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Valute, come fronteggiare il rischio nei portafogli

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Nei portafogli che investono sulle valute, il rischio valutario è una delle fonti strutturali di rischio più ampie. Strategie da adottare

 

Valute sotto osservazione. All’inizio del 2017 abbiamo assistito a un importante rischio di ribasso sui mercati valutari causato dalle incertezze politiche derivanti dagli attesi risultati di importanti appuntamenti elettorali nei Paesi Bassi e in Francia e abbiamo cercato di capire se il comportamento del Trump presidente potesse essere diverso da quello del Trump candidato. Inoltre i timori riguardanti il processo della Brexit hanno proiettato ombre sulla situazione nel Regno Unito e nell’eurozona. In ogni caso comunque gli esiti durante il primo semestre dell’anno sono stati molto più favorevoli del previsto. Emmanuel Macron ha vinto con un’ampia maggioranza le elezioni francesi, allontanando la minaccia di una potenziale ondata anti-Ue nel breve termine. Il presidente Trump ha accantonato le promesse di un’aggressiva politica protezionista, riducendo le possibilità di scatenare una guerra commerciale generalizzata. La Brexit resta un’importante fonte di preoccupazione dopo le elezioni anticipate britanniche di giugno che hanno avuto come esito un parlamento in bilico. In generale il rischio politico nel breve termine è più contenuto e si registra un miglioramento della crescita globale. Il risultato è stato uno scenario caratterizzato da una volatilità bassa che ha sostenuto le valute ad alto rendimento, in particolare sui mercati emergenti.

 

Ma le acque sono tutt’altro che calme

Il presidente Trump ha dimostrato una tendenza a modificare repentinamente la propria politica e potrebbe ancora una volta prendere di mira il commercio mondiale o lanciare politiche che potrebbero essere deleterie per il sentiment del mercato e la crescita economica. Inoltre la Bce sembra pronta a iniziare la riduzione del suo programma di Qe a fine anno. Se inizialmente ciò poteva essere positivo per l’euro, è probabile che possa provocare un aumento sostanziale della volatilità dato che i mercati metteranno in causa la capacità dell’economia dell’eurozona di sostenere rendimenti più alti. Anche le elezioni italiane previste per il prossimo anno potrebbero riservare cattive sorprese. Per finire, l’economia cinese si è rivelata abbastanza solida. Tuttavia la Cina ha attuato una politica sostanzialmente più restrittiva, indicando la propria intenzione di continuare a diminuire progressivamente l’aumento eccessivo del credito per sostenere la crescita. Il potenziale di un altro rapido e sostanziale aumento dei timori riguardanti la Cina è elevato, in particolare di fronte a un possibile vacillare dell’economia mondiale o nel caso in cui l’amministrazione Trump adotti una linea più dura in materia di politica commerciale. Gli investitori in valute dovrebbero insomma approfittare dell’attuale scenario di bassa volatilità restando però cauti.

 

Valute: il dollaro Usa

Il dollaro Usa ponderato su base commerciale ha perso la metà dei guadagni accumulati dopo le elezioni di novembre, lanciando segnali sulla fine del trend rialzista del mercato. Siamo d’accordo sul fatto che il rally del dollaro sia nella fase finale, ma è prematuro decretarne la fine e posizionarsi per un mercato ribassista. Prevediamo che il dollaro mantenga un trend laterale per il resto del 2017. I rendimenti statunitensi sono in aumento in seguito all’inasprimento della politica monetaria da parte della Fed e il dollaro Usa potrebbe diventare facilmente la valuta con i rendimenti più elevati dei paesi del G10 entro la metà del 2018. Inoltre la continua perdita di fiducia nella forza del biglietto verde ha cancellato molte posizioni speculative long, aprendo la strada a un ulteriore incremento. Nella misura in cui il dollaro sta entrando in una fase di picco, prevediamo che tale processo sia volatile e lungo tra i 18 e i 24 mesi, e potrebbe pertanto essere contrassegnato da nuovi picchi.

