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Report Settimanale

Si sale sempre più ma attenzione alle vertigini! Nell’ ottava appena conclusa abbiamo assistito ad un altro allungo delle borse mondiali che chiudono la settimana con variazioni positive. A dispetto della tradizione ribassista del mese di settembre, infatti, gli indici hanno macinato nuovi massimi che si non si vedevano dall’ ottobre 2008. A mio avviso, però, suggerisco di essere prudente in quanto questa settimana l’indice Vix, ossia l’indice che misura la volatilità delle opzioni sui titoli dello S&P è cresciuto del 2%, sintomo che il mercato si sta preparando alla correzione che sarà tanto più dura quanto più lungo sarà il rialzo. A livello europeo la piazza migliore è stata Francoforte con il DAX30 che è cresciuto del 4,45%, seguita dall’ indice francese, il CAC40 che ha registrato un rialzo del 3,78% cosi come l’ indice inglese, il FTSE100 in positivo del 3,29%.

A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore turistico (+8,26%), il settore delle risorse di base (+7,22%) ed infine il settore automobilistico (+6,45% dovuto alla conclusione dell’operazione Opel/Magna) mentre in lettera non dobbiamo segnalare nessun comparto. Fra i principali titoli protagonisti assoluti Commerzbank (+18,78% per la promozione ricevuta da parte di Credit Suisse), Alcatel-Lucent (+12,80%, rialzo dovuto al rialzo dell’intero comparto) e Lufthansa (+11,22% per le voci di fusioni che riguardano il settore aereo) mentre in lettera segnaliamo Vivendi (-3,86%), Bnp Paribas (-3,75%) ed ancora una volta troviamo Soc. Gen (-2,68%).

Piazza Affari chiude la settimana con un rialzo dello Ftse/Mib (+3,71%) toccando i massimi che non si vedevano dall’ ottobre 2008. Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro Pirelli (+13,39% grazie alle parole dell’ ad Provera che ha parlato di un ritorno al dividendo, argomento principe degli investitori), Tenaris (+10,65% spinta al rialzo da una voce proveniente dagli Usa dove gli stessi vorrebbero inserire un dazio sui tubi prodotti in Cina e visto che l’azienda italiana produce una gran parte dei ricavi negli States ne avrebbe un gran beneficio) e Fiat (+10,08% spinto al rialzo dalla promozione da parte di Credit Suisse che ha portato il tp da 8 ad 11 euro) mentre in lettera, invece, troviamo solamente  Mediobanca (-0,62% infastidita dalle voci riguardanti il rinnovo del patto di sindacato e l’ interessamento per alcune attività di Sal Oppenheim) e Bpm (-0,28% dopo il rally che l’ha vista protagonista a seguito della pubblicazione dei dati semestrali si stanno verificando ancora le prese di beneficio).

Il mercato azionario a Wall Street ha tentato nuovamente la strada del consolidamento rialzista, riuscendo nel suo intento peraltro accompagnato da un rialzo della volatilità su base settimanale, dinamica che certamente guasta per chi opera sullo stock-market. L’S&P500 dal canto suo ha consolidato al di sopra della soglia dei 1.000 punti, andando lentamente a sollecitare il livello chiave di 1.039-1.044 punti, zona grafica di resistenza. Molto del consolidamento rialzista delle quotazioni a Wall Street è passato attraverso una svalutazione del dollaro, che si è tradotta in un rally dei titoli legati ai basic-materials, non ultimi anche i semiconduttori. Tecnicamente la violazione rialzista delle resistenze a 1.039-1.044 punti proietterebbe graficamente l’indice verso la soglia psicologica di 1.100-1.120 punti, nuova resistenza.

I primi supporti dal canto loro si posizionano 1.016 punti dove passa la media-mobile a 20-giorni. Anche durante la seguente ottava, in mancanza di un newsflow ordinario prettamente microeconomico, a tenere banco potrebbero essere operazioni di mergers & acquisitions e i movimenti sul reddito fisso affiancati a quelli valutari. Il mercato azionario, al di là dell’approccio di tipo bottom-up che potrebbe forgiare il price-action del mercato intero, potrebbe muoversi più che altro reagendo ai movimenti degli altri mercati. Soltanto in data 7 ottobre prenderà inizio il valzer delle trimestrali relative al Q3 2009 con la consueta pubblicazione di Alcoa.

I mercati finanziari americani si trovano a vivere una fase cruciale in materia d’inflazione, alla luce del fatto che i parametri inflazionistici di agosto potrebbero mostrare un tentativo di turnaround stavolta anche su base annua negli USA. È risaputo che l’inflazione costituisca un grosso problema per lo stock-market da un punto di vista teorico qualora troppo spinta . Una sensazione di “re-flazione” costituirebbe una dinamica però nel complesso positiva, per quanto essa possa risultare scontata allo stato attuale. In quest’ ultima settimana abbiamo assistito al rimbalzo del settore dei macchinari farmaceutici (+21,38%) e quello del broadcasting & cable tv (+14,51%), mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore della componentistica auto (-2,01%) seguito dal settore degli ipermercati e centro commerciali (-1,7%).

Settimana all’ insegna del denaro per il Nikkei225 (+2,52%) spinta al rialzo dai titoli finanziari e tecnologici.
Il mercato delle materie prime, beneficiando dell’aggiornamento del nuovo massimo del 2009 dell’euro-dollaro a 1,4634, ha archiviato gli scambi in territorio positivo dopo due settimane nel segno del ripiegamento. Da inizio 2009 il CRB ha messo a segno un rialzo di oltre il 9% confermandosi una valida alternativa d’investimento. La ripresa mondiale sarà lenta e la sfida chiave per i governi resta quella di ripristinare la stabilità dei mercati finanziari mantenendo ancora in vigore le politiche di sostegno all’economia fino a quando la ripresa non sarà ben consolidata. Il gas naturale (+8,50%), il cacao (+5,49%), il mais (+4,66%), i suini da macello (+3,91%) e il cotone (+3,09%) sono stati i principali protagonisti in assoluto della settimana. In territorio negativo succo d’arancio, zucchero e nickel, che a causa di una flessione del 3,78%, è stato il fanalino di coda .

Relativamente al mercato del gas naturale (2,96 $/MMBtu), il recente rally rialzista ha esclusivamente una matrice tecnica visto che da inizio anno il primo contratto future registra un calo delle quotazioni di circa il 47%. Il contratto-future sul petrolio WTI con consegna ottobre ’09 al Nymex di NY, dopo aver avviato le contrattazioni a 68,11 $, si è mosso nell’intervallo di prezzo 67,91 $ – 72,90 $ per poi registrare una chiusura a quota 69,29 dollari al barile, in rialzo di oltre un dollaro.

 Il mercato dei cambi  durante l’ottava ha dimostrato di vivere una fase di estremo grigiore e di perdita di appeal, proprio nel momento in cui intra-market gli FX -traders non hanno potuto ignorare la forza ascensionale del prezzo dell’oro che ha valicato al rialzo la soglia dei 1.000$ l’oncia, accompagnato dai più che rialzisti trend di argento e platino. L’arena dei metalli preziosi, secondo quanto rilevato già da diverso tempo, sembra avere la forza per imporsi come una vera e propria asset-class, a-latere delle asset-classes tradizionali, non ultima quella dell’FX-market. La battaglia sul mercato dei cambi sembra in questa fase non esprimere né vincitori e né vinti al suo interno. Ma la svalutazione del dollaro più di qualche market-mover potrebbe leggerla come un depauperamento dell’egemonia a vantaggio di quella del Gold-market. Il famigerato biglietto verde appare più che ferito al momento secondo i trend di medio-lungo termine.

In chiave di mercati finanziari non sarebbe fuori luogo immaginare che la leadership di valore, fin qui espressa dal dollaro e dall’FX -market di natura dollaro-centrica si trovi in una fase di shifting verso i più che “immortali” metalli preziosi. Intra-week dunque il movimento dell’oro renderebbe sulla carta vulnerabile la divisa americana. Non che l’euro sia immune da dinamiche viziose in materia di budget-deficits meno di quanto non lo sia il dollaro, ma il biglietto verde nei portafogli degli investitori internazionali è tutt’ora pesato ad oltre il 60% contro un più magro 25% circa di peso dell’euro nell’ambito degli stessi. Ci si trova in un sistema valutario di tipo dollarista e per questo finchè l’oro segnerà un trend bullish bisognerà temere il dollaro più di ogni altra divisa. Tecnicamente a questo punto la resistenza si pone al top disegnato con lo scandalo-Madoff, appunto a 1,4719. Sul downside i supporti si annidano a 1,4448.

In una settimana caratterizzata dalla totale assenza di dati macroeconomici il contratto-future sul decennale ha scambiato nell’intervallo di prezzo 120,17 (livello minimo dal 13 agosto) – 123,02 archiviando gli scambi a quota 121,61 punti, in calo di oltre una figura. In Germania il segmento 1-2 anni è salito (+9 /+10 bps) mentre la parte restante della curva dei rendimenti ha messo a segno uno steepening: il 5-anni è caduto di 4 bps, il 10-anni ha perso 1 bps e il 30-anni è salito di 3 bps. Lo spread BTP/BUND si è attestato a quota 80 punti base, in discesa di 10 nell’arco dell’ultima settimana. Il ripiegamento dei corsi è coinciso con l’ulteriore allungo delle principali Borse internazionali, con il nuovo minimo storico dell’EURIBOR a 3-mesi a 0,7 3188%. Nell’ultimo periodo i titoli di stato hanno attirato una domanda fortissima: cosa che solitamente accade quando le prospettive economiche non sono incoraggianti. Insomma se le azioni attirano gli investitori, i titoli di stato non sono da meno. E, nonostante i rendimenti ai limiti dell’anoressia, gli investitori si strappano i titoli di mano.

