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Analisi Economica Fondamentale per la settimana dal 02 al 06 Novembre

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Si chiude una settimana di nervosismo e di incertezza sui mercati, fase rappresentata molto bene dall’andamento del Vix, il cosiddetto “indice della paura”, che rispetto ai valori minimi di 20 punti è risalito sui massimi di periodo a 28 punti lo scorso Mercoledì.

In chiusura di ottava il mercato è tornato ad esprimere un cauto ottimismo, grazie al dato sul Prodotto interno lordo del terzo trimestre negli Stati Uniti. Vi era forte attesa per questo numero, soprattutto dopo la delusione sul Pil del Regno Unito che la settimana scorsa ha disatteso le stime.



Dagli Stati Uniti è arrivato l’annuncio che la recessione è finita o per lo meno si è allontanata: +3,5% annualizzata la variazione del Pil nel terzo trimestre (marginalmente meglio del consenso di mercato, attestato al +3,2%) dopo quattro trimestri di contrazione di cui due consecutivi intorno al 6,0%: sono questi i numeri che hanno reso “grande” la crisi avviata lo scorso anno.



La dinamica della crescita del terzo trimestre negli Stati Uniti contribuisce a fornirci alcune indicazioni importanti. Innanzitutto, gli interventi messi in atto dai governi e le politiche monetarie ultraaccomodanti hanno avuto il loro effetto: una buona parte della crescita è stata favorita dagli incentivi auto (+1,0% il contributo del comparto auto in termini di beni di consumo durevoli) e dai bassi tassi di interesse (positivo il contributo degli investimenti nel comparto residenziale costruzione delle nuove case e pari a +0,5% dopo anni di contribuzione negativa); aggiungiamo un altro 1,0% di contributo al Pil da parte della ricostituzione delle scorte effettuata dalle imprese dopo trimestri di decumulazione, insieme ad un 0,5% di spesa pubblica ed ecco che abbiamo spiegato oltre l’80% della variazione del Pil.



Questo è quanto è successo e ci si pone quindi una pesante incognita: quale scenario economico si prospetta, con la riduzione e la fine degli incentivi, la spesa pubblica in contenimento perchè i debiti pubblici sono in aumento.

Il quadro più probabile per i prossimi mesi resta ancora quello di una ripresa lenta e contenuta, in cui per alcuni trimestri si crescerà al di sotto della soglia di crescita potenziale, in un clima di estrema incertezza che in alcune fasi comporterà ancora molta volatilità sui mercati.

Nessuna novità dal fronte delle Autorità monetarie, per le quali non era previsto nessun appuntamento particolare nella settimana che si avvia alla conclusione: da registrare comunque l’aumento dei tassi ufficiali da parte della Norvegia (+25bp all’1,50%, che segue l’analoga misura adottata ad inizio ottobre dall’Australia), manovra giustificata con una ripresa ed un’inflazione superiori alle attese ed una disoccupazione decisamente inferiore a quanto stimato.



La Banca del Giappone ha invece confermato allo 0,10% il tasso target. In settimana sono previste le riunioni sia per la Federal Reserve (il 4 novembre) che per la Banca centrale europea e la Banca d’Inghilterra (entrambe il 5 novembre). Nonostante i miglioramenti del quadro economico, sono tutte ben lontane dall’adottare misure analoghe a quella norvegese ed il consenso di mercato dà per scontato che tutte e tre confermeranno gli attuali livelli di tassi ufficiali (rispettivamente lo 0% / 0,25% per i fed fund, l’1,0% per il repo Bce, 0,50% per il tasso base inglese); sarà comunque interessante seguire le considerazioni che faranno seguito ai rispettivi meeting.



Il mercato non esclude tra l’altro che la Banca d’Inghilterra possa decidere di ampliare il fondo destinato all’acquisto di asset sul mercato dagli attuali 175 miliardi di sterline a 225 miliardi (già un paio di membri del Board erano favorevoli ad una decisione del genere già in estate, e la delusione sull’andamento del Pil nel Q3 potrebbe averne convinto qualcun altro).



Sul mercato interbancario, si continua a registrare calma piatta, con i tassi che su alcune scadenze hanno nuovamente limato (al terzo decimale) i precedenti livelli di minimo storico. All’ultimo fixing della settimana la curva euribor quotava rispettivamente lo 0,42% sulla durata ad un mese (invariato rispetto all’ottava precedente).

Sul fronte dei mercati valutari, è stata la settimana del deprezzamento dell’euro con i recuperi di dollaro, yen e sterlina. Come abbiamo rilevato ormai da mesi, pesano sull’andamento delle valute l’avversione o l’appetito per il rischio: questa settimana la prudenza degli investitori ha spinto gli stessi alla chiusura di posizioni di carry trade con l’effetto di far apprezzare le valute di tipiche di finanziamento (biglietto verde e yen in questa fase); in calo le valute minori.

 

Il cross Eur/Usd abbandona i massimi collocati in area 1,5060 della scorsa settimana ed è alla ricerca di livelli di consolidamento con possibile obiettivo in area 1,4650 punti. L’indice continua a posizionarsi lungo la trendline rialzista che unisce i minimi crescenti dal febbraio scorso.

 

Per quanto riguarda il cross Eur/Yen, abbiamo avuto ancora una conferma della forte tenuta della resistenza collocata in area 139 punti che delimita la parte alta del canale di medio periodo in cui l’indice continua a posizionarsi dal marzo scorso e che circoscrive l’attuale fase di trading range laterale compresa tra i 127 ed e i 139 punti. Lo yen resta sopra i 90 punti contro dollaro, con oscillazioni ampie tra i 90 ed i 92 punti dopo aver segnato i minimi in area 88 punti ad inizio mese (i minimi del 1995 si trovano a 85 punti).

 

Il calo dell’euro ha favorito la prosecuzione del trend ribassista del cross Eur/Gbp che, dopo la brusca correzione a seguito del dato del Pil del Regno Unito della scorsa settimana, si è riportato sotto la soglia di 0,90 punti: attendiamo conferme sulla violazione di tale supporto, che rappresenta il livello dei rimbalzi tecnici di febbraio e di aprile del movimento ribassista avvenuto nel corso del 2009.

 

 

(Fonti: Reuters ; Bloomberg; BNL gruppo BNP Paribas)


Questo contributo è stato gentilmente offerto da 
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02/11/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Redazione