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Report settimanale sui mercati finanziari

Si rivede la luce. Nell’ ultima ottava abbiamo assistito all’ ennesimo rimbalzo delle borse mondiali complice l’ ottimismo che è ritornato a regnare tra gli operatori finanziari e le parole degli a.d. dei prinicipali gruppi bancari che sottolineano che i primi due mesi delle loro aziende siano in utile. Se le borse abbiano davvero toccato il fondo nella seduta del 9 Marzo, lo capiremo solo più avanti. A livello europeo la piazza migliore è stata Parigi con il CAC40 che ha fatto segnare una performance positiva del 3,16%, seguita dall’ indice tedesco, il Dax30 (+2,91%) ed infine dall’ indice inglese il FTSE100 (+2,38%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore assicurativo (+13,19% dove spiccano i rialzi della francese Axa e  Aviva) che hanno beneficiato della spinta di AIG che in una sola settimana ha fatto segnare una performance del 152%, seguita dal settore bancario (+10,46% trascinato al rialzo dai maggiori titoli presenti nello Stoxx50 quali Barclays, Credit Agricole, Societe Generale e Deutsche Bank) ed infine da quello delle utilities (+6,10%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore della distribuzione alimentare (-4,28%) e dei beni di consumo (-2,60%)
Piazza Affari chiude la settimana in grande spolvero con lo S&P/Mib (+8,29%) migliore performance a livello mondiale e miglior rialzo settimanale degli ultimi due anni. Fra i titoli maggiori si mettono in evidenza ancora una volta Unicredit (+33,59% per la pubblicazione dei dati migliori delle attese degli analisti che hanno evidenziato un utile pari a 4 mld e il ricorso ai Tremonti bond per un valore pari a 3 mld che riporterà il Core Tier 1 a livelli di tranquillità), Mediobanca (+13,92% i dati di bilancio risultano ora piu’ puliti per le svalutazione effettuate in Telco/Telecom e Rcs e per il sempre maggiore apporto da parte di Che Banca che, pare, stia ottenendo un grande successo) e di Buzzi Unicem (+13,25% non concordo con Goldman Sachs che vede male il comparto dei cementi e a maggior ragione giunge l’appoggio del Governo italiano, molto apprezzato dall’ Europa, che a breve varerà il piano Casa in modo da incentivare il comparto delle costruzioni). In rosso, invece: Gr. Edit. L’ Espresso (-4,67% nonostante l’ ultimo giorno di contrattazioni sul listino principale abbia fatto segnare un rialzo del 7,06%), Fastweb (-3,92% stesso discorso fatto per l’ Espresso ossia quello che da Lunedì non sarà piu’ presente sul listino principale e dopo l’ Opa lanciata da Swisscom il titolo è stato bersagliato dalle speculazioni che ciclicamente si facevano sentire) e Stm (-3,42% risentendo del profit warning lanciato a Sony Ericsson ma soprattutto per il fatto che nel settore dei microchip i prezzi, oramai, siano in costante discesa e i margini pure). Ricordo, infine, che da lunedì lasceranno il listino principale Fastweb, Gr. Edit. L’ Espresso e Seat Pagine Gialle che lasceraano spazio ad Ansaldo Sts, Cir e Davide Campari.
Wall Street chiude finalmente una seconda settimana con un bilancio da celebrare. Tutti gli indici possono infatti vantare un saldo in sensibile rialzo rispetto a sette giorni fa e soprattutto segnali di ripresa sono arrivati proprio dai grandi malati di questa crisi, i titoli del comparto finanziario. I numerosi interventi delle autorita’ per stabilizzare il comparto con infusioni di capitale stanno dunque iniziando a fermare l’emorragia di questi mesi e un ulteriore aiuto potrebbe venire dalla decisione della Fed di procedere con decisione sulla strada del quantitative easing mediante l’acquisto di Treasuries per 300 miliardi di dollari. La misura, accolta con entusiasmo in un primo tempo, ha poi lasciato adito a timori che in questo modo si possano generare pressioni inflazionistiche nel lungo periodo. Un timore che tuttavia, secondo alcuni analisti, appare eccessivo anche perche’ in questo momento appare piu’ credibile il pericolo inverso, cioe’ quello della deflazione. Infatti, l’indice S&P500 ha chiuso con un rimbalzo del 1,58%, mentre il Nasdaq e il DJIA hanno fatto segnare rispettivamente un +1,80% e +0,58%. In quest’ultima settimana abbiamo assistito al rimbalzone del settore assicurativo,+23,62%,(complice la super performance del colosso americano Aig) della componentistica auto (+23,52%) e dei produttori di carta (+14,98%).
Settimana all’ insegna del denaro per il Nikkei225 (+4,98%) ritornato sopra la soglia dei 7500 punti (7945,96) ed ora punta la resistenza a 8000 punti. Il rimbalzo è avvenuto grazie ai titoli tecnologici e finanziari.

La Banca centrale europea ha ribadito più volte nel corso della settimana di voler ricoprire un ruolo di primo piano nel fronteggiare la crisi assicurando un certo attivismo per correggere gli errori commessi sui mercati finanziari. Molti dei governi della Zona Euro hanno messo in atto politiche di stimolo per rilanciare la congiuntura attraverso consistentiinterventi di spesa pubblica. Ma una minore disciplina sul fronte fiscale potrebbe iniziare a creare più di un problema alla moneta unica. Il numero uno della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet, nel corso della settimana ha affermato che le istituzioni stanno valutando se siano necessarie delle ulteriori misure per far ripartire l’economia, aggiungendo che nessuna decisione è stata presa in merito alla possibilità che, per i tassi d’interesse, l’attuale livello di 1,5% sia il tetto minimo oltre il quale non si può andare. Il cinque marzo scorso la BCE ha tagliato il tasso di riferimento di mezzopunto portandolo dal 2% all’ 1,5%. Per diversi membri del comitato esecutivo della BCE ci sarebbe ancora un po’ di margine per abbassare nuovamente i tassi d’interesse ritenendo però al tempo stesso la soglia minima non molto lontana dal livello attuale. La rassegna macro in agenda nel corso della settimana ha evidenziato un CPI a +1,2% y/ynel mese di febbraio in linea con le attese del mercato, una fiducia economica ancora in territorio negativo e una produzione industriale in grande difficoltà (a gennaio -3,5% m/m e -17,3% y/y). I tassi d’interesse ufficiali sono stati tagliati in modo quasi del tutto definitivo nelle nazioni occidentalizzate. Negli USA come in Giappone vige la cosiddetta“zero-interest-rate-policy”, mentre nel Regno Unito ormai la politica monetaria classica ha perso di significato con il costo del denaro portato allo 0,50%. E sul tema delle misure non convenzionali, come l’acquisto di titoli sul mercato aumentando l’offerta di moneta, come nel caso della Fed, della Banca d’Inghilterra e della Banca del Giappone, la BCE non ha ancora preso nessuna decisione. Il contratto-future sul decennale nell’ ultima settimana, dopo aver avviato le contrattazioni a quota 123,55 punti, ha scambiato nell’intervallo di prezzo 122,11 (livello minimo mai registrato dallo scorso 10 febbraio) –124,71 per poi attestarsi nel finale a 124,60 punti, in rialzo di oltre mezza figura rispetto alla precedente ottava. Dal punto di vista grafico il price-action ha così violato finito per violare verso l’alto la media mobile a50-giorni (124,20). Il titolo a 2-anni si è attestato in area 1,32%, in calo di un centesimo, il 5-anni è sceso di 3centesimi (2,21%), il decennale ha archiviato la settimana al 2,97% (-8 centesimi) mentre il segmento di curva 15-30anni si è attestato tra il 3,76% e il 4,04%, in calo di 5-8 centesimi. Il bond-market per ora è stato drogato dall’azione delle banche centrali, che lo stanno sostenendo in modo palese, alla luce del fatto che i Tesori di tutte le nazioni importanti, devono emettere molta carta governativa pur non essendoci acquirenti a sufficienza. Concettualmente i titoli di stato restano attrattivi in uno scenario recessivo -deflazionistico ma molto rischiosi alla luce della notevole espansione dei debiti pubblici e delle basi-monetarie. Maggior debito pubblico rispetto ad un GDP in caduta implica una maggior rischiosità dei titoli di stato. Una più ampia base-monetaria implica aspettative di svalutazione della divisa sottostante e maggiori aspettative inflazionistiche di lungo-termine. Il valore reale dei titoli di stato certamente di fronte a questa tipologia d’azione diventa discutibile.

Sul mercato dei cambi, la precedente ottava è risultata profondamente anti-dollarista, con l’azione della Federal Reserve che ha fatto svalutare il dollaro. L’anti-dollarismo è stato scatenato dall’azione eclatante della Federal Reserve che ha deciso di espandere la propria base monetaria, sprigionando liquidità nel sistema americano per un controvalore di 1,15 trillioni di dollari. La FED inoltre comprerà 750 miliardi di dollari di mortgage-backed-securities e 100 miliardi di dollari del debito delle Government Sponsored Enterprises (GSE), ovverosia di Fannie Mae e Freddie Mac. La “Rambo-FED”, secondo l’etichetta coniata da Richard Hoey, chief economista di Bank of New York Mellon Corp, ha deciso di seguire le orme della Bank of England e della Bank of Japan. Tutte le banche centrali che hanno finora deciso di utilizzare lo strumento dell’espansione monetaria per risollevare le proprie sorti micro-macro hanno subito una svalutazione della propria divisa nei confronti di quelle dei paesi che non hanno utilizzato questa tipologia d’intervento.
L’euro-dollaro, rotto il punto di Fibonacci di 61,8% a 1,3056, dove passava anche la media-mobile a 100 giorni, si è spinto con violenza in alto, bucando anche la media-mobile a 200-settimane a 1,3370, disegnando un top a 1,3738. La violazione del punto di Fibonacci implica un ritorno quantomeno alla neutralità del cross che potrebbe a questo punto muoversi in modo anti-dollarista fino a quando anche la BCE non deciderà eventualmente di espandere la propria base-monetaria alla stessa stregua delle sue simili. La divisa americana è stata liquidata in modo pesante contro tutte le principali divise di rango, con gli investitori apparsi metaforicamente in fuga dagli assets in dollari a seguito dell’annuncio della pirotecnica espansione di base-monetaria da 1,15 trillioni di dollari. La mossa di Bernanke in effetti è stata grossa ed implica la stampa di moneta americana così da inflazionare il valore del dollaro su scala globale. Se la mossa della FED fosse ipotizzabile come unica la divisa americana potrebbe anche sostare ai livelli attuali, ma se la linea politica di fondo della banca centrale americana fosse quella di portare il bilancio della FED ad espandersi ancora fino a dominare dall’alto la crisi scatenata dagli asset-tossici in circolazione e da “re-flazionare” il battuto housing-market a stelle e strisce, allora ci si dovrebbe immaginare un valore del dollaro molto più ridotto. La FED con questa mossa peraltro, apre forse l’inizio di una battaglia verbale economica sorniona alla Cina, restia a rivalutare lo yuan contro dollaro, che genera numeri alla mano il 57% del trade-deficit USA, circa 20 miliardi di dollari di rosso mensili rubando competitività alle aziende americane. Le autorità gialle potranno anche decidere di non acquistare più i treasuries americani a detta di Wen Jiabao, ma Geithner e Bernanke cercheranno di mettere pressione al dollaro-yuan di tutta risposta.
Il dollaro contro euro ha come target sull’upside ora il punto di 1,3874 dove passa la media-mobile a 200-giorni e come supporto l’area di 1,3370, dove passa la media-mobile a 200-settimane. Le sorti dell’euro in generale sul mercato valutario globale dipendono estremamente dalla possibilità che la BCE, alla stessa stregua delle altre banche centrali, opti per un’espansione della sua base monetaria oppure si limiti da questo punto in poi a continuare a tagliare soltanto i tassi d’interesse. Se anche la BCE dovesse espandere la sua base monetaria acquistando i titoli di stato dei paesi europei allora bisognerebbe temere anche dell’euro. A quel punto lo scontro sull’FX-market si tradurrebbe in una battaglia senza né vincitori e né vinti. I market-movers e le lobbies valutarie globali potrebbero a quel punto aver capito che le uniche alternative ad una situazione simile, qualora essa fosse percepita come perdurante, sarebbero da un lato l’acquisto di yuan cinesi e dall’altro l’acquisto dei metalli preziosi sul commodity market.
In materia di euro, come già detto in precedenza bisognerà capire come Trichet, il governatore della BCE, vorrà muoversi in politica monetaria di tipo non-convenzionale in data 2 aprile. Se anche la BCE dovesse optare per un’espansione della sua base-monetaria con l’acquisto di titoli di stato propri allora la divisa europea ne uscirebbe sconfitta concettualmente e potrebbe ripiegare. Viceversa, in caso di misure monetarie classiche soltanto, la divisa europea potrebbe apprezzarsi. L’euro-sterlina ha chiuso l’ottava a 0,9400 circa apparso triangolato nel finale di settimana. L’euro-yen ha continuato ad apprezzarsi, essendo a ridosso della zona di resistenza di medio-termine a 1,3000-1,3096, violata la quale il giudizio sulla divisa nipponica diverrebbe graficamente negativo.

Settimana positiva anche  per il comparto delle commodities complice il ritorno dell’ ottimismo sulle piazze mondiali e il ritorno della correlazione positiva con l’indice americano S&P. I maggiori rialzi della settimana hanno interessato il brent (+18,12%), il gasolio (+16,20%) e l’olio da riscaldamento (+14,59%) mentre in lettera troviamo solo i suini da macello (-1,16%). Questa settimana dobbiamo segnalare il rimbalzo dei metalli preziosi dove sia l’ oro (+3,5%) che l’ argento (6,4%) hanno registrato performance positive superiori ai tre punti percentuali.

                             

                         MARKET MOVER DELLA SETTIMANA
 
Per quanto riguarda la settimana macroeconomica europea  dobbiamo segnalare pochi appuntamenti degni di nota tra i quali Mercoledì 25 l’ indice IFO tedesco, Giovedì 26 la pubblicazione dell’ aggregato M3 dest. a/a ed infine Venerdi 27 per quanto riguarda l’ Italia il fatturato industriale e gli ordini all’industria mentre in Germania sarà la volta del CPI e dell’ IPCA.
Spostandoci Oltreoceano sarà una settimana ricca di dati macroeconomici dove si inizierà Lunedì 23 con l’indice delle attivita’ manifatturiere dell’area di Chicago seguito dalle vendite di case esistenti, entrambi relativi al mese di febbraio; Martedi’ sara’ il turno dell’indice delle attivita’ manifatturiere dell’area di Richmond e mercoledi’ delle richieste settimanali di mutui oltre che della performance di febbraio degli ordinativi di beni durevoli; giovedi’ il dipartimento del Commercio rendera’ noto il dato finale sulla crescita del pil nel quarto trimestre che dovrebbe riflettere una contrazione di oltre il 6%. Nella stessa giornata verranno pubblicati il dato settimanale delle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione e le vendite di case nuove in febbraio. Infine, venerdi’ gran finale con i dati di febbraio sui redditi personali, le spese per i consumi e con la fiducia dei consumatori misurata dall’ Universita’ del Michigan gia’ relativa al mese di marzo.
Per quanto riguarda il quadro macroeconomico nipponico dobbiamo segnalare pochi appuntamenti degni nota tra i quali spiccano mercoledi 25 la pubblicazione della bilancia commerciale ed infine Venerdi 27 la pubblicazione dell’ indice CPI e le vendite al dettaglio a/a.

Per suggerimenti e chiarimenti scrivete a [email protected]

 

23/03/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno