NEWS

Report settimanale sui mercati finanziari

E’ qui la festa? Nell’ ultima ottava abbiamo assistito all’ ennesima sette giorni di euforia per tutti gli indici mondiali, nessuno escluso, pronti a sfatare il tabù “ sell in may and go away” , ossia vendi a maggio e scappa via. Sull’ onda dei risultati degli stress test sulle banche americane, che hanno indicato gli istituti ancora in difficoltà ( BofA, Wells Fargo e Citigroup) distinguendoli da quelli più virtuosi (Goldman Sachs e Jp Morgan), i dati macro confortanti provenienti da Oltreoceano (in aprile infatti sono stati persi 539mila impieghi, ben al di sotto delle attese (610mila) e il crollo della volatilità, con l’indice Vix che è sceso dai massimi di 50 (valore superiore al 48-49 registrato in occasione della crisi del ’98) ai livelli odierni di 31,5 sembra che l’operazione sia riuscita e superato a pieni volti lo scoglio bancario, i mercati possono ora tornare a concentrarsi sull’ andamento dell’ economia.
A livello europeo la piazza migliore è stata Londra con il FTSE100 che ha fatto segnare una performance positiva del 5,16%, seguita dall’ indice francese, il CAC40 (+4,83%) ed infine dall’ indice inglese il FTSE100 (+3,83%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore delle risorse di base (+12,02%), seguito dal settore bancario (+10,08% dovuto all’ effetto stress test) ed infine da quello assicurativo (+7,62%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore  hi tech (-1,34%) seguito dal settore dell’ healt care (-0,68%) ed infine da quello delle tlc (-0,34%). Fra i principali titoli protagonisti assoluti Aegon NV (+24,92%), Legal&General (+22,56%) e Commerzbank (+21,51%) mentre in lettera  Adidas (-13,66%), Porsche (-13,50%) e Deutsche Telekom (-11,00%).
Piazza Affari chiude la settimana con il nono rialzo consecutivo dello S&P/Mib (+6,95%) e risultando ancora una volta il miglior indice paneuropeo. Consolida la posizione il nostro indice che è ritornato in positivo (non accadeva dallo scorso 12 gennaio) e nemmeno a dirlo determinante per il raggiungimento di questo risultato è stato il comparto bancario che continua a sovraperformare rispetto al resto d’ Europa.
Fra i titoli maggiori si mettono in evidenza Banco Popolare (+36,98% vedi report di fine marzo dove avevo suggerito di investire su questo titolo capitanato da Saviotti, da me definito il nuovo Marchionne. Ha contributo a questo rialzo l’ ok della Banca d’ Italia per il lancio dell’ Opa totalitaria del Banco su Banca Italease che cosi non farà più danni), Bpm (+17,05% continua il poderoso recupero dopo l’elezione di Ponzellini e la rottura psicologica dei 5 euro accanto all’ aumento dei volumi testimonierebbe la volontà di crescere ulteriormente e l’ obiettivo a questo punto diventerebbe quello dei 6 euro ) ed infine Unicredit (+15,57% si chiude in questo modo la triade. Torniamo per un momento con la memoria esattamente a due mesi fa, è il 9 marzo, un lunedì, la quasi totalità dei titoli che compongono il nostro listino principale chiude con una flessione facendo segnare il minimo assoluto, non così per Unicredito che termina con un +1,45%, ma dopo che in intraday aveva toccato quota 0,6665, il valore più basso della sua storia. Chi avrebbe detto che proprio quel recupero nel pomeriggio del 9 marzo sarebbe stato il segnale dell’inizio della riscossa? Certamente in pochi. Di ben altro spessore il segnale arrivato alcuni giorni dopo, siamo al 18 marzo e Unicredito chiude le contrattazioni con un rialzo del 19,05%, dopo aver scambiato più di 500 milioni di azioni nella giornata, e soprattutto il giorno seguente non solo non si assiste a prese di beneficio (+6,24%), ma vengono scambiati ancora più di 500 milioni di pezzi. Un miliardo di azioni che passano di mano in due giorni, ecco la svolta.). In rosso, invece, questa settimana, A2A (-3,67% settimana fiacca dove in tutta l’ottava il prezzo di chiusura è stato inferiore a quello di apertura, chiaro segnale di debolezza), Ansaldo STS (-3,06% in relazione alla pessima giornata di giovedì dopo aver presentato i conti che a me non sono dispiaciuti affatto. Non dimentichiamo che la società del gruppo Finmeccanica, quotata dal 2007 ha fatto registrare il 5 Maggio il massimo storico a 12,29 euro e ciò potrebbe coincedere anche con delle prese di beneficio da parte degli investitori) e Telecom (-2,39% è la vera delusione di questa prima parte del 2009. Paradossalmente lo stacco della cedola, il 20 aprile scorso, ha tolto smalto al titolo che ha continuato a veleggiare su quotazioni inferiori all’euro. Non è il comparto che avrebbe potuto maggiormente beneficiare della ripresa in atto, ma onestamente ci attendavamo di più. A mio avviso il mercato però sta un po’ sottovalutando l’azienda guidata da Bernabè, che io nel medio termine intorno a quota 1,40 euro).

