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Streaming war e piattaforme TV: quali opportunità di investimento?

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Le piattaforme di streaming internazionali sono i nuovi protagonisti della filiera audiovisiva e multimediale. In linea con le nuove abitudini degli utenti, le società media hanno rivisto le loro strategie partendo dalla distribuzione che adesso si basa su consumi on demand dei contenuti

Lo streaming televisivo sta toccando ogni angolo dei media e non è un segreto che la distribuzione di contenuti su Internet abbia cambiato inizialmente il modo di ascoltare la musica e adesso la fruizione dei contenuti per la televisione. In linea con le nuove abitudini degli utenti, le società media hanno rivisto le loro strategie di investimento partendo proprio dalla distribuzione che adesso si basa sulle piattaforme cosiddette Over The Top (OTT), ovvero sui consumi on demand di contenuti che hanno spazzato via i vecchi archivi di programmi televisivi e hanno rivitalizzato l’offerta.

Questo cambiamento si deve alla cosiddetta generazione Millennials, ma ha ormai coinvolto anche gli over45 che fanno parte di una nuova classificazione generazionale: i Perennials, nati con l’analogico ma perfettamente a loro agio anche con il digitale ed i cui gusti e consumi sono molto simili a quelli dei Millennials.

Da Netflix ad Amazon: il successo planetario delle piattaforme di streaming

Le piattaforme di streaming internazionali sono i nuovi protagonisti della filiera audiovisiva e multimediale. In Italia la presenza delle OTT è sempre più rilevante, come ha mostrato una ricerca presentata dal Presidente dell’APA (Associazione Produttori Audiovisivi) – Giancarlo Leone – durante il MIA (Mercato Internazionale Audiovisivo) del 2021. Lo studio aveva rilevato che l’investimento in piatteforme streaming nel nostro Paese era raddoppiato in soli due anni, passando da 60 a 120 milioni di euro, e si stimavano investimenti di circa 240 milioni annui entro il 2024 che avrebbero raggiunto il volume di quelli delle emittenti lineari free e a pagamento (tra cui Rai, Mediaset e SKY).

Se si prende in considerazione, ad esempio, il colosso dello streaming on demand – Netflix – solo nel 2021 gli abbonamenti in Italia avevano superato la soglia dei 4 milioni. A livello mondiale la piattaforma californiana vanta ben 222 milioni di abbonati al mondo, anche se negli ultimi anni inizia a farsi sentire anche il peso di competitor del calibro di Amazon Prime, Disney+, Apple TV+ e l’ultima arrivata Paramount+ (disponibile in Italia a partire da settembre 2022), col rischio di scatenare una vera e propria “streaming war”.

Netflix in down: la piattaforma di streaming perde 200mila abbonati e un utile di 1,6 milioni

Che sia per la vasta gamma di scelta di piattaforme streaming a disposizione degli utenti, l’inflazione galoppante, la questione delle password account condivise, la decisione di abbandonare il mercato russo a seguito del conflitto in Ucraina o quella di innalzare leggermente i prezzi dei suoi servizi, sta di fatto che nel primo trimestre del 2022 Netflix ha registrato un calo di abbonamenti di circa il 25%, andando a perdere ben 200mila iscritti. Il gruppo si aspetta di perdere ancora altri 2 milioni di abbonati nel secondo trimestre del 2022.

Da inizio anno le azioni Netflix hanno perso il 70% della propria capitalizzazione di mercato. Il gruppo valeva 265 miliardi di dollari a gennaio 2022, cifra ridottasi adesso a poco meno di 81 miliardi. La piattaforma di streaming ha ceduto 70 posizioni nella classifica delle quotate più grandi al mondo e ora si trova intorno al 150º posto; il prezzo di una quota (pari a 179,34 dollari) è ai livelli più bassi dal 2017.

Netflix e pubblicità: due nuovi pacchetti abbonamento per lo streaming on demand

Tra le soluzioni prese in considerazione dal colosso mondiale delle piattaforme di streaming on demand per cercare di risollevare il numero dei suoi abbonati ci sarebbe quella di ricorrere ai pacchetti pubblicitari. Sembra infatti che Netflix stia valutando l’introduzione di un nuovo piano di abbonamento più economico, ma che prevede delle brevi interruzioni pubblicitarie di 30-60 secondi durante la fruizione dei contenuti video. Così come accade già con YouTube e Spotify, a questo pacchetto low cost, se ne affiancherebbe un altro “premium” senza pubblicità.

Ancora non c’è niente di ufficiale, ma sembra che il gigante dello streaming abbia iniziato una serie di trattative con NbcUniversal e Google per introdurre inserzioni pubblicitarie all’interno della piattaforma entro la fine del 2022. Ma siamo davvero sicuri che lo streaming video sia ancora un buon investimento?

Streaming war e investimenti: chi ne uscirà vincitore?

Lo streaming a pagamento è una torta economicamente sempre più grande e invitante. Da anni la fetta più grande la detiene per l’appunto Netflix, ma sempre più competitor – anche molto solidi – vogliono prendersi il loro spazio. Questi gruppi vogliono entrare nel mondo dello streaming perché si sono accorti che la tv a pagamento funziona sempre meno (soprattutto tra i giovani); inoltre, queste aziende hanno già i propri contenuti originali e sono alla ricerca della piattaforma tecnologica sulla quale ospitarli.

La flessione degli abbonati di Netflix rappresenta, quindi, un campanello d’allarme per l’intera industria dello streaming, ma è solo l’ultimo segnale di un mercato che è giunto ad un punto di svolta. Prendendo come punto di riferimento ancora Netflix, la piattaforma di streaming ha cominciato fin da subito a produrre film e serie originali per diversificare il proprio catalogo; questo ha innescato, tra varie piattaforme concorrenti, una corsa a produrre contenuti originali e ad offrire agli utenti cataloghi fortemente diversificati gli uni dagli altri, senza possibilità di proporre “pacchetti” come nella tv via cavo o satellite.

In questo contesto se l’utente sottoscrive due, tre o addirittura quattro abbonamenti per seguire i principali film e serie TV di più piattaforme, l’economicità delle singole offerte viene a perdersi. Questa dinamica, secondo il Financial Times, porterà i principali player del settore dello streaming a mettere in campo non meno di 115 miliardi di dollari di investimenti in contenuti nel corso di tutto il 2022 o ad investire, ad esempio, sia sull’offerta di contenuti che sull’offerta di connessione a internet o telefonica (è il caso di TIMVision in Italia). Ma Siamo davvero sicuri che ci sia spazio per così tanti player nel settore? O siamo già arrivati ad una saturazione del mercato?

28/06/2022 | Categorie: Economia e Dintorni , Investimenti Firma: Giulia Panebianco