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CINA: MA ESISTE DAVVERO LA BOLLA IMMOBILIARE?

Rischio bolla immobiliare in Cina ? i pericoli per l’ascesa dei prezzi delle case. Le conseguenze e gli interessi delle lobby rispetto agli interventi del governo. Ma intanto la pazza corsa degli immobili continua.
 

RISCHIO BOLLA – È insufficiente – e talvolta mero esercizio retorico – chiedersi se esista in Cina una bolla dovuta alla speculazione edilizia. Il dibattito continua da mesi, soprattutto da quando lo scoppio della bolla immobiliare Usa ha innescato la recessione nel 2008. Ora che i germogli di  ripresa sono stabili, il timore di duplicazione della crisi in Asia e’ visto con trepidazione. È indubbio che i pericoli  esistano e che probabilmente bisognerà abituarsi a conviverci. Un esercizio lungimirante e’ tuttavia quello di localizzare i pericoli e quantificarne i rischi, dato che il  mercato immobiliare presenta diverse caratteristiche anche nella stesso paese. La situazione generale e’ incerta, risulta quindi difficile prevederne le conseguenze. Il Governo ha immesso nell’economia quasi 600 miliardi di dollari, il 14% del Pil. Dopo una prima fase, nella quale gli investimenti pubblici e privati hanno allontanato il trauma economico, questo immenso fiume di denaro ha trovato impiego anche nelle costruzioni.

LE LOBBY- Sono evidenti gli interessi delle lobby, spesso in contrasto con le aspettative del governo centrale. Gli appetiti sono anche cresciuti con l’afflusso di capitali stranieri, attratti da piu’ alti tassi di interesse e dalle aspettative di una prossima rivalutazione del renmimbi. Le costruzioni continuano, ma si accoppiano a foto di palazzi residenziali vuoti, cantieri fermi, shopping center deserti. Il South China Mall di Dongguan (10 milioni di abitanti, vicino Guangzhou), e’ il  piu’ grande al mondo per superficie commerciale ed il piu’ vuoto, perche’ vi operano solo un pugno di esercizi.

SALGONO I PREZZI – Contemporaneamente i prezzi delle case salgono. Ci sono dunque tutti gli ingredienti per temere il futuro. A Hong Kong tuttavia, dove affluiscono anche i capitali della Cina continentale, il pericolo sembra ridimensionato. Le banche concedono prestiti con piu’ oculatezza ed il Governo dell’isola ha innalzato l’anticipo richiesto agli acquirenti per gli appartamenti di lusso. Oltre ad un fisiologico assestamento del mercato verso il raffreddamento, va considerata la forte consuetudine di finanziare gli acquisti
con i risparmi personali: i mutui concessi dalle banche rappresentano in media il 64% del valore degli immobili.
Questa tradizione e’ ancora piu’ forte in Cina, dove spesso le famiglie acquistano in contanti, senza dunque intaccare le disponibilita’ bancarie. Fanno eccezione le grandi citta’ dove effettivamente la speculazione ha raggiunto livelli di guardia. È in questa geografia sequilibrata che vanno rintracciati i rischi di uno scoppio della bolla.
Nella maggioranza della Cina la situazione e’ accettabile, ma i prezzi nelle metropoli sono molto alti, i costruttori sono debitori con le banche e le famiglie faticano ad acquistare.  Ci vogliono molti piu’ anni di lavoro per acquistare un appartamento a Shanghai che a New York, a Pechino che a Londra. I prezzi dovrebbero drasticamente scendere, congiuntamente ai valori, ma questo innescherebbe un meccanismo diabolico, da evitare come nel 1997 per la crisi asiatica e nel 2008 per quella di Wall Street. Il Governo e’ chiamato a gestire una situazione disarmonica, guidato dalla convinzione che aggiustamenti progressivi riusciranno ad evitare un deflagrazione.

VINCENZO POLIMENO
 

15/07/2010 | Categorie: Il caso della settimana Firma: Vincenzo Polimeno