NEWS

Banche tra Npl e il fantasma ricapitalizzazione

Immagine di anteprima
Banche sotto i riflettori. Dalla Ue è arrivato il via libera allo scudo da 150 miliardi per le banche italiane,  in balia delle turbolenze dei mercati nel dopo-Brexit. Per Matteo Renzi è un “successo” nella partita con la Germania. Ma è anche una vittoria con retrogusto. La concessione apre, infatti, un fronte di incertezza sulla salute del nostro sistema bancario.

In ogni caso, lo scudo, metterà il Governo – se necessario – in grado di intervenire in modo che le banche possano far fronte a eventuali crisi di liquidità evitando che siano i risparmiatori a pagarne le conseguenze.  Questa misura non potrà quindi essere utilizzata come strumento di ricapitalizzazione. Lo schema di garanzia serve, infatti, a evitare che in caso di forti tensione sui mercati le banche non riescano a far fronte alle richieste dei depositanti o alle scadenze. Se serve liquidità, gli istituti potranno quindi emettere nuovo debito senior (quindi non convertibile in azioni delle banca come ad esempio i Monti Bond) che sarà garantito dallo Stato.

 
C’è poi tutto il tema caldo dei Npl (non performing loans, ossia crediti deteriorati). “Il sistema bancario italiano è caratterizzato ancora da un ammontare cospicuo di Npl (non performing loans, ossia crediti deteriorati)  e il fondo Atlante lanciato ad aprile non è sufficiente per gestire tale ammontare – spiega Philippe Waechter, capo economista di Natixis Asset Management, che poi aggiunge che  “la Bce, comunque, offrirà il proprio sostegno al settore affinché abbia tempo per ricapitalizzarsi e avviare un processo di concentrazione”.
 
Tale situazione riflette il fatto che la crescita economica negativa (trend che continua dal 2009) e il tasso di inflazione a zero (a volte negativo) non sono compatibili con le modalità con le quali il sistema bancario italiano è stato gestito. In altre parole, in passato, il tasso di inflazione è stato più alto rispetto alla media europea. Questo ha permesso di ridurre lo stock di Npl e probabilmente è una buona ragione che può spiegare la resistenza del  settore. Ciò spiega anche la sua struttura composta da due grandi banche (Unicredit e Intesa Sanpaolo) e da una miriade di banche minori e più fragili. “L’economia è cambiata profondamente e questo tipo di “aggiustamento” oggi non è più possibile – prosegue Waechter –  Lo stock di Npl non può essere ridotto grazie all’inflazione, troppo bassa, e la crescita negativa a partire dalla crisi del 2008 ha aumentato i casi di default o mancato pagamento che contribuiscono a loro volta ad aumentare i Npl”.
Secondo il capo economista di Natixis AM, il sistema è ancora a rischio e c’è la necessità di una ricapitalizzazione e, probabilmente, di una ristrutturazione del settore per limitare il numero troppo elevato di banche di piccole dimensioni. Attualmente però la Bce continua a immettere molta liquidità attraverso il quantitative easing e attraverso le operazioni Tltro. Questo limita la necessità di intervenire, come è invece accaduto in Spagna, e permetterà al settore di migliorare qualora la situazione macroeconomica dovesse essere più rosea. In altre parole, la Bce si aspetta che la situazione economica italiana possa migliorare in modo da facilitare la ristrutturazione del settore bancario, evitando manovre pesanti. “La Bce sta riducendo i rischi sui bilanci delle banche italiane e sta facendo il possibile per migliorare il contesto macroeconomico. Se tali azioni dovessero funzionare, possiamo aspettarci delle fusioni e, alla fine del processo, un settore bancario certamente più solido. Ma ciò deve ancora avvenire, mentre rimane la domanda sulla capacità del settore di resistere con le attuali caratteristiche”, conclude Waechter.   
 

  

30/06/2016 | Categorie: Investimenti Firma: Redazione