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La ripresa economica: un buon proposito per il 2010

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Già da mesi si susseguono le voci ottimistiche di un’ uscita dalla crisi già avvenuta, probabilmente l’economia uscirà davvero dal tunnel nel primo trimestre 2010. Ma siamo onesti, dobbiamo essere concreti e sapere che comunque sia l’uscita dal tunnel non è facile,  la strada è in salita,  piena di buche e, viste le temperature di questi periodi invernali, anche ghiacciata.

Gli ostacoli da superare ci sono ancora: sono vere e proprie incognite il  debito della California, di New York e di altri stati americani in condizioni pre-fallimentari, le esposizioni economiche di milioni di famiglie americane tramite le  loro carte di credito (e anche in Italia le “revolving” non mancano), l’ eccessivo debito pubblico di molti paesi europei. E si potrebbe continuare ad oltranza citando una disoccupazione destinata ad aumentare quanto meno per diversi mesi potrebbe annullare i progressi sin qui ottenuti.

Se banche centrali e governi hanno davvero imparato qualcosa (siamo sicuri?), riusciremo però a evitare il precipizio. Ma fosse anche così avremo comunque una ripresa debole e rimane concreta la possibilità di un ritorno della crisi economico-sociale nel 2010.

Vero è che la crisi attuale risulta (a discapito dei proclami) molto meno profonda di quella degli Anni Trenta ma almeno altrettanto ricca di implicazioni politico-sociali e internazionali. Allora il prodotto lordo americano per abitante, dopo il massimo storico del 1929 cadde fino a tutto il 1933; cominciò a risalire nel 1934 ma solo nel 1939 recuperò – grazie allo scoppio della seconda guerra mondiale – i livelli di partenza. Oggi per il sospirato recupero servono 2-5 anni a seconda dei paesi.

Ma onestamente ritengo che più che il recupero quantitativo (anche perché sulla validità del concetto di Pil si potrebbe dialogare a lungo) saranno importanti le variazioni qualitative che si sono presentate a livello internazionale già nel corso del 2009. Abbiamo, difatti, assistito a nuovi interventi pubblici nell’economia e nella finanza che si sono rivelati indispensabili per evitare che l’economia vada fuori controllo. Abbiamo assistito anche ad una debolezza economica che sta già spingendo gli Stati Uniti verso un accordo di lungo periodo con la Cina “padrona” del suo debito pubblico.
 

E su questa partita Stati Uniti – Cina si giocherà molto della ripresa economica internazionale. Peccato che la “strategia del gioco” è gia stata identificata nell’ “equilibrio del terrore finanziario” nel senso che ciascuno dei due paesi può distruggere economicamente l’altro: i cinesi possono negare nuovo credito agli americani con il rischio di far precipitare il dollaro e così distruggere il valore delle loro riserve, gli Stati Uniti possono alzare barriere protezioniste contro la Cina con l’analogo rischio di veder precipitare la propria moneta.

E la considerazione principale da fare parte proprio da questo: si riuscirà a costruire un mondo nuovo su una base così fragile come la capacità delle due maggiori economie del pianeta di distruggersi reciprocamente? La speranza è indubbiamente quella di una risposta positiva ma la strada verso un nuovo bipolarismo/multipolarismo economico-monetario è incerta e difficile. Si assisterà ad un periodo abbastanza lungo ma occorre brindare al nuovo anno con la speranza che ne emerga davvero un mondo economicamente in ripresa senza altri guai.

31/12/2009 | Categorie: Il caso della settimana Firma: Jonathan Figoli