Un paradosso? No, questa forte domanda contemporanea su Borse e bond è in buona parte l’effetto dell’immensa quantità di denaro che la BCE (al pari della Fed) ha iniettato sul mercato. La domanda dunque è molto forte perché il costo del denaro è bassissimo e la liquidità è abbondante: gli investitori (le banche in primis) si finanziano a costi irrisori e dunque qualunque investimento dà loro un extra-guadagno. Per questo i rendimenti sono bassi, sui minimi addirittura degli ultimi 19 anni. Sono invece ben più alti i rendimenti a lungo termine, tanto che i decennali (3,24%) rendono 2,04 punti percentuali più dei titoli biennali, uno spread poco distante da quello che è stato la differenza “record” del 1999. Nel frattempo in Italia rendimenti dei BOT a picco. Quello lordo dei titoli trimestrali nell’ultima asta si è fermato a 0,386% e una volta pagate le tasse e le commissioni, non rimane neanche quel piccolo guadagno. Anzi, si scende sotto zero, a quota -0,08%. Record negativo anche per i BOT annuali che garantiscono oramai un ritorno quasi nullo. Ma, nonostante ciò, la domanda resta elevata.

Durante l’ottava il mercato dei titoli di stato americani si è rafforzato con la curva che ha riprovato ad appiattirsi. La forma della curva dei tassi d’interesse resta alquanto inclinata con i tassi a 2-anni a 0,90% e quelli a 10-anni a 3,33%. I tassi a 30-anni giacciono a 4,16%. Non è cambiato molto ed il bond-market si appresta a vivere una settimana campale nell’ambito della quale saranno pubblicati i dati relativi all’indice dei prezzi al consumo e all’indice dei prezzi alla produzione americani riferiti al mese di agosto. Stavolta i bond-strategists, che negli ultimi tempi hanno potuto giustificare il rally dei titoli di stato con uno status-quo ampiamente deflattivo, peraltro in un contesto espansivo voluto dalla Federal Reserve, dovranno cominciare ad interrogarsi alla stessa stregua di Bernanke, quale strada il divenire inflattivo potrà inforcare, proprio ora che i tassi d’interesse sono estremamente bassi e che la crescita globale possa mostrare segnali di accelerazione. Il credit-crunch ha indotto il mercato a temere il materializzarsi di una deflazione strutturale e prolungata. Le manovre di stimolo al sistema economico hanno come scopo finale quello di evitare appunto la deflazione. Alla luce di queste considerazioni è sempre più probabile che la curva dei tassi d’interesse prima o poi debba ridurre la sua inclinazione per appiattirsi.

                          MARKET MOVER DELLA SETTIMANA
 
Per quanto riguarda la settimana macroeconomica europea non sarà una sette giorni ricca di dati dove dobbiamo segnalare solo Martedi 15 Settembre la pubblicazione dell’ indice Zew in Germania, poi Mercoledì 16 la pubblicazione in Eurolandia e in Italia dell’ IPCA a/a (dato finale) ed infine Venerdi 18 la pubblicazione in Italia degli ordini all’  industria m/m.
Spostandoci Oltreoceano la settimana si preannuncia sul fronte macro ricca di appuntamenti. Si inizia martedi’ con l’indice dei prezzi alla produzione di agosto seguito dall’indice delle vendite al dettaglio sempre relative allo stesso mese. In programma nella giornata anche il dato di settembre dell’indice Empire di New York, che misura l’andamento delle attivita’ economiche nella Grande Mela, e le scorte aziendali di luglio. Mercoledi’ sara’ invece il turno del consueto dato sulle richieste di mutui nell’ultima settimana e dei prezzi alla produzione di agosto. Sempre mercoledi’ il dipartimento del Commercio rendera’ noto il dato sul deficit delle partite correnti del secondo trimestre mentre la Fed pubblichera’ l’indicatore cruciale della produzione industriale di agosto. Giovedi’ infine saranno di scena i nuovi cantieri di agosto, le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione e l’indice Fed di Filadelfia.

Per quanto riguarda il quadro macroeconomico nipponico non dobbiamo segnalare nessun appuntamento degno di nota.

Per suggerimenti e chiarimenti scrivete a [email protected]

 

14/09/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno