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Il vino come forma di investimento? Perché no.

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Sfatiamo subito una credenza, l’investimento nel vino non è finalizzato al collezionismo ma al consumo: il suo valore non è tanto collegato “all’etichetta” ma alla qualità vera e propria, al suo potenziale di invecchiamento e… al piacere della bevuta di un buon bicchiere di vino che moltissime persone hanno.

Proprio per questo motivo qualche migliaio di esperti mondiali si riunisce ogni anno in Francia (purtroppo i vitigni italiani sono maggiormente orientati al consumo immediato e non presentano grossi potenziali di invecchiamento) a fine marzo per assaggiare, stimare e valutare l’ultima vendemmia. Se da un lato nei vini Premier (i vini più giovani vendemmiati negli ultimi due anni) c’è la possibilità di fare un investimento su un bene fungibile e, quindi, sicuramente consumabili quanto meno nel breve-medio termine, con un prezzo uguale per tutte le bottiglie, è proprio in questo momento che si può effettuare la “scommessa” ipotizzando l’evoluzione della qualità nel corso del tempo (ma comunque in caso di scelta sbagliata si è sempre in tempo, nell’ottica del consumo, ad effettuare una vendita senza perdita di prezzo).

Il vero e proprio rialzo del prezzo avviene dopo tre anni, quando il vino, dopo essere stato due anni in botte e  uno in bottiglia, esce dalla cantina e viene fisicamente consegnato. Questo aspetto della fisicità del bene e, soprattutto il fatto, che si tratta di un bene che presenta una domanda in espansione e un’offerta limitata (le zone dei vini di pregio sono delimitate territorialmente e la stessa cantina non ha interesse ad aumentare la quantità a discapito della qualità e del prezzo) avvicina molto questa tipologia di investimento alle Commodities.

L’aspetto interessante dell’investimento in vino, tuttavia, è rappresentato dai Nobles Crus che hanno oltre venti anni (i migliori vini possono arrivare ad essere consumabili anche oltre i cent’anni ma la loro durata è strettamente legata alla specifica annata di vendemmia) i quali presentano molte caratteristiche proprie dei beni di lusso a partire dal fatto che, in questi vini, è la singola bottiglia ad avere un suo valore specifico determinato da tutta una serie di elementi che ne hanno modificato le caratteristiche nel corso del tempo.

 Per questi vini si sono adottati dei sofisticati sistemi di conservazione presso caveaux specializzati (il più importante si trova a Ginevra) che ne tutelano le caratteristiche organolettiche gestendo minuziosamente gli elementi più importanti, dall’umidità alla temperatura alla luce stessa.

Come poter sfruttare queste potenzialità in ottica di investimento? Beh, è essenziale affidarsi ad un esperto enologo ma è quanto ad oggi stanno facendo veri e propri fondi di investimento non armonizzati (del cui funzionamento pratico parleremo in un prossimo articolo) che consentono di beneficiare di una limitata volatilità (difficilmente una bottiglia di vino perde valore anche perché, nel tempo, sarà sempre più rara) e di una elevata decorrelazione rispetto ad altri investimenti tradizionali.
Il vero plus di questo investimento per gli amanti del vino? Sicuramente il fatto che le plusvalenze possono essere riconosciute in natura… sperando che, in questo caso, non siano troppo elevate.

 

Per la realizzazione di questo contributo tengo a ringraziare Altair Soluzioni Finanziarie ed Elite Advisers.

 

29/01/2009 | Categorie: Finanza personale Firma: Jonathan Figoli