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Report settimanale sui mercati finanziari

Ebbene si cambiando l’ordine degli addendi la somma non cambia. Nell’ottava appena trascorsa abbiamo assistito ad una settimana di fase laterale con l’ Europa e il Giappone che hanno terminato in denaro mentre la piazza americana ha chiuso in territorio leggermente negativo. La migliore piazza a livello europeo è risultata la Francia dove il CAC40 ha registrato un +4,38 % seguita dall’indice DAX30 tedesco con un +3,82% e poi infine Londra dove il FTSE100 ha registrato un +2,40%. A livello settoriale, hanno evidenziato un deciso rimbalzo, il settore bancario (+16,33%) che nella settimana precedente era stato zavorrato dalle vendite seguito dall’assicurativo (+8,42%) ed infine le risorse di base (+5,68%) . Tra i settori in negativo, invece, dobbiamo segnalare ancora una volta il settore automobilistico (-9,28%) seguito dal settore tecnologico (-8,16%) ed infine dal settore delle tlc (-4,7%)
Piazza Affari ha archiviato l’ottava in denaro con l’S&P/Mib in rialzo  del 3,76%. Tra i principali titoli in denaro segnaliamo le buone performance dei bancari (per la voce proveniente da oltreoceano della costituzione di una bad bank per far confluire i titoli tossici) capitanati da Intesa San Paolo (+12,39%), Unipol (+11,54%) ed Unicredit (+10,65%). Tra i maggiori ribassi segnaliamo Tiscali (-13,76% per la prospettiva di 250 esuberi per contenere i costi), Telecom (-10,46% dove Telco, la holding che controlla il 23,6% ha deciso di svalutare detta partecipazione per ben 1,4 miliardi di euro, frutto dell’abbassamento del valore di carico dei titoli Telecom da 2,6850 euro (valore medio fra i 2,53 euro pagato dai soci italiani e i 2,85 euro pagati invece dalla spagnola Telefonica a  2,20: un prezzo comunque più che doppio di quello a cui passa attualmente di mano il titolo in borsa  ed infine Terna (- 2,56%).
All’insegna del bear  Wall Street con l’ S&P 500 che ha perso lo 0,73% ed il Nasdaq in flessione dello 0,06% per una settimana comunque caratterizzata da dati negativi che ancora una volta hanno evidenziato lo stato di crisi dell’ economia (dati Pil e occupazione peggiori delle attese). Anche per quanto riguarda il mercato americano i settori in denaro sono stati quelli dell’ internet retail (+15,39%) e bancario (+ 13,73% trascinati al rialzo da State Corporation e Wells Fargo) mentre tra i settori in lettera dobbiamo segnalare quello del broadcasting (-12,00%) e dei produttori di carta (-11,18%).
Positivo anche il Giappone con il Nikkei che ha registrato una performance positiva dell’ 2,50% ritornando sopra quota 7.800 punti, spinto al rialzo dai titoli finanziari ed assicurativi.

Nell’ultima settimana nel mercato obbligazionario il contratto-future sul decennale, dopo aver avviato le contrattazioni a quota 123,28 punti, ha scambiato nell’intervallo di prezzo 121,97 – 123,39 per poi attestarsi nel finale a 122,37 punti, in calo di quasi una figura rispetto al livello di riferimento della precedente ottava. La curva, dopo l’ irripidimento degli ultimi tempi, ha registrato un movimento di “flattening” con i traders che hanno preso profitto sulla forma della yield-curve stessa. Il titolo a 2-anni si è attestato in area 1,5 (3%), in aumento di 10 centesimi, il 5-anni si è riportato al 2,49% (+11 centesimi), il decennale al 3,30% (+6 centesimi), il segmento a 15-30 anni si è posizionato in area 3,8 8% – 4 ,10% (in calo di 10-26 basis point). I differenziali di rendimento tra i titoli di stato tedeschi e quelli dei paesi europei periferici si sono alla fine ristretti non dopo però aver registrato nuovi massimi. Nella prima parte della settimana sulla scia degli acquisti che hanno preso di mira soprattutto i titoli tedeschi con merito di credito “tripla-A” lo spread di tasso BTP-BUND è salito difatti fino a 173 punti per poi scendere in area 142 punti base. Un movimento che è andato esacerbandosi dopo il rilancio da parte del ministro Tremonti dell’idea dell’ Euro-bond (o Union-bond), che servirebbe a raccogliere risorse a livello europeo senza pesare sul debito dei singoli Paesi e consentire a quelli più deboli di riuscire a sostenere i propri sistemi bancari che rischiano di franare sotto i colpi della crisi. Fare previsioni sul futuro andamento dei titoli di stato è un esercizio tutt’altro che facile. Limitandosi solo a guardare il quadro macroeconomico, condito da recessione e pressioni deflattive, i titoli di stato dovrebbero rappresentare una profittevole asset-class per gli investitori. Tuttavia di recente e nelle prossime settimane ci saranno sul mercato robuste emissioni di titoli americani ed europei da parte dei governi che dovranno finanziare i piani anti-crisi. Si tratta di quantità “importanti” da collocare. I titoli di stato risultano meno affidabili sotto il profilo del creditrisk.
I ratios di debito pubblico/GDP dei vari stati è destinato a deteriorarsi considerevolmente e vi sarebbero motivi per prezzare dentro la carta del reddito fisso il rischio di credito statale. L’agenzia di rating Standard & Poor’s non a caso recentemente ha tagliato il sovereign-rating di molti stati europei. Bisognerà dunque cercare di trovare un compromesso per bilanciare i rischi insiti nel mercato dei titoli a reddito fisso che se sotto il profilo dei fondamentali andrebbe comprato, sotto il profilo del credit-risk andrebbe invece venduto. Moderare la duration di portafoglio potrebbe costituire dunque una scelta strategica corretta che rispecchi il quadro attuale in divenire, magari apportando variazioni a secondo dell’evoluzione del prezzo del petrolio e delle altre materie prime. Un mercato delle materie prime in rialzo ostacola l’ascesa dei bonds e viceversa. Nel frattempo il FMI ha rivisto nuovamente al ribasso le proprie stime di crescita del PIL mondiale e dei rispettivi Paesi. Il quadro congiunturale non cambia e soltanto le ampie manovre di sviluppo della spesa pubblica potrebbero ridurre il trend recessivo dell’economia. La parola che va di moda è “liquidità”. I “Bot-people” italiani, stretti fra borse in calo e incertezza sul futuro, sono tornati alla vecchia passione dei titoli di stato a breve termine facendo piombare i rendimenti del BOT semestrale in asta ai minimi storici, con una domanda che ha superato la soglia dei 15 miliardi di euro. Per tanti investitori è meglio puntare sui vecchi Bot anche perché sul debito a lungotermine (specie il trentennale) è più alto il rischio-paese percepito dal mercato.

Sul mercato valutario, nell’ultima settimana, abbiamo assistito ad un’inversione di tendenza. Il focus valutario, che nel quarto quarto del 2008 e in questa parte iniziale del 2009 era puntellato tutto sul pound inglese, strutturalmente sotto il profilo concettuale si è spostato sull’euro, forse definitivamente.
Alcuni grossi market-movers, prima univocamente votati a giocare contro la sterlina in modo sperticato a questo giro sembrano esprimere views discordanti sulla divisa inglese: qualcuno ritiene che il pound possa continuare a svalutarsi, altri tra questi ritengono che la svalutazione del gbp sia terminata o comunque dubitabile agli attuali livelli grafici che sono molto sostenuti.
Sull’euro-sterlina la violazione sul downside della media-mobile a 50-giorni a 0,9080 confermata dalla chiusura settimanale e la violazione della trendline rialzista di lungo-termine passante a 0,9000-0,9030 in modo dinamico verso il basso indurrebbe il mercato a sposare la neutralità e non più la view anti-pound. Il focus come rilevato, sembra spostarsi dal pound all’euro. Da Davos, comune svizzero dove si è tenuto il World Economic Forum, il ministro dell’economia Tremonti, ha esposto la sua proposta di dare il via alle emissioni di UnionBonds, ovvero sia di titoli di stato emessi direttamente dall’Unione Europea per cementare l’immagine dell’unione politica sui mercati finanziari e consentire ai paesi più deboli di riuscire a sostenere i propri sistemi bancari che rischiano di franare sotto i colpi della crisi. Stando alle dichiarazioni di Strauss Kahn, managing director dell’IMF, e a quelle di George Soros, magnate ungherese detto “re Mida”, l’Europa dovrebbe rispondere alla crisi agendo in modo unito, pena una difficoltà finanziaria dei paesi più deboli difficile da rimediare. In tal senso sull’euro si apre un grosso punto interrogativo che potrebbe spedire la divisa europea molto sul downside contro le valute principali. L’outlook positivo sul dollaro, yen e franco svizzero ha dunque pagato, con la divisa europea franata sulla parte bassa dei grafici, dopo i commenti caduti a pioggia da Davos. In materia esclusiva di euro-dollaro va detto che la divisa a stelle e strisce sarebbe da comprare anche alla luce dei timori di
deflazione esposti dalla stessa Federal Reserve. La deflazione sarebbe accompagnata da deleverage finanziario che consentirebbe comunque un drastico risanamento del trade-deficit USA, frenando le attitudini consumistiche forsennate del popolo americano, vedendo nel dollaro il vessillo anti-ciclico principale. Il cedimento dell’euro-dollaro sul downside ha tratto però la sua ragion d’essere in settimana non soltanto dai timori deflazionistici mondiali ma soprattutto dall’ipotesi che l’Unione Europea si sia dimostrata incapace ad affrontare la crisi finanziaria in modo unito. In tal senso l’euro è ora sotto-schiaffo. La violazione del supporto dinamico ma importante a 1,2800-1,2820 potrebbe aprire la strada verso nuovi minimi proiettando il cross verso il minimo relativo a 1,2331. Sull’upside la resistenza si colloca al livello simbolico poco rilevante di 1,3000 e poi nella nevralgica area di 1,3300-1,3400, dove passano la media-mobile a 200-settimane, e poi le medie-mobili a 50 e a 100 giorni, rispettivamente a 1,3372, 1,3354 e 1,3366. Il dollarismo si esaurirebbe graficamente alla rottura di questa cruciale area di resistenza, avendo come detrattori concettuali l’imponente budget-deficit a stelle e strisce e gli involutivi dati relativi agli acquisti netti di assets in dollari mensili da parte degli investitori stranieri di recente caduti in disgrazia a -21 Bln $ . La fiducia data alle dichiarazioni di Timothy Geithner che non soltanto, alla stessa stregua dei suoi predecessori aveva dichiarato la settimana scorsa di credere allo “strong-dollar”, ma che si era anche assunto direttamente la responsabilità di accusare le autorità cinesi di manipolare sotto-banco in dirty-floating il valore del dollaro-yuan, per ora ha pagato. Geithner, ministro del Tesoro USA, da poco insediatosi a Washington sta giocando la credibilità delle sue dichiarazioni agli occhi del FX-market mondiale. Gli Stati Uniti, dovendo negoziare nel prossimo futuro circa 2,5 trillioni di dollari di treasuries, stando a stime spese da Goldman Sachs, faranno di tutto per attirare gli investitori internazionali provando a ri-affermare l’egemonia ed il potere della propria divisa. Il rischio di rappresaglie e di boicottaggio nei confronti dei treasuries americani da parte dei cinesi, russi, arabi e inglesi è dietro l’angolo ma le dichiarazioni della Federal Reserve in seno al Federal Open Market Committee tenutosi in settimana, lasciano intendere che la FED stessa potrebbe scendere in campo a comprare direttamente i treasuries se ce ne fosse bisogno, coprendo le spalle al Tesoro USA. Il quadro dunque per ora resta dollarista, con tensioni sul dollaro o eventuali profit-taking materializzabili all’atto della pubblicazione del dato relativo ai non-farm payrolls in agenda questa settimana.
L’euro-yen resta proiettato in discesa, con estrema forza sia della divisa nipponica.
Infine settimana positiva per le materie prime con poche eccezioni negative, come ad esempio il rame (- 10,94%) e il nickel (-7,94%). In rialzo invece la benzina e il cacao. Prosegue il rialzo dell’oro (+0,32%) giunto prossimo ai 915$.

                            MARKET MOVER DELLA SETTIMANA
Per quanto riguarda la settimana macroeconomica europea sarà una sette giorni scarna di appuntamenti dove dobbiamo segnalare solo un appuntamento per la giornata di Giovedì 5 Febbraio ossia quello relativo alla decisione della BCE che già sappiamo non prevede variazioni come già preannunciato nel discorso della scorsa settimana dal presidente Trichet. Oltreoceano si comincerà Lunedì con la pubblicazione dell’ indice ISM manifatturiero (dove le previsione di cono 32,0) per poi proseguire martedì con la stima ADP relativa al mese di Ottobre dei nuovi occupati (si prevede un -510.000 nuovi occupati). Poi, per quanto riguarda la settimana nipponica non dobbiamo segnalare appuntamenti degni di nota. Inoltre voglio segnalare che nell’ after hours americano saranno pubblicati i dati societari tra i quali spiccano Motorola, Philip Morris e Kraft mentre a livello europeo ci saranno i dati societari di Terna, Buzzi Unicem , Bhp, Unilever, Deutsche Bank, Santader ,British Airways, Roche, Bp ed Enel.

Per suggerimenti e chiarimenti scrivete a [email protected]

02/02/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno