NEWS

Report settimanale sui mercati finanziari

Il mercato ormai ci crede ma io no! Non si tratta, più, ormai, di essere ottimisti o pessimisti sull’economia e la borsa. Perché, a meno che non si voglia ideologizzare le tendenze dell’animo umano, occorre semplicemente recuperare un po’ di sano realismo. O un briciolo di raziocinio che suggerirebbe cautela sulle borse:poiché hanno corso più di quanto consentirebbe la prospettiva di una buona ripresa economica a inizio autunno. E se poi questa ripresa dovesse rivelarsi anemica o comunque più lenta di quelle viste nelle precedenti recessioni e se i suoi tempi dovessero spostarsi più in la di qualche mese, i mercati azionari apparirebbero sopravvalutati. In ogni caso stanno scontando il più ottimistico scenario macroeconomico e utili aziendali che, al momento, non sono immaginabili. Continuano a prender corpo voci di uno storno sui mercati internazionali innescato ancora una volta dal comparto bancario. A me le “voci” non piacciono, son sempre servite per incanalare il mercato, se qualcosa deve succedere che accada, ma non deve essere “a scadenza”. Nelle drammatiche giornate di febbraio e soprattutto di inizio marzo le previsioni erano che il mercato sarebbe sprofondato ulteriormente anche nel trimestre in corso, ed invece eccoci con un +60% rispetto ai minimi. Qualcuno ha comprato ad inizio marzo? Certamente sì! Vediamo di captare i segnali “reali” che il mercato ci invia, e non le “voci”. India e Cina continuano a crescere, non così la Corea (e la cosa sarebbe preoccupante), ma i problemi di carattere politico, per gli esperimenti missilistici nordcoreani, giustificano la prudenza. Se escludiamo un insignificante -0,15% del Dow Jones che fa segnare un ribasso da inizio anno, anche questo sembra confortante. Negli Stati Uniti gli ultimissimi dati sul versante occupazione (che a nostro avviso sono il vero “market driver”) sembrano più confortanti. Quindi? Noi riteniamo che saranno le prossime trimestrali a dare un forte segnale al mercato, naturalmente nel bene o nel male, manca ancora un mese. Mettersi un casco serve per proteggersi, fasciarsi la testa prima di rompersela, invece, non è di alcuna utilità.
Nell’ ultima ottava abbiamo assistito ad una sette giorni di acquisti e nonostante la sensazione generale è che il tunnel della crisi stia per finire, la forza del mercato si sta esaurendo e il rally sembra essere dietro l’angolo. A livello europeo la piazza migliore è stata Francoforte con il DAX30 che ha fatto segnare una performance positiva del 2,76%, seguita dall’ indice francese, il CAC40 (+1,87%) ed infine dall’ indice inglese il FTSE100 (+0,47%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore auto (+8,19%), seguito dal settore delle risorse di base (+5,22%) ed infine da quello assicurativo (+4,01%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore  delle tlc (-2,08%) seguito dal settore delle utilities (-1,52%) ed infine da quello dei media (-1,00%). Fra i principali titoli protagonisti assoluti Infineon (+15,54%), Renault (+13,67%) ed Axa (+12,67%)

Piazza Affari chiude la settimana con il primo rialzo dello Ftse/Mib (+1,44%), indice che ha sostituito l’ indice S&P/Mib. Lo scorso 30 aprile, con il nostro indice principale a 19.177 punti, a proposito del recupero delle Borse, scrivevo “Quanto possa durare, naturalmente nessuno lo sa, anche se, a mio avviso, non dovrebbe essere lontano (forse intorno ai 20.000 punti) un ritracciamento più significativo, o perlomeno un periodo laterale di una certa durata”. Raggiunti i 20.000 punti nella seduta del 6 maggio ci ritroviamo , ad un mese di distanza, sugli stessi livelli. E’ vero che occorre tener conto della distribuzione dei dividendi che ha pesato per oltre 400 punti, è anche indubbio, però, che i mercati internazionali non hanno, in questo momento, la forza propulsiva di alcune settimane fa. Occorre valutare con attenzione anche le motivazioni che stanno alla base dell’accelerazione dei prezzi petroliferi. Se fossero esclusivamente economiche ci sarebbe di che festeggiare, il fatto è che la crescita ci sembra troppo repentina per non far pensare anche a motivi speculativi ed, in questo caso, dovremmo preoccuparci. Si naviga a vista, quindi attenti a tutto ciò che può segnalare un pericolo. Fra i titoli maggiori si mettono in evidenza Mediolanum (+11,71% unico titolo del listino principale a far registrare un rialzo a doppia cifra, Mediolanum ha capitalizzato al meglio la rinnovata fiducia sui mercati azionari Il titolo vale praticamente il doppio di tre mesi fa, ma io vorrei raffreddare un po’ gli entusiasmi, ogni ritracciamento dei corsi borsistici potrebbe essere pagato a duro prezzo dal titolo guidato da Ennio Doris), FonSai (+8,53% ottima settimana per la Compagnia guidata da Fausto Marchionni che ritrova anche il segno più nel bilancio dell’anno in corso. Ricordiamo sempre i 70 centesimi distribuiti come dividendo, il titolo sarebbe oggi vicinissimo ai massimi dell’anno sopra quota 13 euro. Restiamo comunque ottimisti sul titolo che, nonostante qualche avventura estera non proprio fortunata, ha basi solide e, non dimentichiamolo, due anni fa valeva 40 euro) ed infine Buzzi Unicem (+7,65% attendevamo il titolo ad un rimbalzo dopo la brutta performance della scorsa settimana dovuta ad una trimestrale francamente deludente. I nostri timori, però, non si sono del tutto dissolti dopo la “famosa” giornata del 13 maggio, in quella data infatti le quotazioni si sono distribuite in un range impressionante (23,94%, da 12,89 a 10,40 euro) con volumi più che anomali (oltre 5,2 milioni di pezzi). In quest’ultima settimana è arrivato anche un downgrade da Goldman Sachs per cui occorre essere prudenti. Non sono però pessimista). In rosso, invece, questa settimana, Banco Popolare (-6,25% dopo il grande recupero culminato con la seduta dell’11 maggio un mese di ribassi, e non sembra sia finita. Il Banco in questo periodo è l’emblema delle preoccupazioni di un comparto costantemente in bilico tra la fiducia nella ripresa e i timori di una nuova crisi.), Telecom Italia (-5,08% delusione per la settimana dell’ex monopolista, tornato sopra quota 1 euro sembrava potesse cominciare un periodo positivo per il titolo che invece dopo un primo giorno in crescita ha inanellato quattro ribassi consecutivi ed in tutte quattro le occasioni il prezzo di chiusura è stato inferiore a quello di apertura, brutto segno. I volumi sono sempre stati contenuti, per questo proviamo ancora a mantenere in essere l’investimento, anche se monitoriamo attentamente la situazione ) ed Unipol (-3,87% altra delusione per gli investitori. Ormai è da un mese che Unipol non trova pace, nelle ultime 20 sedute per ben 15 volte il prezzo di chiusura è stato inferiore a quello di apertura, gli investitori si stanno allontanando dal titolo. Abbiamo continuato a dare fiducia alla Compagnia emiliana, ma forse ci troveremo costretti a chiudere l’operazione nonostante la perdita).
Wall Street chiude l’ ottava in denaro grazie al fine settimana che ha evidenziato un importante segnale dal fronte macroeconomico. In maggio, infatti,  l’emorragia di posti di lavoro si e’ ridotta in misura considerevole rispetto al trend degli ultimi mesi. Secondo i dati del
governo, nel mese sono andati persi 345mila impieghi ben meno dei 539mila persi in aprile e dei 520mila attesi dagli analisti. Sebbene il tasso di disoccupazione, calcolato in base a un’indagine diversa che viene svolta tra le famiglie anziche’ tra le aziende come avviene per il dato relativo agli impieghi, sia salito nel mese al 9,4% dall’8,9% del mese precedente, nondimeno la reazione di Wall Street e’ stata positiva. Infatti, l’indice S&P500 ha chiuso con un rialzo dello 2,3%, mentre il Nasdaq e il DJIA hanno fatto segnare rispettivamente un misero +4,23% e +3,09%. In quest’ ultima settimana abbiamo assistito al rimbalzo del settore delle perforazioni petrolifere (+11,85) dei macchinari per l’healt care (+10,00%), degli specialty stores (+9,60%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore della pubblicità (-4,67%) e dei broker assicurativi (-0,72%).
Settimana all’ insegna del denaro per il Nikkei225 (+2,58%) che ormai è prossimo alla rottura dei 10000 punti (9768,01) spinta al rialzo dai titoli hi tech e finanziari.
Settimana positiva per il comparto delle commodities complice la debolezza del dollaro Forti rialzi per il petrolio (+4,23%) che è volato ai massimi sostenuto da una combinazione di fattori, fra cui la debolezza del dollaro e il ritorno dell’ottimismo tra gli investitori, l’alluminio (+9,38%), nickel (+4,63%) e cacao (+4,60%). In questa settimana abbiamo assistito ai rintracciamenti per  l’ argento (-3,1%), l’oro (-2,2%) mentre hanno continuato a sovraperformare il platino (+3,4%) e soprattutto il palladio (+8,4%)

Durante l’ottava il mercato dei cambi ha vissuto più fasi, prolungando prima le sue tendenze anti- dollariste mostrate nelle settimane precedenti, per poi prendere una piega decisamente favorevole al dollaro allorquando si è assistito nel finale di settimana al rally dei tassi biennali a stelle e strisce. L’FX-market nell’era moderna è stato un sistema dollarocentrico. La svalutazione della divisa americana che ha finito per coincidere con il credit-crunch, induce molti FXstrategists a mettere in dubbio la bontà della valuta a stelle e strisce.
L’eurodollaro dal canto suo ha subito un rally fino a 1,4339, sfiorando il primo top che fungeva da resistenza a 1,4362. Un superamento di quest’area grafica proporrebbe come nuovo massimo da agguantare quello di 1,4719, disegnato in velocità a seguito dello scandalo- Madoff. Sulla parte bassa non vi sono supporti nell’immediato se non quello dove passa la media-mobile a 20-giorni a 1,3893. Da valutare in caso di discesa da questo livello il comportamento del price –action tra 1,3720 e 1,3750, dove l’euro- dollaro aveva più volte arrestato la sua ascesa nel recente passato. In chiave intracurrency la recente ascesa dell’euro- dollaro è coincisa con il deciso rally del cable, con il cedimento verso il basso dell’euro- sterlina. L’euro-sterlina dal canto suo aveva violato al ribasso la media-mobile a 200-giorni alzatasi a 0,8710. Le sorti del pound però sono mutate all’improvviso allorquando sul campo valutario sono circolati rumours ovviamente non confermabili di dimissioni da parte di Gordon Brown, capo del governo inglese. La notizia ha inferto un duro colpo al pound, consentendo all’euro- sterlina con un colpo di reni di rispettare la tenuta della media-mobile a 200-giorni a 0,8710, punto da cui poi il cambio è rimbalzato, per ritornare a 0,87800. La media-mobile a 200- giorni era stata temporaneamente violata al ribasso intra- day durante l’ottava, ma in molti casi gli FX- traders valutano le chiusure settimanali per definire violati certi livelli nevralgici. In materia di euro- yen, il cross nelle ultime sedute ha confermato alla stessa stregua dell’euro- dollaro la rottura della media-mobile a 200- giorni inanellando una serie di giornate molto rialziste, che lo hanno spinto fino a 139,22, anche al di sopra del massimo del 2009 a 137,66. La divisa nipponica appare vulnerabile ed a questo punto il primo target sulla parte alta si pone a 140,00. Sul downside non vi sono supporti vicini.

Sul mercato obbligazionario, questa settimana, la BCE nel meeting di politica monetaria del 4 giugno ha lasciato invariato il costo del denaro all’ 1%, il tasso sui depositi allo 0,25% e anche quello marginale all’ 1,75%. Una decisione peraltro ampiamente attesa dal mercato. Con i tassi d’interesse all’ 1%, il costo del denaro in Eurolandia è al minimo storico da quando la BCE ha cominciato a gestire la politica monetaria (1999). Il differenziale tra il costo del denaro negli Stati Uniti e quello nell’Eurozona rimane attestato sull’ 1%, tenuto conto che la Fed ha praticamente azzerato il tasso sul Fed Funds, fissando un range compreso tra lo 0 e lo 0,25%. Per la BCE l’attuale livello dei tassi è sì un livello “appropriato” ma potrebbe non coincidere con un’area di arrivo.
Il contratto-future sul decennale ha archiviato la settimana a quota 117,66 punti, in calo deciso. Il ripiegamento delle quotazioni è stato dettato dal minore grado di avversione al rischio da parte degli investitori che si è tradotto in un restringimento degli spread sul mercato dei CDS e in un trend rialzista dell’azionario europeo. Il rendimento del BUND si è attestato al 3,72% con potenzialità di allungo fino all’area del 3,75%. Il mercato obbligazionario ha trovato finora nella recessione mondiale e nel pericolo di “deflazione” un valido alleato nel suo percorso rialzista e nell’ allargamento della base monetaria delle banche centrali con il conseguente timore di un ritorno all’inflazione nel medio – lungo termine e di un robusto appesantimento dei conti pubblici i principali elementi di disturbo. In massiccio rally i tassi a 2-anni, con i biennali non più affidabili come in passato a seguito del movimento di flattening e detenibili soltanto in chiave di fund-management e non più di trading.
Anche durante la settimana scorsa i treasuries, nonostante gli interventi ripetuti in acquisto della Federal Reserve, hanno continuato a cedere sul downside. Il fulcro del mercato ruota attorno ai tassi decennali governativi americani, che partiti da 3,55% sono risaliti fino quasi a sfiorare la tanto chiacchierata soglia di 3,80% che potrebbe costituire un primo punto di arrivo del trend ascensionale dei rendimenti. Una violazione al rialzo di suddetto punto proietterebbe i rendimenti decennali americani nell’area grafica compresa tra la soglia psicologica del 4,00% ed il livello di 4,19%, punto dove passa la media-mobile a 200- settimane. Sul downside si guarda all’area di 3,50%-3,55%. Appare quasi del tutto palese che a vendere i titoli di stato americani, o a non comprarli più, siano i long-term players.
Secondo Goldman Sachs il Tesoro americano durante il 2009 potrebbe emettere un totale complessivo di nuovi treasuries di 3,25 trillioni di dollari. Si tratta di un numero per certi versi vertiginoso, anche perché dovrebbe riversarsi sul mercato in pochissimo tempo. Il reshuffling a Downing-Street rappresenta un newsflow che si aggiunge e si affianca a quello del taglio di outlook del sovereign- rating inglese ad opera di Standard & Poor’s. I bonds americani sono molto correlati a quelli inglesi anche perché si tratta di due nazioni dalle stesse caratteristiche qualitative sotto il profilo economico e con le stesse problematiche, differenti soltanto a livello dimensionale. I riflettori questa settimana sono puntati sul price-action dei temi decennali a ridosso dell’area nevralgica di 3,80%. L’idea che nel prossimo futuro anche i tassi a 2-anni possano mostrarsi in strutturale rialzo con vendite sui biennali governativi USA si fa più nitida. La violazione rialzista della soglia di 1,00% di rendimento rappresenta un segnale chiave ed imprescindibile in tal senso. In settimana lo spread di tasso 2-10 anni ha segnato il livello record di 2,76%, punto da cui è iniziata una violenta discesa di suddetto spread. Forse saranno necessari dati di ripresa reale e non da raffronto statistico per dare supporto temporale al movimento di flattening.

 

                     MARKET MOVER DELLA SETTIMANA
 
Per quanto riguarda la settimana macroeconomica europea sarà una sette giorni scarna di dati. Da segnalare solo Mercoledì 10 Giugno in Germania la pubblicazione dell’ IPCA a/a dato finale, in Italia la pubblicazione del Pil a/a (dato finale) ed infine Venerdi 12 Giugno la pubblicazione della produzione industriale m/m.
Spostandoci Oltreoceano questa settimana porterà un’importante conferma proprio su questo fronte con la pubblicazione  giovedi’ del dato sulle vendite al dettaglio relative al mese di maggio. In precedenza, martedi’ il governo pubblichera’ il dato di aprile sul commercio all’ingrosso mentre mercoledi’ sara’ il turno delle richieste di nuovi mutui e soprattutto del Beige Book, cioe’ del rapporto sullo stato di salute dei principali distretti economici pubblicato ogni sei settimane circa dalla Fed. Giovedi’, oltre alle spese al dettaglio, verranno resi note le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione e le scorte aziendali di aprile. Venerdi’ infine concludera’ il calendario il dato di maggio sui prezzi sulle importazioni e il dato di inizio giugno della fiducia dei consumatori misurata dall’universita’ del Michigan.
Per quanto riguarda il quadro macroeconomico nipponico non dobbiamo segnalare appuntamenti degni di nota.

Per suggerimenti e chiarimenti scrivete a [email protected]

 

08/06/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno