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Scenario macroeconomico: le sfide aperte tra incertezza e cauto ottimismo

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L’economia europea continua a mostrare resilienza in un contesto globale difficile. Il calo dei prezzi dell’energia, la riduzione dei vincoli di approvvigionamento e un mercato del lavoro forte, hanno contribuito a sostenere una crescita moderata nel primo trimestre del 2023, dissipando i timori di una recessione. Questo inizio d’anno migliore del previsto, porta le prospettive di crescita per l’economia UE nel 2023 all’1,0% rispetto allo 0,8% delle previsioni intermedie d’inverno, e all’1,7% nel 2024, contro il precedente 1,6%. Queste le buone notizie che giungono da Bruxelles.

Secondo le stime della Commissione Europea infatti, l’economia dell’eurozona dovrebbe crescere quest’anno ad un ritmo più veloce di quanto atteso in precedenza, dopo un inizio del 2023 migliore del previsto. L’Europa, nel bel mezzo di una crisi energetica, ha evitato una recessione ma l’inflazione, ostinatamente alta, rischia di continuare a danneggiare l’economia e ad indebolire il potere d’acquisto delle famiglie.

La crisi energetica e la recessione scongiurata

Le previsioni trimestrali di maggio della Commissione europea, l’organo esecutivo dell’UE, tratteggiano uno scenario incoraggiante. Il prodotto interno lordo nella zona euro è atteso in crescita dell’1,1% nel 2023, dato superiore all’aumento dello 0,9% previsto a febbraio. L’Europa ha affrontato le aspettative di una catastrofe energetica invernale dopo l’interruzione da parte della Russia della maggior parte della fornitura di gas naturale, conseguente al conflitto in Ucraina. I prezzi del gas sono saliti a livelli record, innescando drammatici picchi nei prezzi al consumo.

Mentre l’UE rimane in gran parte dipendente dal petrolio russo, Eurostat ha registrato una riduzione del 20% nell’uso di combustibili fossili lo scorso autunno. Entro la fine del 2022, l’UE ha importato solo il 21% di gas naturale, il 22% di fertilizzanti, il 21% di petrolio e il 10% di ferro e acciaio dalla Russia. In tutto, l’UE ha tagliato un valore stimato di 12 miliardi di dollari di scambi commerciali con la Russia nel corso dell’ultimo anno. Per compensare il gap, l’Europa ha incrementato il commercio di petrolio con l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti e intensificato le importazioni di ferro e acciaio dalla Cina. Prima dell’invasione russa dell’Ucraina lo scorso anno, l’UE importava più di un quarto del petrolio greggio dalla Russia, unitamente al 46% di combustibili solidi e al 40% del gas naturale necessario al proprio fabbisogno.

Riuscendo a far fronte alla crisi energetica innescata dal conflitto russo-ucraino, grazie ad una diversificazione dell’approvvigionamento e ad un notevole calo del consumo di gas, l’economia ha dimostrato una tenuta al di sopra delle aspettative. Una folle corsa per allineare nuove fonti di gas naturale – attraverso forniture più costose di gas liquefatto proveniente dalle navi – insieme al clima mite e all’uso ridotto hanno aiutato l’Europa a superare l’inverno scongiurando i più pericolosi effetti di una grave crisi energetica.

Inflazione e stress finanziario

Le previsioni di inflazione per l’Eurozona sono passate al 5,8% nel 2023, dal 5,6% delle previsioni precedenti, e al 2,8% nel 2024 dal 2,5%, suggerendo un’ulteriore compressione della spesa delle famiglie. Mentre l’inflazione core è diminuita nel primo trimestre attestandosi al 7,0% nel mese di aprile – da un massimo del 10,6% registrato nell’ottobre 2022 – lasciando intuire che il picco potrebbe essere stato raggiunto nel primo trimestre, l’inflazione di fondo, che esclude prezzi energetici e alimentari più volatili, si sta dimostrando più persistente.

Alla luce delle perduranti alte pressioni inflazionistiche, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha aumentato ulteriormente i tassi innalzando di 25 punti base i tre tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale – rispettivamente al 3,75%, al 4,00% e al 3,25%. Anche se la BCE dovrebbe avvicinarsi alla fine del ciclo di rialzi, le condizioni di finanziamento sono destinate a restringersi ulteriormente. Sebbene i driver dell’inflazione seguitino a dipingere un quadro eterogeneo, è molto probabile che l’inflazione diminuisca fino al 2023 sia negli Stati Uniti che nell’area dell’euro.

Secondo la Commissione Europea, anche se le previsioni di crescita sono migliorate, permangono i rischi al ribasso per le prospettive economiche. Un’inflazione core persistente, sarà sempre più dolorosa per le famiglie e costringerà probabilmente la BCE ad una risposta più forte. Queste dinamiche potrebbero tradursi in un rinnovato stress finanziario. A questo scenario, si aggiunge il perdurare del conflitto in Ucraina e l’incertezza rispetto al suo esito, la cui portata è globale.

Le recenti turbolenze nel settore finanziario probabilmente aggiungeranno pressione ai costi e alla facilità di accesso al credito, rallentando gli investimenti. Il mercato del lavoro dell’eurozona rimane forte, toccando un nuovo minimo record del 6,5% a marzo ma la crescita dei salari, sebbene sia aumentata, è rimasta finora ben al di sotto dell’inflazione.

Le sfide aperte

Ci sono sfide derivanti dall’aumento dei tassi di interesse che la Banca centrale europea sta utilizzando per cercare di riportare l’inflazione all’obiettivo della banca del 2%. I maggiori costi di finanziamento per i consumatori e le imprese hanno ridotto la disponibilità di prestiti per l’acquisto di case o investimenti aziendali e hanno contratto la domanda.

Un’ulteriore sfida deriva dalle recenti turbolenze che hanno colpito principalmente le banche negli Stati Uniti, dove tre istituzioni finanziarie sono crollate negli ultimi mesi. Mentre i funzionari europei affermano che le banche del vecchio Continente non sono direttamente esposte ai problemi degli Stati Uniti, un maggiore controllo delle finanze bancarie da parte delle autorità di regolamentazione e degli azionisti potrebbe rendere gli istituti ancora più riluttanti a concedere prestiti. Le banche sono le principali fonti di finanziamento per le aziende in Europa, a differenza degli Stati Uniti, dove sono i mercati finanziari a fornire la maggior parte del credito.

Il filo di incertezza segue la scia del crollo della Silicon Valley Bank e delle crescenti sfide della banca svizzera Credit Suisse, potrebbe spingere le banche dell’UE verso politiche monetarie prudenti, con standard di prestito più rigidi e tassi di prestito più elevati che limiterebbero il flusso di credito e rallenterebbero gli investimenti.

Fitch alza le stime per l’Italia

L’agenzia di rating Fitch ha confermato il rating dell’Italia a BBB con outlook stabile. Fitch ha preso atto di una crescita più forte del previsto nel 1° trimestre e ha rivisto al rialzo la crescita dell’Italia nel 2023 all’1,2%. La crescita italiana ha “superato le nostre attese nel primo trimestre del 2023” grazie all’allentamento della crisi energetica, alla forte ripresa del turismo e al rafforzamento della domanda globale. L’agenzia di rating prevede che l’inflazione scenderà a una media del 7,2% nel 2023 e del 3,5% nel 2024, quale effetto della normalizzazione dei prezzi dell’energia.

Per quanto riguarda la politica fiscale, l’agenzia ha indicato che il recente programma di stabilità stabilisce obiettivi fiscali credibili in continuità con la politica fiscale del precedente governo. Il piano prevede un disavanzo fiscale del 4,5% nel 2023, del 3,7% nel 2024 e del 3% nel 2025. Fitch prevede che il rapporto debito/PIL scenderà al 142,3% del PIL nel 2024 (era del 144,4% nel 2022). Sebbene si tratti di un calo di 12,6 punti percentuali rispetto al picco del 2020, è ancora al di sopra del livello pre-pandemia del 134,1% (2019).

19/05/2023 Firma: Redazione