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REPORT SETTIMANALE SUI MERCATI FINANZIARI

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La luce in fondo al tunnel non è poi cosi vicina. La discesa continua e non ci resta che sperare nella stagione delle trimestrali. Nell’ottava appena conclusa i mercati mondiali hanno continuato a percorrere la strada del ribasso, proseguendo il cammino imboccato la scorsa settimana legato al ritorno dei dubbi sui tempi della ripresa economica e nell’attesa di verificare l’andamento dei conti societari.

A livello europeo la piazza peggiore è stata Parigi con il CAC40 che è arretrato del 4,37%, seguita dall’ indice tedesco, il DAX30 che ha accusato un calo del 2,80% cosi come l’ indice inglese, il FTSE100 in calo dello 2,58%. A livello settoriale non possiamo segnalare niente in denaro  mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore assicurativo (-6,67%) seguito dal settore delle risorse di base (-5,99%) ed infine da quello automobilistico (-5,93%). Fra i principali titoli protagonisti assoluti Infineon (+11,93% sulle voci di un possibile aumento di capitale finanziato dal fondo Apollo), Sap (+2,98%) e Deutsche Bank (+2,28%) mentre in lettera segnaliamo Aegon Nv (-12,99%), Renault (-10,81%) e GdF Suez (-9,42%).

Piazza Affari chiude la settimana con il quarto ribasso consecutivo dello Ftse/Mib (-5,84%), mettendosi in evidenza come peggior listino del vecchio continente. Per trovare un simile ribasso dobbiamo tornare indietro di ben tre mesi (era il lontano 20 Aprile). Lo avevo preventivato e tutto ciò si è avverato. Ora non ci resta che attendere la madre di tutte le verità: la stagione delle trimestrali. Fra i titoli maggiori non possiamo segnalare nessun titolo in denaro mentre in lettera, invece, troviamo Banco Popolare (-12,00% è crollato sotto quota 5 euro appesantito dalla vicenda Italease e dai rumors che sembrano aver origliato un aumento di capitale), Bulgari (-10,47% non ha tenuto il supporto di 3,60 euro e il titolo è crollato) e A2A (-9,88% titolo penalizzato come l’intero settore in questo delicato momento di mercato).

Wall Street chiude una settimana non entusiasmante, dominata ancora dall’incertezza sulle prospettive per il futuro. Infatti, come ha detto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, nella conferenza stampa al termine del  G8 dell’Aquila, i mercati “migliorano, ma una piena ripresa  e’ ancora lontana”. Durante l’ottava l’S&P500 ha sofferto, andando a bucare per qualche seduta la media-mobile a 200-giorni verso il basso in fase discendente a 879 punti. L’indice americano di riferimento ha disegnato un minimo intra-week a 869 punti, per poi trovare la forza per rimbalzare, in un frangente comunque di difficoltà. I dati micro-macro restano abbastanza duri da digerire su base annua, sebbene più di qualcuno tra gli addetti ai lavori cerchi di aggrapparsi all’ottimismo che potrebbe trapelare dai raffronti su base mensile o da miglioramenti di sentiment, o dalla solita e costante azione in chiave keynesiana scandita dalle autorità di politica-economica americana.

Questa settimana, l’indice S&P500 ha chiuso con un ribasso del 1,90%, mentre il Nasdaq e il DJIA hanno fatto segnare rispettivamente un ribasso dello 2,3% e un ribasso del 1,62%. In quest’ ultima settimana abbiamo assistito al rimbalzo del settore dei componenti medici (+8,33%) e del settore delle biotecnologie (+2,95%), mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore delle costruzioni (-5,99%) e dell’ alluminio (- 5,28%).

Settimana all’ insegna della lettera per il Nikkei225 (-5,39%) che sprofonda al ribasso e si avvicina sempre più al supporto in prossimità dei 9000 punti. A spingere al ribasso il listino giapponese il forte apprezzamento dello yen su euro e dollaro e il ritorno dei timori legati alla ripresa dell’ economia.

Il rafforzamento dei timori che la ripresa economica sia ancora lontana a divenire in un quadro macroeconomico ancora molto incerto ha spinto il mercato delle materie prime verso il basso assieme alle principali Borse internazionali. Il rafforzamento del biglietto verde, considerato sempre più una valuta rifugio da parte degli investitori nei momenti di crisi, ha finito per accentuare il trend ribassista. Il protagonista in assoluto della settimana in ordine di performance è stato il succo d’arancio, in rialzo del 23%, seguito a ruota dal cotone (+6,32%) e dal cacao (+5,97%). Le restanti materie prime sono state investite da un robusto flusso in vendita.

