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Crisi Internazionale e Riarmo: L’Europa alla Prova del Futuro

Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha vissuto una transizione netta nei propri obiettivi strategici. Ne parliamo con la Prof.ssa Lucrezia Reichlin



Dall’impegno sul Green Deal al riemergere della spesa per la difesa come priorità politica ed economica. Questo cambiamento, innescato da crescenti tensioni geopolitiche globali, rappresenta una sfida ma anche una possibile leva per lo sviluppo tecnologico e industriale.


Perché il riarmo è diventato centrale nell’agenda europea?

In un contesto internazionale instabile, l’idea di un’Europa militarmente dipendente da potenze esterne non è più sostenibile. La necessità di garantire sicurezza collettiva impone agli Stati membri un adeguamento delle spese militari, spesso ancora inferiori alla soglia del 2% del PIL fissata dalla NATO. Questo riassetto strategico si inserisce anche in un più ampio processo di integrazione politica, dove la difesa comune è vista come tassello cruciale per rafforzare la sovranità europea.


Difesa e tecnologia: un binomio strategico

Il riarmo contemporaneo non si limita all'acquisto di equipaggiamenti convenzionali. La guerra moderna è strettamente legata all’innovazione tecnologica, in particolare nei settori della cybersicurezza, dell’intelligenza artificiale, dell’aerospazio e dei sistemi autonomi. Questo legame apre a un'opportunità chiave per l’Europa: colmare il gap con i colossi USA e Cina nel campo della ricerca e sviluppo (R&S).

Storicamente, infatti, gli investimenti pubblici in difesa hanno avuto un effetto moltiplicatore sull’innovazione tecnologica, specialmente negli Stati Uniti, dove grandi progetti federali hanno generato ricadute positive sull’industria privata. Un modello ibrido, capace di coniugare progetti top-down pubblici con iniziative bottom-up private, potrebbe rivelarsi decisivo anche per l’Europa.


Il ruolo della spesa pubblica e le implicazioni per l’Italia

In un’Unione Europea ancora priva di un meccanismo di debito comune strutturale, la responsabilità del finanziamento ricade principalmente sui singoli Stati. Per paesi con margini fiscali ridotti e un debito pubblico elevato – come l’Italia – questo rappresenta un delicato punto di equilibrio. Da un lato, l’aumento della spesa per la difesa può offrire opportunità per l’industria nazionale, anche attraverso la domanda proveniente da economie con maggiore capacità di spesa, come la Germania. Dall’altro, questo incremento genera pressioni sui conti pubblici, soprattutto in un contesto di tassi d’interesse crescenti, che aumentano i costi di rifinanziamento del debito.


Verso un'industria europea della difesa più integrata?

Una delle criticità strutturali del comparto difesa europeo è la frammentazione del procurement e la scarsa scalabilità industriale rispetto agli Stati Uniti. Per superare questi limiti, è fondamentale promuovere aggregazioni industriali transnazionali, rimuovere le barriere normative nazionali e introdurre strumenti comuni per gli acquisti militari. Anche senza un’unione fiscale, queste misure possono rafforzare l’efficienza e la competitività dell’industria europea della difesa.


Conclusioni

Il riarmo europeo non è solo una risposta contingente alle crisi geopolitiche, ma può diventare un catalizzatore per la modernizzazione tecnologica, l’integrazione industriale e, potenzialmente, un volano di crescita economica. Tuttavia, senza un coordinamento fiscale e strategico più profondo tra gli Stati membri, il rischio è quello di amplificare le disuguaglianze economiche e compromettere la sostenibilità del debito pubblico nei paesi più fragili. Il futuro della difesa europea sarà dunque anche una cartina di tornasole della capacità dell’UE di agire come attore politico unito e sovrano.


Guarda l'intervista completa su FinanceTV o ascolta il Podcast FinanceTV Talks - Le Voci dell'Economia

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