Wall Street chiude l’ ottava in denaro. Gia’ reduce da un mese, quello di aprile, semplicemente strepitoso, Wall Street sembra voler continuare nel suo passo di marcia anche in questo scorcio di maggio. La seduca di venerdi del resto ha portato importanti notizie ai mercati: le principali banche del paese godono di uno stato di salute relativamente buono anche se la convalescenza non puo’ essere considerata terminata. L’invito a migliorare la propria situazione patrimoniale rivolto dalla Fed e dal Tesoro a 10 dei principali 19 istituti del paese in modo da essere pronti a reagire a un eventuale ulteriore deterioramento della congiuntura rappresenta il punto finale di un processo di valutazione che mirava a riportare la fiducia tra gli azionisti riguardo al comparto finanziario. E a giudicare dalla reazione riservata dai mercati alle banche che hanno annunciato aumenti di capitale (da Bank of America a Morgan Stanley a Wells Fargo) sembra che l’operazione, almeno per il momento, sia riuscita appieno. Infatti, l’indice S&P500 ha chiuso con un rialzo dello 5,90%, mentre il Nasdaq e il DJIA hanno fatto segnare rispettivamente un +1,15% e +4,41%. In quest’ ultima settimana abbiamo assistito al rimbalzo delle banche regionali (+37,50%), del settore assicurativo (+37,13%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore del software (-4,89%), dei semiconduttori (-4,09%) ed infine alimentare (-3,08%).
Settimana all’ insegna del denaro per il Nikkei225 (+5,07%) strappando decisamente al rialzo dopo la rottura della resistenza posta a 9000 punti (la chiusura di venerdi segnava 9432,83) e  puntando con decisione quella fatidica posta a 10000 punti.
A livello settoriale rimbalzano tutti i settori ma in modo particolare quello finanziario (Mizuho Financial, +18,84%, Sumitomo, 16,91%,) e dell’ hi tech (Hitachi, 13,04% e Sony, 6,04%).
Settimana positiva per il comparto delle commodities. Forti rialzi per lo stagno (+12,04%), il piombo (+10%) ed infine per lo zinco (+9%). In questa settimana nonostante lo strappo al rialzo dei mercati azionari rialzi consistenti anche per  il palladio (+11,6%) e l’argento (+7,1%) mentre l’oro (+1,6%) è risultato poco mosso.

