
Prima che tutto crolli: perché la finanza non produce più benessere economico?
In un mondo sempre più finanziarizzato, il legame tra finanza ed economia reale è al centro di un dibattito fondamentale per capire le dinamiche economiche contemporanee.
Luciano Balbo, esperto di investimenti e autore di Prima che tutto crolli, ci guida in una riflessione profonda sul rapporto tra la crescita della ricchezza globale, il debito e i rischi nascosti dietro le apparenze di prosperità.
Polarizzazione della ricchezza e finanziarizzazione crescente
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un forte aumento della ricchezza mondiale, ma questa ricchezza si concentra sempre più nelle mani di pochi. Secondo Balbo, l’1% più ricco possiede una quota di ricchezza 22 volte superiore al 95% della popolazione mondiale, un divario che genera forti disuguaglianze.
Al contempo, la finanza ha assunto un ruolo dominante, con flussi di capitale che si muovono liberamente a livello globale. Questo enorme capitale cerca ritorni finanziari più che investimenti produttivi: compra immobili, aziende già esistenti, facendo salire i prezzi senza aumentare realmente la produzione o la creazione di valore.
Il debito al centro del sistema e il rischio di una crisi
Il titolo del libro di Balbo, Prima che tutto crolli, richiama una realtà cruciale: gran parte della ricchezza attuale è sostenuta da un elevato livello di indebitamento. Famiglie che acquistano case a debito, aziende acquisite con leve finanziarie pesanti, istituzioni finanziarie che operano con prestiti, tutto questo crea un sistema vulnerabile.
Se il valore dei beni patrimoniali dovesse crollare — come avvenuto nella crisi del 2007-2008 — si innescherebbe una crisi economica globale, con recessioni e contrazioni del credito difficili da gestire.
Il ruolo della politica e la difficoltà di regolamentare la finanza
Di fronte a questa situazione, un tema centrale è la regolamentazione. Dovrebbero essere i governi a controllare e indirizzare la finanza, ma la realtà è più complessa. In un mercato globale, una singola nazione che limita la circolazione dei capitali rischia di vedere questi capitali “scappare” verso Paesi meno regolamentati.
Inoltre, i governi stessi sono attori con grandi debiti pubblici da finanziare, e dunque dipendono dai mercati finanziari per raccogliere capitali, creando una contraddizione tra ruolo di regolatori e necessità di attrarre investimenti.
Gli Stati Uniti, in particolare, esercitano un’influenza dominante sui mercati finanziari globali, dato il peso del loro sistema economico e finanziario.
Tra necessità di regole e dinamiche globali: una soluzione possibile?
Secondo Balbo, serve una collaborazione internazionale per creare regole comuni, bilanciando la necessità di evitare posizioni di rendita e speculazione con quella di non soffocare l’innovazione e gli investimenti.
Troppo rigore può danneggiare il sistema, ma l’assenza di regole porta a squilibri e rischi sistemici. Il difficile equilibrio tra libertà finanziaria e controllo politico resta una delle sfide maggiori dell’economia contemporanea.
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