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Stefano Siviero, Banca d’Italia: le prospettive dell’economia italiana

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Stefano Siviero, Vice capo del Dipartimento Mercati e Sistemi della Banca d’Italia, nell’intervento di apertura al PFEXpo 2023, ha restituito la complessità dello scenario di riferimento di quest’ultimo anno, esaminato le differenti dinamiche intervenute e offerto spunti circa il possibile andamento futuro dell’economia. Ecco i punti salienti che hanno introdotto la tavola rotonda di PFExpo 2023 ed il contributo del dott. Siviero.

L’intervento di apertura al PFExpo 2023

L’elemento da cui muovere è la situazione a livello macroeconomico. L’economia mondiale sta avanzando ad un passo più lento di quanto si pensasse lo scorso anno. Le previsioni di crescita per l’area euro formulate a gennaio 2022, se paragonate alle previsioni di oggi, restituiscono una fotografia meno incoraggiante rispetto a quella di un anno fa, con una stima al ribasso di due punti e mezzo.

Per quanto riguarda l’energia, i consumi delle famiglie fino all’autunno 2022, sono rimasti in linea con i consumi dei cinque anni precedenti. Diverso il comportamento delle imprese che, al contrario, hanno cominciato a risparmiare da subito, dalle prime avvisaglie di crisi, adattandosi rapidamente alle difficoltà di prezzo e approvvigionamento energetico. Un evidente segnale della grande capacità di adattamento e resilienza del nostro paese che tuttavia, non mette al riparo gli italiani da quella che il Governatore della Banca d’Italia Visco, ha definito la “tassa ineludibile”, riferendosi all’impatto d’insieme e agli effetti dello shock energetico e dell’aumento dei prezzi delle materie prime.

Passando all’analisi del rapporto tra le importazioni di energia e il PIL, fotografato in quattro diversi episodi di tensione: il periodo dell’Embargo OPEC 1973, l’anno della guerra Iran-Iraq (1978), il periodo della crisi finanziaria 2007-2008 e quello attuale. Emerge come l’andamento registrato nel contesto attuale sia il peggiore in assoluto, solo in parte simile allo scenario dei tempi dell’Austerity del 1973, quando per far fronte alle conseguenze della crisi petrolifera, l’Italia, come altri paesi europei, fu costretta ad adottare misure restrittive e applicare rigidi provvedimenti con l’obiettivo di contenere i consumi.

Inflazione e politica monetaria

Per quanto riguarda l’inflazione, in Europa si registra un rallentamento del tasso, dovuto, in primo luogo, all’accentuarsi della flessione su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici regolamentati. Secondo le stime di Banca d’Italia, l’inflazione al consumo armonizzata, pari all’8,7 per cento nel 2022, si porterebbe al 6,5 nella media di quest’anno, per poi scendere in misura più pronunciata, al 2,6 per cento nel 2024 e al 2,0 nel 2025. Dunque, le aspettative a medio-lungo termine rimangono coerenti con l’obiettivo della BCE, ovvero di un’inflazione al 2%.

In Italia, secondo le previsioni di Banca d’Italia, che considerano sia gli effetti diretti sia quelli indiretti, nella media del quarto trimestre poco più del 70 per cento dell’inflazione complessiva era riconducibile all’energia; nello stesso periodo le misure governative in materia energetica avrebbero mitigato la dinamica dei prezzi al consumo per oltre un punto percentuale.

In materia di politica monetaria, va segnalata la recente decisione del Consiglio direttivo della Banca Centrale, che il 2 febbraio ha innalzato i tassi ufficiali di 50 punti base, confermando che non vi sarà una inversione del trend. Il ritmo di eventuali successivi rialzi continuerà, in ogni caso, ad essere valutato alla luce delle prospettive d’inflazione definite sulla base delle informazioni che si renderanno via via disponibili.

All’indomani dell’annunciato rialzo dei tassi di 50 punti base da parte della BCE, il monito del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, è stato molto chiaro: “È necessario ricercare il giusto equilibrio tra il rischio di fare troppo poco, lasciando l’inflazione elevata per un periodo di tempo eccessivo, tale da incidere sulle aspettative e sulla stabilità monetaria, e quello di fare troppo, portando a una caduta del reddito e dell’occupazione e compromettendo la stabilità finanziaria, con ricadute non meno gravi sull’andamento dei prezzi”.

Settore bancario, PIL e ritorno della Cina

Per quanto riguarda la situazione del settore bancario, le due principali banche italiane hanno annunciato risultati in termini di profittabilità particolarmente lusinghieri. Anche i crediti deteriorati sono ancora molto bassi, niente a che vedere con quanto successo nelle crisi precedenti, ovvero quelle del 2008 e del 2011. La “cura” messa in atto per rendere il settore più resiliente, sembra aver funzionato.

Il PIL è tornato al di sopra del valore pre-pandemia e pre-crisi del debito sovrano. La ripresa non è stata però omogenea in quanto i settori energivori evidenziano una maggiore sofferenza rispetto a quelli non energivori. Per il 2023 ci si aspetta un anno di crescita, sebbene non particolarmente robusta. Dato incoraggiante anche quello relativo alla bilancia delle partite correnti che, nel mese di dicembre 2022, ha chiuso con un surplus di 15,9 miliardi di euro, in aumento rispetto all’avanzo di 13,6 miliardi di euro di novembre. Le attese sono dunque positive, dopo gli accadimenti che hanno connotato lo scorso anno.

In conclusione, un focus sulla Cina. L’eccesso di risparmio da parte delle famiglie cinesi, inevitabilmente legato anche alla pandemia e al lockdown, potrebbe ora tradursi in domanda e avere un impatto inflattivo di cui risentirebbero anche altre economie. Il ruolo della Cina nei mercati globali delle materie prime è cresciuto, diventando negli anni sempre più determinante. Le enormi importazioni di metalli della Repubblica Popolare, hanno infatti influenzato lo scambio di questi beni, impattando pesantemente sui prezzi delle commodities.

Basti citare ad esempio che, dopo aver annunciato, e poi concretamente adottato, una politica meno restrittiva sul Covid, il prezzo del rame ha reagito sui mercati con un balzo verso l’alto. Il ritorno della Cina sulla platea mondiale potrebbe far sì che certi colli di bottiglia, certe interruzioni nella supply chain, ovvero nella catena del valore, si allentino. Ma non è scontato, secondo il Dott. Siviero interventuo al PFExpo 2023, che l’effetto della ripresa cinese, sia necessariamente inflattivo.

16/03/2023 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Redazione