 

Valute: la sterlina

Il rally registrato dalla sterlina dopo il minimo di gennaio è un forte segnale che indica come il mercato ritenga soddisfacente il livello di 1,18–1,22 in quanto rappresenta uno sconto che riflette adeguatamente il rischio Brexit. Tuttavia vicino alla parte superiore del recente range compreso tra 1,22 e 1,30 le prospettive per la sterlina sembrano orientate al ribasso. La produzione manifatturiera e al dettaglio ha registrato una continua debolezza nel 2017 e prevediamo che i primi sei mesi di negoziazioni dirette con l’Ue siano controverse, suggerendo la possibilità di un calo della valuta.

 

Valute: l’euro

Infine, la diminuzione del rischio politico dopo l’esito delle elezioni francesi, la tenuta della crescita, i mercati azionari relativamente meno cari, la ripresa degli utili societari e la prevista riduzione del Qe a fine anno fanno aumentare il potenziale di opportunità per l’euro nel secondo semestre. Ma la possibilità di un mercato rialzista sostenuto è più contenuta nel caso dell’euro. L’ampliamento dei differenziali di rendimento rispetto ai titoli Usa (che potrebbero raggiungere il 2,5% prima che la Bce avvii il rialzo dei tassi), probabili preoccupazioni riguardo alla capacità della crescita dell’Ue di contrastare il progressivo inasprimento della politica monetaria e le elezioni italiane del 2018 sono tra i fattori che dovrebbero limitare i guadagni dell’euro a lungo termine.

 

Di cosa devono tenere conto gli investitori?

Il rischio valutario è una delle fonti strutturali di rischio più ampie per i portafogli. Non solo non deve essere ignorato, ma gli investitori dovrebbero accertarsi che esso costituisca una risorsa e non un elemento penalizzante. La maggior parte del rischio valutario proviene dalle allocazioni sulle azioni globali e dal conseguente paniere di esposizioni alle valute estere ponderato per le capitalizzazioni di mercato. Non solo ciò comporta un rischio molto elevato, ma concentra le esposizioni sulle valute più liquide che tendono ad avere un premio al rischio negativo. Nella migliore delle ipotesi gli investitori faranno fronte a un rischio praticamente non compensato, mentre, nella peggiore, a un rischio compensato negativamente.

Con i rendimenti reali ai minimi storici, le azioni valutate a prezzo praticamente pieno, se non costose, rispetto agli standard passati, e gli spread di credito in progressivo restringimento, gli investitori non possono permettersi di affrontare il rischio strutturale di effetti inerziali provenienti dalle valute. Invece la necessità di diversificare le fonti di reddito positivo è stata raramente così impellente. I portafogli valutari ad esposizione fattoriale possono rispondere a questa esigenza. In particolare i portafogli valutari basati di tipo value vantano un track recorda lungo termine di successo e una correlazione da zero a negativa alle azioni globali e al credito. Se è estremamente difficile trovare un portafoglio stabile a rotazione ridotta che abbia le suddette caratteristiche, i portafogli valutari value sono già disponibili a basso costo.

Il valore della valuta può essere preso in considerazione per la costituzione di un portafoglio a esposizione fattoriale da solo o in combinazione con una copertura passiva all’interno di una strategia a copertura dinamica. Questo tipo di strategia di copertura potrebbe incoraggiare gli investitori in euro, dollari canadesi, yen e sterline a coprire una porzione più grande dei loro attivi esteri, mentre gli investitori che adottano una copertura in dollari potrebbero essere portati a realizzare utili sulle coperture esistenti. A dire il vero, molti investitori in dollari Usa non hanno assunto alcuna copertura e perso circa il 30% su un benchmark azionario estero classico solo dal punto di vista valutario dato che il dollaro si è apprezzato. È difficile avviare una copertura in questo momento. Tuttavia la necessità di diversificare le fonti di rendimento è altrettanto elevata o addirittura più elevata per gli investitori Usa. Un portafoglio valutario a esposizione fattoriale basato unicamente sul value potrebbe rispondere a tale esigenza, mentre una politica di copertura rispetto a un benchmark potrebbe essere presa nuovamente in considerazione in una fase più vantaggiosa del ciclo del dollaro

A cura di Aaron Hurd, senior portfolio manager, State Street Global Advisors

 

06/09/2017 | Categorie: Investimenti Firma: Redazione