Robo advice, tra commissioni low cost e boom mancato

La Consob ha realizzato una ricerca sul servizio di consulenza automatizzata

Cresce a rilento in Italia la diffusione della consulenza automatizzata (robo advice), nonostante il servizio vanti costi annui bassi (tra 0,3% e 0,7% sul patrimonio gestito). A comunicarlo è un report pubblicato dalla Consob dal titolo «Fintech: digitalizzazione dei processi d’intermediazione finanziaria», realizzato in collaborazione con alcune delle principali Università italiane.

Secondo Consob il fenomeno dei robo advisor è ancora poco diffuso in Italia. Se si escludono due operatori che segnalano rispettivamente circa 3.500 e 10 mila clienti (corrispondenti a masse under advice pari all’incirca a 160 e 200 milioni di euro; dati a marzo 2017), gli altri casi contano ancora un numero estremamente ridotto di clienti (meno di 50), si legge sul rapporto. Eppure, non mancherebbero gli elementi in grado di farlo spiccare rispetto al servizio tradizionale, su tutti il prezzo e l’accessibilità del servizio.

Per quanto riguarda il costo, le commissioni applicate al patrimonio under advice oscillano dallo 0,3% allo 0,7% annuo. Valori contenuti che rendono il robo advice potenzialmente molto competitivo soprattutto nel contesto domestico, caratterizzato da una bassa disponibilità a pagare per la consulenza. Per quanto concerne l’accessibilità, gli investitori possono operare online senza limiti d’orario, vincoli logistici e con rapidità. L’user experience appare agevole e non richiede particolari competenze digitali se non l’abitudine a utilizzare internet.

Tuttavia, nel Bel Paese non c’è il boom dei robo advisor. Lo mostra chiaramente il rapporto Consob. Nel B2C, l’unico modello diffuso è quello ibrido. Al web si affianca l’interazione con il consulente. In generale, l’interazione tra cliente e consulente resta un punto forte, tanto da orientare il mercato verso la valorizzazione della relazione umana anche nella consulenza automatizzata.