
Taiwan, microchip e geopolitica: il cuore tecnologico del mondo sotto pressione
Taiwan tra microchip e geopolitica: perché è il vero ago della bilancia tra USA e Cina
Taiwan non è solo un’isola al largo della Cina. È il cuore pulsante della produzione mondiale di microchip e, al tempo stesso, un nodo geopolitico cruciale nelle tensioni tra Pechino e Washington. Nell’intervista a Finance TV – Le Voci dell’Economia, il giornalista economico Paolo Gila ci guida in un’analisi lucida e dettagliata di questo scenario complesso e strategicamente decisivo.
Microchip: Taiwan è fabbrica, ma non cervello
Spesso si dice che “Taiwan produce i chip del mondo”. È vero, ma serve una precisazione. La Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) è il più grande produttore mondiale di microprocessori, ma non è proprietaria della tecnologia. Come spiega Gila, “Taiwan è come un tessitore che realizza un tessuto su design altrui”. Le architetture dei chip – i “modelli stilistici” – sono statunitensi (come nel caso di Nvidia o AMD), mentre la manifattura avviene sull’isola.
Questo significa che i maggiori profitti e il controllo tecnologico restano negli USA, mentre Taiwan rappresenta il braccio produttivo della filiera globale. Tuttavia, la sua importanza strategica rimane altissima, sia per il volume che per la qualità delle produzioni avanzate.
Taiwan per la Cina: simbolo, consenso e controllo marittimo
Per la Cina, Taiwan non è solo economia. È identità nazionale. È una “provincia ribelle” che Pechino non ha mai riconosciuto come indipendente, e che rappresenta un pezzo di sovranità amputata. La riunificazione – secondo il presidente Xi Jinping – è inevitabile e prevista entro il 2049, centenario della nascita della Repubblica Popolare.
Questo obiettivo è più politico e simbolico che economico. Come spiega Gila, “Taiwan serve a Pechino per rafforzare il consenso interno. L’idea dell’unificazione mobilita l’opinione pubblica e rafforza la leadership del Partito Comunista”.
Geopolitica marittima: chi controlla Taiwan, controlla i mari
Taiwan non è importante solo per i chip. È anche una roccaforte strategica nel Pacifico. Le sue coste si affacciano su uno dei principali snodi mercantili globali: il tratto di mare tra lo Stretto di Taiwan, il Mar Cinese Meridionale e le rotte che collegano India, Indocina e Occidente.
Controllare Taiwan significa dominare un punto chiave delle catene di approvvigionamento globali, un po’ come il Canale di Suez per il commercio tra Asia ed Europa. In un’epoca di tensioni sulle supply chain, questa funzione assume un valore critico per l’equilibrio economico mondiale.
Una polveriera pronta a riaccendersi?
La recente distensione commerciale tra USA e Cina – anche con qualche allentamento sui dazi – non elimina il rischio che la questione Taiwan riemerga in modo esplosivo. L’isola resta uno dei dossier più delicati per la stabilità globale, soprattutto con una crescente presenza militare americana nella regione e un rafforzamento della difesa di Taipei.
Gila conclude: “Il caso Taiwan va letto con gli occhi della geopolitica, non solo dell’economia. È un punto di equilibrio tra simboli, produzione e controllo dei mari. E le tensioni potrebbero riesplodere, prima o poi”.
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