centrali – e della Fed in particolare – graverà probabilmente sui rendimenti dei titoli di Stato dell’Europa “core”.

 

Maggiore focus sugli investimenti alternativi

Non intendiamo apportare modifiche di rilievo al posizionamento del nostro portafoglio perché è ampiamente in linea con il nostro scenario principale. Considerata l’elevata valutazione dei mercati azionari e obbligazionari in termini assoluti, continuiamo ad aumentare gradualmente la nostra esposizione in strategie alternative, destinate a fornire dei rendimenti non correlati con altre asset class. I mercati “orso” non muoiono di vecchiaia, ma si indeboliscono con l’ottimismo e muoiono di euforia. Oggi l’ottimismo è molto diffuso tra gli operatori, ma è ancora lungi da livelli euforici. Il 2018 si presenta bene, però dobbiamo restare vigili.

 

A cura di Christophe Bernard, chief strategist Vontobel Asset Management

08/12/2017 | Categorie: Economia e Dintorni , Investimenti Firma: Redazione