Pesanti sono stati i cali registrati dal petrolio e i suoi derivati, dal nickel e dalla soia. Il contratto-future sul petrolio WTI con consegna agosto 2009 al Nymex di NY si è mosso nell’intervallo di prezzo 58,72 $ (livello minimo dal lontano 19 maggio) – 65,65 $ per poi registrare una chiusura a 59,89 dollari al barile, in calo di circa sette dollari. Per quanto concerne il comparto dei metalli preziosi, il primo contratto-future sull’oro al Comex ha registrato una chiusura in area 912,50 $ l’oncia, in calo di 19 dollari su base settimanale, dopo aver violato verso il basso la media mobile a 100-giorni (927,00 $). Un ripiegamento quello dell’oro che trova giustificazione nella discesa delle Borse e del prezzo del petrolio e nella tenuta del dollaro.

Nell’ultima settimana il mercato delle materie prime agricole ha visto la soia lasciare sul campo il 9% contro una flessione del grano dell’ 1,70% e un mais pressoché invariato. I mercati di queste ultime due materie prime agricole sono caratterizzati da quotazioni ampiamente inferiori a diverse medie mobili e da un quasi ipervenduto tecnico.

Durante l’ottava il mercato dei cambi ha continuato a muoversi in modo laterale. Il mercato dei cambi resta dollaro- centrico. Una svalutazione violenta del dollaro genererebbe sulla carta un’inflazione ingestibile facendo salire i tassi in modo disordinato mentre un suo rafforzamento eccessivo alimenterebbe lo spettro della depressione. Piuttosto dunque che immaginare una fuga brusca dalla divisa a stelle e strisce si dovrebbe immaginare un affiancamento di altre divise ad essa. Finora gli equilibri si sono retti sulla fluttuazione sporca del dollaro-renminbi ora a 6,83 e sull’acquisto da parte delle autorità cinesi di treasuries, attraverso i dollari generati dai trade- surplus mensili.

Terminati i flussi in vendita di treasuries, l’euro-dollaro ha smesso di indebolirsi continuando però ad inanellare una serie di sedute laterali prolungata al di sotto di 1,4000. Le case finanziarie hanno attualmente dei target- prices di euro- dollaro molto dicotomici tra loro a testimonianza della confusione e della crisi ideologica che anima gli FXstrategists. A contribuire a questo environment fatto di scarsa visibilità e di confusione teorica sono state anche le dichiarazioni del leggendario Jim Rogers, il quale, a compendio del dibattito sul biglietto verde in corso, ha dichiarato di prevedere una crisi valutaria entro i prossimi 2 anni. Secondo Rogers nel mondo sono in circolazione molte “divise difettate”.

Sull’euro- dollaro si continua a monitorare la media-mobile a 50- giorni in ascesa questa settimana a 1,3891. Sulla parte alta non vi sono supporti nitidi degni di nota se non la trendline di lungo termine dai massimi storici discendente e di tipo dinamico. In chiave intra-currency il trend dell’euro – sterlina e quello dello sterlina-dollaro, essendo discordanti non riescono a favorire più di tanto la direzionalità dell’euro-dollaro. In settimana a subire il movimento più interessante sotto il profilo grafico è stato l’euro-yen che ha confermato la violazione al ribasso della trendline rialzista formatasi da inizio anno bucandola e cadendo fino a 127,03, livello da cui poi sono partite le ricoperture. La violazione della trendline rialzista apre le porte ad una maggiore congestione grafica del trend.

La rassegna macro in agenda nell’ultima settimana ha evidenziato un PIL in caduta nella Zona Euro nel primo trimestre del 4,9% y/y dopo il -1,7% y/y del Q4 ’08. Trattasi del peggior dato mai registrato da quando è stata introdotta la rilevazione statistica. Nel corso dell’ottava il FMI ha aggiornato le proprie stime di crescita mondiali.
Nell’ultima settimana la curva dei rendimenti tedesca ha shiftato verso il basso, l’ italiana ha invece finito per registrare uno steepening. Il titolo a 2-anni tedesco rende l’ 1,20%, il 10-anni il 3,26% e il 30-anni il 4,07%.

In Italia invece i rendimenti offerti dai titoli governativi pari scadenza si sono attestati rispettivamente all’ 1,75%, al 4,45% e al 5,39%. Lo spread BTP/BUND si è allargato fino a quota 119 punti base. Il contratto-future sul BUND ha archiviato gli scambi a quota 122,32 punti, in rialzo di 75 centesimi, dopo essersi spinto fino a un massimo di 122,49 punti, una cosa che non accadeva da due mesi a questa parte, in un contesto in cui l’avversione al rischio ha finito per risalire la china con lo spread del CROSSOVER a 5-anni nella Zona Euro arrampicatosi a quota 774 punti base, dopo aver registrato un massimo intra-week a 787 punti, un livello che non si registrava dal lontano 19 maggio.

L’economia mondiale sta iniziando a uscire da una recessione senza precedenti nell’era post Seconda Guerra Mondiale, ma il processo di stabilizzazione non è uniforme e si prevede una ripresa debole. Alla luce di queste previsioni spese per la Zona Euro è più probabile che il costo del denaro possa scendere se non rimanere invariato all’ 1% che essere ritoccato all’ insù. L’attuale livello potrebbe anche non essere un’area di arrivo per la politica monetaria espansiva della BCE. L’esiguo rendimento offerto dalla carta a 2-anni potrebbe con il tempo spingere gli investitori a privilegiare le parti della curva più lunghe, in questo momento assai appetibili in termini di rendimenti reali e congrui per accollarsi il rischio di una loro detenzione.

Questo potrebbe dettare il passaggio del testimone dallo steepening al flattening. Il mercato obbligazionario europeo ha trovato finora nella recessione e nel pericolo di deflazione un valido alleato nel suo percorso rialzista e negli aiuti dei Governi, nell’ allargamento della base monetaria da parte delle banche centrali (con il conseguente timore di un ritorno all’inflazione nel medio – lungo termine) e nel robusto appesantimento dei conti pubblici i principali elementi di disturbo.

Il mercato dei bonds governativi americani ha confermato la sua voglia di rec upero in un frangente in cui gli addetti ai lavori si sono resi conto ulteriormente di aver anticipato troppo in fretta uno “squeeze” verso l’alto dell’inflazione prospettica. I tassi decennali americani, benchmark in questa fase più che mai, hanno esteso il proprio movimento sul downside, toccando la soglia di 3,30%. I primi supporti giacciono a 3,17%, violati i quali si aprirebbe la strada verso la soglia del 3,00%. Sulla parte alta la prima resistenza si annida a 3,49%. In materia di temi trentennali, essi durante l’ottava hanno brillato, confermando il loro deciso rally avviato in precedenza.

 I rendimenti dei temi a 30 –anni sono calati a 4,20%. I tassi a 2-anni si sono confermati sotto la soglia dell’1%, con la curva che resta ripida, ma un po’ meno rispetto alla settimana precedente.
Per ora però il mercato sta sposando nel complesso un quadro di deflazione temporanea e non duratura. In tal senso data la dicotomia tra valori mensili e valori annui prevista per il PPI ed il CPI di giugno a risultare da discriminante e da moderatore finale sui mercati obbligazionari americani potrebbe essere come al solito il prezzo del petrolio.

                               
                                        MARKET MOVER DELLA SETTIMANA
 
Per quanto riguarda la settimana macroeconomica europea non sarà una sette giorni ricca di dati dove dobbiamo segnalare solo Martedi 14 Luglio la pubblicazione dell’ indice Zew tedesco , poi a seguire Mercoledi 15 la pubblicazione del Cpi a/a ed infine in Gb la pubblicazione della variazione dei numeri dei disoccupati.
Spostandoci Oltreoceano la settimana si preannuncia scarna di appuntamenti macro. Tra i dati piu’ attesi ci  sono quello sull’inflazione, che sara’ pubblicato mercoledi’, e alcuni sul settore immobiliare, previsti per venerdi’. Sul fronte corporate, il big dell’alluminio Alcoa, che come sempre inaugura la stagione dei conti del periodo marzo-giugno, ha si’ fatto registrare un risultato migliore delle previsioni, ma ha comunque chiuso il periodo in rosso e oggi il gruppo petrolifero Chevron ha lanciato un allarme utili, a causa del calo del prezzo del greggio, pari quasi alla meta’ di quanto quotava nello stesso periodo di 12 mesi fa. Intanto, gli occhi sono rivolti in particolare ai conti di altri colossi internazionali: giovedi’ sara’ la volta della finlandese Nokia, in grado di dare indicazioni su tutto il mercato della telefonia cellulare e sulla componentistica del settore, e venerdi’ del conglomerato Usa General Electric.
Per quanto riguarda il quadro macroeconomico nipponico dobbiamo segnalare una settimana ricca di appuntamenti dove si comincerà lunedi con la pubblicazione della produzione industriale e la fiducia delle famiglie per poi proseguire mercoledi con la riunione della BoJ per l’annuncio dei tassi che prevedo stabili allo 0,1%, poi giovedi sarà la volta della pubblicazione dell’ indice del settore terzario ed infine si finirà Vnerdi con la pubblicazione dell’ indice anticipatore (dato finale).

 

Per suggerimenti e chiarimenti scrivete a [email protected]

 

14/07/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno