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Report settimanale sui mercati finanziari

Al peggio non c’è mai fine. Nella settimana appena trascorsa credevamo di festeggiare una settimana di rialzi complice i discorsi di Obama e Bernanke che avevano rivitalizzato i mercati  ed invece abbiamo assistito all’ ennesima chiusura negativa degli indici finanziari zavorrati (unica eccezione in positivo è stata il Giappone ma che lunedì risentirà sicuramente del pessimo dato americano e la Spagna) in chiusura di settimana dal peggiore dato sul Pil americano degli ultimi 23 anni e per l’entrata del Tesoro USA nell’ azionariato di Citigroup. Oramai sono passati piu’ di 40 giorni dall’insediamento di Obama e mi permetto di dire che il nuovo esecutivo americano ha profondamente deluso le attese, sarà che noi avevamo riposto in questo cambiamento eccessive speranze, ma per ora non siamo andati al di là di formule generiche.
A livello europeo la piazza peggiore è stata Francoforte con il DAX30 che ha fatto segnare una performance negativa del 4,26%, seguita dall’ indice francese, il Cac40 (- 1,75%) ed infine dall’ indice inglese FTSE100 (- 1,52%). In questa ottava dobbiamo segnalare  la ripresa delle banche  tra quali spiccano Bnp Paribas (+11,43%), Deutsche Bank (+13,24%) e le tlc con Telefonica (+7,45%). A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il segmento bancario (+2,80% per la smentita delle nazionalizzazione), il settore delle tlc (+1,19%) ed infine quello dei media con un rialzo marginale dello 0,22% mentre tra i peggiori ribassi segnaliamo quello delle auto (-16,49% per l’acuirsi della crisi mondiale che sembra non avere più fine) seguito dall’ healt care (-7,24%), dalle risorse di base (-4,61%) ed infine dal comparto delle costruzioni (- 3,62%).
Piazza Affari chiude la settimana in lettera con lo S&P/Mib (- 1,60%). Fra i titoli maggiori si mettono in evidenza Unicredit (+12,66% per la materializzazione dei Tremonti bonds e per i quali Profumo ha già detto di essere tra i sottoscrittori e per il ritorno del titolo sopra quota 1 euro), Impregilo (+10,76% per le parole del Governo che a breve ripenderà la stagione delle opere pubbliche) e Intesa San Paolo (+8,76% come per Unicredit il decreto attuativo dei Tremonti bond è stato una cura anche per la scuderia di Passera). In rosso, invece: Seat PG (-27,50% ), Unipol (- 21,33% per le voci che danno come imminente l’uscita di scena dell’ attuale ad Carlo Salvatori per un passaggio alla Bpm) e Prysmian (-17,14% perché si vocifera che Goldman Sachs vorrebbe vendere la sua quota di controllo).
Ottava da dimenticare per il mercato americano con l’indice S&P500  che ha chiuso con un ribasso del 4,50%, mentre il Nasdaq e il DJIA (ai minimi dal 1997) hanno fatto segnare rispettivamente un – 4,40% e – 4,11%. In quest’ultima settimana abbiamo assistito alla ripresa dei bancari (eccezion fatta per Citi per l’ennesimo intervento di salvataggio da parte del Tesoro che ha rilevato il 36% dell’azionariato) guidati da Jp Morgan (+14,91%) e Wells Fargo (+10,91%) e del settore automobilistico trascinato dai balzi di Gm (+27%) e Ford Motor (+26,58%). Negativo invece il settore assicurativo per il crollo di AIG (-22,22%), quello dei consumi e delle costruzioni.
Settimana all’ insegna del denaro per il Nikkei225 (+2,1%) ritornato sopra la soglia dei 7500 punti trainato dal deprezzamento dello yen e per il denaro sui titoli hi tech e finanziari.

Settimana ribassista per il mercato obbligazionario europeo. L’ipotesi allo studio dei Governi di nazionalizzare, seppur parzialmente e/o temporaneamente, le banche più colpite dalla crisi finanziaria ha continuato a tenere banco nelle sale operative e a catalizzare l’attenzione dei risparmiatori. Con il ripiegamento registrato nell’ ultima ottava il mercato obbligazionario ha finito per dilapidare del tutto i guadagni messi a segno nella precedente settimana. Ciononostante il maggiore grado di avversione al rischio da parte degli investitori continua ad essere il principale elemento a supporto del bond-market. Il contratto-future sul decennale, dopo aver avviato le contrattazioni a quota 125,07 punti, ha scambiato nell’intervallo di prezzo 124,36 – 126,01 per poi attestarsi nel finale a 124,70 punti, in calo di quasi una figura rispetto al livello di riferimento della precedente ottava. La curva dei rendimenti in Europa ha registrato un movimento di shifting verso l’alto. Il titolo a 2-anni si è attestato invariato in area 1,3 1%, il 5-anni è salito in area 2,23% (+7 centesimi), il decennale ha archiviato la settimana al 3,1 1% (+10 centesimi) mentre il segmento a 15-30 anni si è attestato in area 3,7 8% – 4 ,04%, in progresso di 7-12 centesimi. Sul segmento di curva a breve-termine il buyflow è giustificato da un trade-off di tipo risk-reward abbastanza vantaggioso in un frangente in cui la BCE continuerà a ridurre il costo del denaro e la crisi bancaria farà il suo corso, smaltendo gli eccessi degli anni precedenti.
Gli analisti si aspettano per il meeting della BCE, in agenda giovedì prossimo, un taglio del costo del denaro di cinquanta punti base, dal 2 ,00% all’ 1,50%. Limitandosi solo ad analizzare il quadro macroeconomico, contrassegnato da recessione e pressioni deflattive, i titoli di stato europei dovrebbero rappresentare una “profittevole” asset-class.
Risulta difatti concettualmente più agevole investire nella parte a breve della curva sapendo comunque di dover sopportare un minimo di rischio piuttosto calcolato e limitato in questa fase. La possibilità che il rendimento del titolo a 2-anni possa scendere in area 1% è aumentata sensibilmente anche perché tale soglia potrebbe essere un’ area d’arrivo della politica monetaria espansiva della BCE nel prossimo futuro nell’estremo tentativo di aiutare il sistema finanziario ad uscire dalla crisi. Rispolverando la regola di Taylor, secondo cui il rendimento offerto da un titolo di stato dovrebbe essere per lo meno uguale al tasso di crescita del PIL maggiorato del tasso d’inflazione, e considerando le ultime statistiche a disposizione su base annua, l’ affermare che i tassi a breve possano nella Zona Euro arretrare addirittura vicini allo zero potrebbe non es sere affatto un’eresia. Sui titoli di stato a lungo-termine bisognerebbe perseguire una maggiore cautela, in quanto il price-action potrebbe non seguire fedelmente la politica espansiva della BCE ma subire l’impatto dei flussi dei maggiori detentori di carta governativa. I differenziali di rendimento tra i titoli di stato tedeschi e quelli italiani nel corso della settimana si sono nuovamente allargati a conferma di come persistono delle non sottovalutabili tensioni sul mercato dei titoli governativi a reddito fisso che se sotto il profilo dei fondamentali andrebbe comprato, sotto il profilo del credit-risk andrebbe invece venduto.

Durante l’ottava il mercato valutario ha continuato a muoversi in modo ampiamente volatile e nervoso. A caratterizzare l’ottava è stato comunque il flusso in vendita di divisa nipponica.  L’ euro –yen è stato oggetto di un forte rally, poi culminato nella seduta di venerdì con un profit-taking tattico, per riconsiderare il quadro in divenire. Questo ha sforato la soglia psicologica di 120,00, ha lanciato un segnale tecnico che potrebbe essere importante, implicando non più un trend ribassista bensì laterale. In effetti l’euro -yen ha violato al rialzo contemporaneamente le medie -mobili a 50 e 100 giorni rispettivamente a 120,57 e a 122,43, disegnando un top a 127,00, livello poi da cui è partito il profit-taking. Il mercato sembrerebbe cominciare a considerare i credit-default-swaps. Da gennaio la correlazione tra lo yen ed il costo di protezione contro un default dei titoli governativi giapponesi è passata a -43% da +88% dell’anno scorso. Certamente in un periodo critico per l’economia in cui i paesi devono intervenire finanziariamente per garantire la stabilità dei propri sistemi bancari il Giappone è il paese che parte in modo più sfavorito, avendo già prima della crisi un ratio di debito pubblico/GDP di 150%. Il quadro resta teso, con lo yen in volatilità sostenuta.
Il downgrade della divisa nipponica di recente sposato implica nel complesso un giudizio di inaffidabilità dello yen stesso anche in caso di recessione.
L’euro-dollaro continua a risultare graficamente piuttosto pesante, zavorrato sul downside, ma incapace di esprimere un movimento ribassista degno di nota. Il cross ha chiuso l’ottava a 1,2630, avendo come supporti sul downside il livello di 1,2514 e poi quello chiave a 1,2331. Sull’upside le prime resistenze si attestano rarefatte a 1,2820-1,2830. In ottica grafica di medio-lungo termine il trend sull’euro-dollaro resta ribassista finchè al di sotto di due livelli nevralgici: 1,3056 e 1,3370. A 1,3056 si identifica il punto di Fibonacci pari a 61,8% del range dai minimi ai massimi storici. A 1,3370 passa la media-mobile a 200-settimane. Il mercato resta dollarista in un frangente che comunque appare molto difficile per la divisa a stelle e strisce ma non peggiore per l’euro stesso. Sul pound il quadro resta nebuloso contro euro. In molti ritengono che suddetto cross possa tenere lateralmente, ma gli indicatori grafici mostrano che un’eventuale lateralità potrebbe alla fine sfociare in un trend ribassista. Sull’euro -sterlina i livelli tecnici di guardia sono sulla parte bassa a 0,8740 e sulla parte alta a 0,9129. Non vi sono grosseidee. Certamente per un investitore domiciliato nell’area europea avrebbe poco senso detenere pounds nell’ottica di carry-trading con un differenziale di tasso sfavorevole alla sterlina. La nazionalizzazione di Royal Bank of Scotland e di Llyods, seppure parziale, implica comunque un momento difficile per lo UK. Non che l’Euro –Zone possa ritenersi più virtuosa, ma forse in questo momento prevale fondamentalmente l’idea di detenere le divise rappresentative di aree geografiche di grossa dimensione. Si resta neutrali in attesa di risvolti futuri interessanti.
Settimana rialzista per il comparto delle commodities. I maggiori rialzi della settimana hanno interessato la benzina  (+29,78%), il petrolio (+13,53%) e il rame (+9,64%) mentre in lettera troviamo l’argento (-8,34%), l’oro (-4,16%) e il cotone (-2,25%).

                             

                         MARKET MOVER DELLA SETTIMANA
 
Per quanto riguarda la settimana macroeconomica europea l’appuntamento clou sarà per Giovedì 5 quando il presidente della Bce Trichet annuncerà l’ennesimo taglio dei tassi che noi prevediamo essere di 50 b.p. portando cosi il costo del denaro all’ 1,50%. Altri appuntamenti europei degni di nota nella sette giorni europea saranno: Lunedì 2 con la pubblicazione del CPI a/a e in Germania la pubblicazione delle vendite al dettaglio m/m, poi Martedì 3 ci sarà il discorso di Trichet, Mercoledì 4 la pubblicazione del PMI servizi europeo (dato finale) ed infine Giovedì 5 ci sarà anche la pubblicazione dei dati preliminari del Pil t/t e a/a.
Spostandoci Oltreoceano sarà una settimana scarna di dati macroeconomici dove dobbiamo segnalare Lunedì 2 la pubblicazione dell’indice Ism manifatturiero, Mercoledì 4 quello dell’ indice Ism non manifatturiero, Giovedì 5 le richieste di sussidio di disoccupazione ed infine Venerdi 6 il dato relativo ai nuovi lavoratori dipendenti non agricoli e la pubblicazione del tasso di disoccupazione.
Per quanto riguarda il quadro macroeconomico nipponico sarà una settimana dove non segnaliamo nessun appuntamento degno di nota.

Per suggerimenti e chiarimenti scrivete a [email protected]

 

02/03/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno