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REPORT SETTIMANALE SUI MERCATI FINANZIARI

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E come dice un  caro amico telecronista….e la salita azionaria C’ E’ !. Nell’ottava appena conclusa i mercati mondiali hanno continuato a percorrere la strada del rialzo (da inizio anno e per la seconda settimana consecutiva tutti gli indici mondiali evidenziano un segno positivo), proseguendo il cammino imboccato circa due settimane fa complice il proseguire dell’ ottima stagione delle trimestrali che hanno  evidenziato dati migliori delle attese. A confortare il rialzo sono pure i segnali che continuano ad arrivare dal mercato delle materie prime, che si mettono in mostra per i progressivi rialzi a dimostrazione delle attese di una crescente domanda da parte delle aziende manifatturiere. A livello europeo la piazza migliore è stata Francoforte con il DAX30 che è rimbalzata del 1,97%, seguita dall’ indice francese, il CAC40 che ha registrato un rialzo del 1,78% cosi come l’ indice inglese, il FTSE100 in rialzo dello 0,69%. A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore chimico (+4,75%) seguito dal settore delle tlc (+3,73%) ed infine dal settore bancario (+3,68 %), mentre in lettera per la seconda settimana consecutiva non dobbiamo segnalare nessun settore. Fra i principali titoli protagonisti assoluti Pinault – Pr Red (+18,20%), Logica Cmg (+17,34%) e Commerzbank (+8,91%) mentre in lettera segnaliamo Deutsche Bank (-10,83% per la pubblicazione dei pessimi dati trimestrali), British Aerospazial (-4,87%) ed Infinenon (-3,55%).

Piazza Affari chiude la settimana con il quarto rialzo consecutivo dello Ftse/Mib (+2,06%), anche se l’ ultima chiusura settimanale si è dimostrata più debole delle precedenti (+8,10%, +5,40%, +4,73%). La settimana, però, per il nostro indice principale non ha lesinato sorprese, sono stati riscoperti comparti fin qui particolarmente penalizzati, mentre hanno registrato ribassi titoli solitamente molto poco volatili. Non occorre stupirsi più di tanto, questo comportamento del mercato è usuale dopo un marcato rimbalzo. Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro Bulgari (+12,18% come un fulmine il titolo è ritornato a correre nonostante una pessima trimestrale e le parole poco incoraggianti da parte dell’ AD), Mondadori (+10,83% dopo il crollo di giugno il titolo sembra aver riconquistato la fiducia degli investitori) ed Italcementi (+9,16% le ultime due sedute, entrambe concluse sul massimo di giornata, hanno portato la quotazione da 8,45 a 9,175 euro, un balzo che ha fatto tornare in positivo anche il bilancio 2009. Il comparto dovrebbe essere tra i primi a risentire favorevolmente della agognata ripresa economica) mentre in lettera, invece, troviamo Eni (-5,22% dovuta ai dati di bilancio peggiori delle attese e al taglio del dividendo interpetrato in cattivo modo dal mercato ma è un gesto sensato da parte dell’ Ad Scaroni che avrebbe dovuto intaccare le riserve per distribuire lo stesso dividendo dello scorso anno. Gesto più che sensato), Parmalat (-4,21% anche qui sono stati i dati della trimestrale a deludere il mercato ) e Fondaria  (-3,05% dopo la corsa da inizio giugno c’è stata la correzione ma il tonfo di venerdi scorso (-4,47%) è il sentiment di una deludente trimestrale che sarà svelata il 4 Agosto e il vociferare di un nuovo piano triennale per il recupero della redditività del gruppo aziendale).
L’ indice S&P’500 ha archiviato gli scambi a quota 987,5 punti, in rialzo dello 0,95%, dopo che nel corso della settimana ha finito per aggiornare a quota 996,68 punti il livello massimo del 2009. Era dallo scorso mese di novembre del 2008 che il principale indice azionario a stelle e strisce non raggiungeva livelli di quotazione simili sfiorando così la soglia psicologica dei mille punti. Nella seconda parte del mese di luglio le chiusure di borsa giornaliere con il segno più hanno finito per avere la prevalenza su quelle in territorio negativo a conferma di come in un certo qual modo il mercato avesse iniziato a scommettere su una prossima fine della recessione dell’economia statunitense. Il listino tecnologico Nadaq100 è anch’esso salito nell’arco dell’ultima settimana consolidando quanto di buono aveva conseguito nelle precedenti ottave. L’ultima quotazione è stata difatti in area 1.614,10 punti, in rialzo dello 0,94%. La striscia di chiusure consecutive in rialzo per questo indice è stata ancora più lunga. Le speranze di poter assistere a un’improvvisa inversione di tendenza in quello che è l’attuale trend del mercato del lavoro sono a dir poco ridotte al lumicino tenuto conto che la Fed e l’amministrazione Obama non hanno mai perso l’occasione nei diversi incontri con la comunità finanziaria e non solo di mettere l’accento sulle precarie condizioni occupazionali. In quest’ ultima settimana abbiamo assistito al rimbalzo del settore della componentistica auto (+17,98%) e dei macchinari della salute (+13,51%), mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore dell’ oil & gas (-5,12%) e delle tlc (-5,11%).
Settimana all’ insegna del denaro per il Nikkei225 (+5,76%) che rotta la resistenza dei 10000 punti si avvicina con insistenza a quella dei 10500. A spingere al rialzo il listino giapponese questa settimana è stato il settore finanziario ( Jpe Holding) ed automobilistico (Toyota e Nissan).
La correlazione diretta con il mercato azionario (89%) ha finito per incidere di più di quella inversa con il biglietto verde (93%) sull’evoluzione del mercato delle materie prime. Gli investitori hanno continuato a comprare commodities nonostante i rialzi già registrati nelle precedenti due settimane. Nelle prime posizioni all’ interno del RJ/CRB Index troviamo le materie prime agricole e diversi metalli di base. Le vendite hanno colpito in particolar modo il petrolio e i suoi derivati, i preziosi, alcune soft-commodities, i suini da macello e il gas naturale.

Nell’arco dell’ultima settimana il biglietto verde ha recuperato terreno nei confronti dell’euro e dello yen beneficiando di alcuni dati macro deludenti che hanno finito per azzerare quelle poche velleità di ottimismo di chi nelle precedenti giornate ha provato a scommettere che il peggio dal punto di vista macroeconomico sia stato messo definitivamente alle spalle.
Recentemente il dollaro ha perso parte del suo appeal di moneta rifugio. Il mercato essendo più ottimista sulle prospettive della congiuntura internazionale ha finito per assumersi più rischi e questo giustifica la perdita di attrattiva del biglietto verde come moneta sicura di fronte alle turbolenze internazionali. Per l’euro-dollaro è come se qualcuno avesse riavvolto il nastro con il cambio che si è mosso nell’intervallo 1,4008 (il livello minimo degli ultimi 15 giorni) – 1,4304 per poi attestarsi nel finale a 1,4113, in calo di una figura e in prossimità dei livelli minimi della prima decade di luglio. Il cambio, graficamente parlando, in questo preciso momento ha come prima resistenza il massimo dell’anno di 1,4338 e sul downside come primo supporto la media mobile a 50-giorni a 1,4041. La Fed pensa di mantenere i tassi a livelli eccezionalmente bassi per lungo tempo ancora dichiarandosi al tempo stesso pronta a cambiare rotta sulla politica monetaria, passando ad una stretta monetaria una volta che l’economia avrà stabilmente agganciato la ripresa. Molti operatori sono pronti a scommettere sul dollaro una volta che la Fed avvierà la sua “exit strategy”, iniziando a ritirare le politiche straordinarie adottate contro la crisi.
La settimana si è rivelata rialzista per l’euro-yen. L’ultimo livello registrato è stato di 135,05, in rialzo di circa mezza figura. Sull’upside la prima resistenza coinciderebbe con l’area di massimo del 2009 (139,22) mentre sul downside nella media mobile a 50-giorni (134,16) s’identifica il primo livello di supporto, violato il quale si aprirebbero le porte per una discesa del cambio fino a 132,49 dove passa la media mobile a 100-giorni.
Il cambio euro-sterlina è invece ritornato a scambiare sui minimi dell’ultimo mese avendo registrato una chiusura settimanale in area 0,85255, in calo di oltre una figura. La media mobile a 50-giorni (0,8594), violata verso il basso nel durante, rappresenta la prima area di resistenza . Qualora il downtrend dovesse proseguire una prossima area di test potrebbe coincidere con quella di minimo del 2009 (0,84010). Per ora i giochi restano sospesi sul fronte valutario a parte i soliti flussi ciclici ed anti-ciclici che si sono riversati in balia di quanto registratosi sul mercato azionario e su quello dei titoli governativi. Al mercato dei cambi manca in questo momento un’identità anche secondo logiche puramente commerciali e di commercio internazionale. In tempi non sospetti le divise si muovevano sulle famigerate parità, quella dei tassi d’interesse e quella dei poteri d’acquisto. Ora che le parità dei tassi d’interesse hanno perso di significato considerando gli indirizzi di politica monetaria zerointerest oriented “sposati” dalle principali banche centrali e ora che la globalizzazione ha frantumato quasi del tutto i differenziali dei poteri d’acquisto nelle nazioni occidentalizzate, non resta altro agli operatori di mercato che piegarsi alla volontà dei flussi di mercato, in attesa che da questa crisi d’identità del dollaro il mercato riesca ad uscirne con nuovi connotati e nuove regole d’orientamento.

Nel mese di luglio la fiducia economica è migliorata risalendo dai precedenti 73,3 punti a 75,0 punti anche se quella dei consumatori, quella industriale e quella dei servizi continuano a navigare ampiamente in territorio negativo. Il mercato del lavoro ha sfornato un altro dato preoccupante con il tasso di disoccupazione arrampicatosi nel mese di giugno a +9,4% y/y, in rialzo di un decimale. Il tutto in un contesto deflazionistico visto la crescita negativa su base annua non solo del PPI (-5,8%) ma anche del CPI (-0,6%) e con l’aggregato M3 in crescita al ritmo pi ù basso degli ultimi dodici anni (1997). Il rialzo del tasso di disoccupazione e la capacità utilizzata a livelli di minimo record dovrebbero continuare a pesare su salari e utili, comprimendo verso il basso ulteriormente la pressione sui prezzi. Il contratto-future sul BUND che ha avviato le contrattazioni a quota 120,15 punti, dopo aver scambiato nell’intervallo 119,92 – 121,42, ha archiviato gli scambi a quota 121,38 punti, in rialzo una figura, confermando così la perdita della correlazione inversa tra il mercato obbligazionario e la Borsa. La corsa all’acquisto è difatti coincisa anche con un minore grado di avversione al rischio da parte degli investitori, tendenza questa confermata dal restringimento dello spread sul CROSSOVER a 5- anni. Sia in Germani a che in Italia la curva dei rendimenti ha finito per registrare un movimento di flattening. Il decennale governativo tedesco si è attestato al 3,38% (-10 bps), quello italiano al 4,21% (-17 bps) con lo spread BTP/BUND ristrettosi da 87 a 83 punti base. C’è chi si spinge anche a stimare un calo dello spread in area sessanta punti base per la fine del 2009. L’esiguo rendimento offerto dalla carta a 2-anni potrebbe con il tempo spingere gli investitori a privilegiare i segmenti di curva più lunghi, in questo momento assai appetibili in termini di rendimenti reali e congrui per accollarsi il rischio di una loro detenzione.
In Italia l’incertezza dei mercati finanziari ha fatto aumentare il numero dei Bot-People, che ad ogni asta dei buoni del Tesoro, nonostante i rendimenti in costante calo siano davvero bassi e poco sopra lo zero, presentano numerose richieste. I titoli di stato hanno innescato una discesa del saggio di interesse in linea con il calo generalizzato del costo del denaro. L’estrema volatilità delle Borse rende però ancora cauti gli investitori istituzionali, che nell’empasse continuano a comprare grandi quantitativi di Bot, così come i piccoli risparmiatori, troppo spaventati dai ripetuti crolli finanziari che hanno generato la crisi attuale. Secondo analisti e operatori infatti per molti i titoli di Stato rimangono al momento una certezza e rappresentano uno dei luoghi minori dove parcheggiare la liquidità, magari in attesa di tempi migliori e più favorevoli. I rendimenti sempre più risicati sono un sollievo per le casse dello Stato ma si traducono in un misero incasso per i risparmiatori. A breve la politica monetaria delle banche centrali non dovrebbe mutare il corso delle cose, mentre qualche problema potrebbe sempre arrivare, in prospettiva, da i titoli di stato degli altri paesi europei messi sul mercato per finanziare i costosi piani anticrisi e di salvataggio delle banche varati dai rispettivi governi.
Oltreoceano, i segnali provenienti dall’economia dipingono un quadro in chiaroscuro: da un lato la fiducia dei consumatori e gli ordini di beni durevoli scesi oltre le attese degli analisti e con il PIL in caduta nel secondo trimestre di -1,0% y/y stando alla prima rilevazione, dall’altra parte la Fed che segnala un allentamento della recessione. Nel suo ultimo Beige Book, il report della Fed sullo stato di salute dell’economia americana, la Banca centrale ha dichiarato che la crisi economica appare essersi attenuata in molti distretti, il mercato del lavoro è molto debole in numerose aree del Paese, i consumi risultano inferiori in molti distretti se rapportati allo stesso periodo del precedente anno, il mercato degli immobili commerciali si è indebolito diffusamente. La Fed ha anche detto di prevedere una moderata ripresa dell’attività dell’ industria manifatturiera nell’arco dei prossimi sei – dodici mesi. Per il Presidente degli USA, Barack Obama, gli Stati Uniti stanno forse assistendo all’ inizio della fine della recessione ma i tempi difficili per l’economia americana non sono finiti e il salvataggio delle banche è stato un intervento quanto mai necessario per sbloccare la stretta del credito.
La curva dei rendimenti negli USA ha finito per registrare un movimento di flattening. Il rendimento a 2-anni si è attestato all’ 1,15%, il 5-anni al 2,55%, il 10- anni al 3,55% e il 30-anni al 4,35%. La politica monetaria finora perseguita dalla Fed ha contribuito alla stabilizzazione dei mercati finanziari e dell’economia. Nonostante Bernanke abbia asserito che i tassi continueranno a rimanere eccezionalmente bassi per molto altro tempo ancora non è escluso che si possa assistere a un’inversione di rotta attraverso una stretta monetaria: la Fed potrebbe difatti ritirare le sue misure di stimolo economico in modo fluido e puntuale ma prima di adottare una “exit strategy” la Banca centrale dovrà aspettare che l’economia riprenda a camminare.

 

                                MARKET MOVER DELLA SETTIMANA
 
Per quanto riguarda la settimana macroeconomica europea non sarà una sette giorni ricca di dati dove dobbiamo segnalare solo Lunedì 3 Agosto la pubblicazione del Pmi manifatturiero (finale) in Italia, Germania, Francia ed Eurolandia, poi a seguire Mercoledì 5 la pubblicazione in  Italia, Germania ed Eurolandia del Pmi servizi (dato finale), poi Giovedì 6 la riunione della Bce che lascerà i tassi invariati al 1% e conseguente conferenza stampa di Trichet ed infine Venerdi 7 la pubblicazione in Italia del Pil relativo al secondo trimestre ed in Germania il dato sulla produzione industriale.
Spostandoci Oltreoceano la settimana si preannuncia scarna di appuntamenti macro. Tra i dati piu’ attesi ci  sono quello di Lunedì l’indice Ism manufatturiero, poi Martedi la pubblicazione della spesa per consumi ed infine Venerdi 7 la pubblicazione del Tasso di disoccupazione ed i nuovi lavoratori dipendenti non agricoli.
Per quanto riguarda il quadro macroeconomico nipponico non dobbiamo segnalare nessun appuntamento degno di nota.

Per suggerimenti e chiarimenti scrivete a [email protected]

 

03/08/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno