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Generali: le dimissioni dell’onnipotente Geronzi.

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IL SUCCESSO. Era il 25 aprile dello scorso anno e per il pluridecorato banchiere romano (fondatore di Capitalia e poi presidente di Mediobanca) sembrava aprirsi una nuova stagione ricca di soddisfazioni. La guida del colosso assicurativo – la terza compagnia europea con asset in gestione per quasi 400 miliardi – sembrava il coronamento di una carriera di successo, costruita coniugando assieme conoscenza del mondo bancario e solidi legami politici. Nel nuovo contesto assicurativo si apriva per lui la possibilità di indirizzare le Generali nel ruolo di attore "di sistema" della finanza italiana. Le condizioni c’erano tutte. Un consiglio di amministrazione con una presenza estera dimezzata ma, in compenso, affollato di importanti imprenditori italiani con i quali dialogare Lorenzo Pelliccioli (De Agostini) Leonardo Del Vecchio (Luxottica), Francesco Caltagirone.

LE TENSONI. E un management operativo che non aveva gradito la sua nomina e che però stava sulla difensiva. Le tensioni attorno alle Generali, dentro e fuori il cda, si susseguivano dalla sua nomina ma da quando il signor Della Valle ha cominciato ad attaccare il vecchio potere rappresentato proprio dal leone  Geronzi e’ maturata nell’arco di pochi mesi l’iniziativa che si e’ conclusa con le dimissioni di Cesare Geronzi dalla presidenza della compagnia. Uno scambio di telefonate a partire dallo scorso fine settimana e alcune riunioni tra lunedi’ e martedi’ – con in prima linea l’a.d. di Mediobanca Alberto Nagel e l’a.d. di De Agostini, Lorenzo Pellicioli – hanno portato una congrua parte dei componenti del board di Generali a concordare su una posizione. Ovvero la problematicita’ del governo di Generali nella forma assunta nell’anno della presidenza Geronzi.

Da questa condivisione e’ partita la raccolta di consensi per la mozione di sfiducia che ha ottenuto 12 firme: le otto dei consiglieri che avevano gia’ firmato la richiesta di convocazione del cda straordinario che si e’ tenuto ieri, piu’ i due rappresentanti di Mediobanca, ovvero Nagel e Francesco Saverio Vinci e i due a.d. Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot. Il tutto all’insegna della massima riservatezza, nel piu’ perfetto stile Mediobanca e senza sbavature mediatiche.  Meno di un anno è durata la parabola di Cesare Geronzi alle Assicurazioni Generali. A 76 anni, dopo essere passato sostanzialmente indenne da condanne giudiziarie e da conti non brillanti delle banche da lui guidate, Geronzi subisce il suo più grande smacco professionale ed esce dimissionario dallo scontro con il management triestino e dal principale azionista, quella Mediobanca pure presieduta per tre anni. Eppure il banchiere aveva tenuto addirittura testa alla debacle del suo Grande Protettore, un tal Antonio Fazio che nel 2005 era stato travolto dal ciclone delle Opa e contro Opa.

UGUALMENTE è stato capace di uscire da Capitalia, la creatura di 20 anni della sua carriera non in grado di reggere da sola la fase dei grandi consolidamenti bancari, barattandone la cessione a Unicredit con la nomina al vertice di Mediobanca. Anche a Mediobanca, dove pure era considerato un corpo estraneo, se ne è andato dopo tre anni di sua iniziativa, reputando il passaggio a Generali una ennesima crescita. Questa volta invece l’innesto non ha retto. Geronzi non ha saputo contrapporsi ai cambiamenti degli equilibri in atto e ha dovuto lasciare la presidenza della compagnia triestina.  La scelta di presiedere una compagnia assicurativa, pur sapendo di non sapere, non si è rivelata azzeccata. Il tentativo, sotterraneo ma non troppo, di liberarsi dell’AD Giovanni Perissinotto è fallito e si è accompagnato a invasioni di campo, rispetto alle sue deleghe, che hanno indispettito gli azionisti.

MEDIAZIONE. Perissinotto ha mediato in alcune occasioni – come la concessione per Citylife di un’opzione put favorevole a Fondiaria Sai, soggetto debole nonchè concorrente – ma alla fine la ripetuta volontà di Geronzi di pesare al di là delle sue effettive deleghe non ha trovato, come in passato, molti alleati. L’intervista di febbraio al Financial Times con l’ipotesi di investimenti delle Generali nel Ponte sullo Stretto di Messina e nelle banche lo ha allontanato da management e azionisti della compagnia. In primo luogo Mediobanca, che ha nel consiglio di amministrazione i massimi rappresentanti del suo management, memori degli scontri milanesi con Geronzi e con le sue logiche così diverse da quelle storiche di Piazzetta Cuccia. La forza delle relazioni messa davanti al primato della redditività questa volta si è scontrata con la storia delle Generali, con un mercato insensibile se non negativo, e con azionisti impegnati nella costruzione di scenari diversi.

In primo luogo Diego Della Valle, disposto a esporsi ripetutamente con un codice lontano anni luce da quelli a cui è abituato il salotto buono della finanza italiana. Ma anche altri, che hanno evitato di consigliare pubblicamente al presidente di Generali la pensione, ma si sono mossi per la creazione dell’epoca post-Geronzi. Uno scenario in realtà molto complesso e di cui non si possono ignorare gli intrecci con il ridisegno del potere politico e finanziario in Italia. Ma che intanto mostra una caduta che sino a ieri ai più sembrava impossibile. Comunque c’è da dire che ancora una volta ha trionfato il grande stile Mediobanca. Toni professionali e atteggiamento assolutamente istituzionale da parte di tutti (sia pure con l’aggiunta di una dose di sorpresa da parte del presidente) hanno permesso di portare a compimento il difficile passaggio.

BUONA USCITA. Sul tavolo delle dimissioni, come era logico pensare si è pensato anche alla lauta ricompensa omeglio definita buonuscita. E lasciatemelo dire, per una volta ha trionfato l’indipendenza ossia è stato uno smacco per chi aveva perso la speranza che in Italia potesse cambiare qualcosa, che il declino fosse inevitabile, che la raccomandazione e l’intrigo valessero più di ogni merito. E’ arrivato un raggio di speranza chiamato Italia. Ed esiste ancora. L’ Italia che sa dire di no.

 

06/04/2011 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Vincenzo Polimeno