Nel meeting di politica monetaria del 7 maggio il consiglio direttivo della BCE ha deciso con voto unanime di tagliare il costo del denaro di un quarto di punto, dall’1,25% all’ 1,00%, portandolo così al nuovo minimo storico. Una decisione ampiamente scontata dal mercato considerando il difficile quadro macroeconomico. Nella conferenza post-meeting il numero uno della BCE ha dichiarato che l’attuale livello dei tassi potrebbe non rappresentare il punto minimo lasciando quindi aperte le porte per un nuovo intervento di politica monetaria espansiva. Dal meeting doveva arrivare anche una risposta europea al problema degli asset tossici, che gli USA e la Gran Bretagna stanno affrontando con l’acquisto diretto di obbligazioni da parte delle rispettive banche centrali. Il risultato è stato l’allungamento dei prestiti di rifinanziamento a lungo termine concessi alle banche dalla BCE, dagli attuali sei mesi a un anno, l’ acquisto di covered bonds per un ammontare complessivo di 60 Bln €. Il contratto-future sul decennale si è attestato nel finale a quota 120,31 punti, in flessione di oltre due figure.
Graficamente parlando un livello di supporto potrebbe essere rappresentato dal minimo dell’ultimo periodo (120,11 punti) aggiornato peraltro nel corso dell’ultima settimana e in seconda battuta dalla media mobile a 200-giorni (119,87 punti) mentre la prima resistenza coinciderebbe con la media mobile a 50-giorni (123,21 punti). La curva dei rendimenti ha finito per recuperare terreno registrando un movimento di steepening. Il titolo a 2 -anni si è attestato in area 1,30% (-2 bp), il 5-anni al 2,5 2% (+18 bp) e il 10-anni al 3,45% (+28 bp) violando così la parte alta di un canale discendente, ampio una quarantina di centesimi, all’interno del quale ha finito per muoversi negli ultimi sei mesi. Qualora il trend ribassista dovesse proseguire una prossima area di test potrebbe essere rappresentata dal 3,47% corrispondente alla media mobile a 200-giorni. Nel corso dell’ultima settimana il price-action è stato spinto verso il basso dal più che incoraggiante esito degli stress test alle 19 maggiori istituzioni finanziarie statunitensi che ha finito per dare slancio ai listini azionari. Il mercato obbligazionario ha trovato finora nella recessione mondiale e nel pericolo di “deflazione” un valido alleato nel suo percorso rialzista e nell’ attivismo delle banche centrali (allargamento della base monetaria) con il conseguente timore di un ritorno all’inflazione nel medio – lungo termine e di un robusto appesantimento dei conti pubblici i principali elementi di disturbo.
Il difficile momento dei treasuries americani è continuato anche durante l’ultima ottava, con le vendite che si sono susseguite fino a venerdì, giorno in cui a seguito del comunque negativo dato dei non-farm-payrolls, sono partite le ricoperture in acquisto. I tassi d’interesse americani a 10-anni hanno chiuso l’ottava in caduta, con i rendimenti saliti di circa 10 basis points a 3,25%. I titoli trentennali americani sono durante l’ottava risultati in caduta decisa con i rendimenti a 30-anni in rialzo di quasi 20 basis points a 4,22%. La parte che ha tenuto meglio e che per natura tende comunque ad outperformare quando i bonds cadono è quella a 2-anni. I tassi d’interesse su questo fronte restano comunque compressi al di sotto della soglia dell’1,00%, in un frangente comunque difficile per l’economia. confermare la loro debolezza o riprendere vigore, con la classe comunque destinata a soffrire in questa fase.

Sul mercato dei cambi, superata la saliente data del 7 maggio, sembra acquisire almeno a prima vista un volto velatamente pro-ciclico. La BCE ha tagliato il costo del denaro europeo di 25 basis points a 1,00%, non optando per il “quantitative-easing”.
Per ora la divisa europea resta lievemente favorita in ottica teorica. Euro a parte sotto il profilo generalista si può affermare per ora che i livelli grafici conquistati dai cross valutari lasciano pensare che il mercato dei cambi voglia comunque posizionarsi in modo pro-ciclico, penalizzando le divise anti-cicliche (yen, dollaro e franco-svizzero) e favorire le divise periferico-emergenti. Il cross da guardare in tal senso è l’euro-yen: dopo essere stato in flirt con la media-mobile a 200-giorni discesa a 132,44, l’euro-yen sembra aver rotto tale livello, rottura questa confermata da una chiusura settimanale. Un superamento della media-mobile a 200-giorni potrebbe creare uno scenario grafico rialzista con primo target a 137,41, per poi direttamente guardare alla soglia psicologica di 150,00. Sul downside il supporto è a 132,44. L’euro-dollaro dal canto suo è ripartito verso l’alto, violando la media-mobile a 200- giorni a 1,3448. Più di qualcuno potrebbe essersi allungato di euro alla rottura di questo livello grafico se il price-action ne offra la possibilità. Sul downside i livelli di supporto sono piuttosto poco significativi. L’unico punto peraltro statico da tenere in considerazione è quello di Fibonacci a 1,3056, pari al 61,8% del range tra minimo e massimo storico disegnato dal cambio, rotto il quale si riaffaccerebbero le pressioni dollarista.
Per quanto riguarda il pound i giochi si sono un po’ incartati. Il pound è percepito come divisa ciclica alla stessa stregua dell’euro. Una risoluzione del credit-crunch dovrebbe favorire la divisa inglese però rispetto alla divisa europea.
Sotto il profilo concettuale però il fatto che la Bank of England abbia adottato il “quantitative-easing”, espandendo la base monetaria per comprare i gilts inglesi rende la banca centrale inglese e la sua divisa meno credibile e dunque più inaffidabile. La Bank of England, lasciando invariati i tassi a 0,50%, ha però intensificato le manovre espansive di stimolo di tipo non-convenzionali.
Tecnicamente l’euro-sterlina ha fintato la rottura della prima trendline dinamica di supporto a 0,8870-0,8880, per chiudere a 0,8920. Le resistenze sono lontane e passano tra 0,9066 e 0,9097. Sul downside si continua a monitorare la trendline ascendente anche se secondo molti graficisti soltanto la rottura al ribasso della media-mobile a 200-giorni a 0,8622 potrebbe decretare la fine del trend rialzista di lungo-termine.

                           MARKET MOVER DELLA SETTIMANA
 
Per quanto riguarda la settimana macroeconomica europea sarà una sette giorni scarna di dati. Da segnalare solo Martedì 12 in Germania la pubblicazione dell’ IPCA relativo al mese di aprile, poi Mercoledì 13 la pubblicazione della produzione industriale relativa al mese di marzo, ed infine Venerdi 15 la pubblicazione del Pil (stima flash relativo al primo trimestre) e l’indice dei prezzi al consumo a/a relativo al mese di aprile.
Spostandoci Oltreoceano la settimana si preannuncia ricca di appuntamenti che portera’ nuove importanti informazioni dal fronte macro. Si iniziera’ martedi’ 12 con il deficit della bilancia commerciale relativo a marzo mentre mercoledi’ 13 sara’ il turno delle richieste di nuovi mutui nell’ultima settimana, dei prezzi alle importazioni e delle vendite al dettaglio, entrambi relativi ad aprile, e delle scorte all’ingrosso (marzo). Giovedi’ invece il dipartimento del Lavoro pubblichera’ il consueto dato sulle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione seguito dal dato di aprile dei prezzi alla produzione. Venerdi’ infine gran finale con i prezzi al consumo e la produzione industriale di aprile e con l’indice Empire della Fed di New York e la fiducia dei consumatori relativa a maggio.
Per quanto riguarda il quadro macroeconomico nipponico non dobbiamo segnalare appuntamenti degni di nota.
Sul fronte aziendale resteranno sotto la lente di ingrandimento le manovre delle banche per consolidare le proprie posizioni patrimoniali, mentre sul fronte delle trimestrali non sono previsti i risultati di alcuna blue chip dopo il diluvio di bilanci degli ultimi giorni.

Per suggerimenti e chiarimenti scrivete a [email protected]

 

11/05/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno