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Report Settimanale

Obama e Trichet stoppano l’atleta!!! Nell’ottava appena conclusa abbiamo assistito ad una brusca frenata dei listini sia in Europa che Oltreoceano ad eccezione dei listini asiatici che hanno realizzato performance superiori al punto percentuale (Singapore +1,26% mentre il Kospi +3,34%). Questa settimana è stata caratterizzata dalle parole negli Usa da parte di Obama che ha stoppato i mercati affermando che se gli States non faranno attenzione al deficit potrebbe ritornare la recessione mentre dall’altra parte Trichet ha cominciato a parlare di strategie per l’ exit strategy e per tale motivo il fenomeno del carry trade pare essersi inceppato un poco inceppato. Resto dell’ idea che in questa settimana si sia verificato un incidente di percorso e da lunedì il trend ricomincerà ad essere positivo anche se questa settimana non sarà veritiera in quanto Wall Street resterà aperta fino a mercoledì. A livello europeo la piazza peggiore è stata Francoforte con il DAX30 che è regredito  del 2,01%, seguita dall’ indice inglese, il FTSE100 che ha registrato un ribasso del 0,85% cosi come l’ indice francese, il CAC40 in ribasso del 0,42%. A livello settoriale dobbiamo segnalare in denaro il settore delle risorse di base (+2,24%), seguito da quello utilities (+1,00%) ed infine quello automobilistico (+0,94%) mentre in lettera dobbiamo segnalare il settore bancario (-1,74%) seguito da quello delle costruzioni (-1,07%) ed infine da quello dei media (-0,95%). Fra i principali titoli protagonisti assoluti Axa (+2,02%), Daimler (+1,97%) ed Arcelor Mittal (+1,38%) mentre in lettera segnaliamo Ing Group (-7,71%), Credit Agricole (-6,77%) e Aegon (-5,47%).

Piazza Affari chiude la settimana con un ribasso consistente dello Ftse/Mib (-3,32%), chiudendo la settimana a 22511 punti. Il nostro indice ha rotto al ribasso il supporto a 22500 punti ed ora lo stesso ne  ha un altro importantissimo a 22000, superato il quale si aprirà un vero e proprio canale ribassista. Penso che tale canale non si aprirà in quanto il trend di medio periodo resta sempre rialzista e il calo della scorsa settimana si è verificato in parte per importanti scadenze tecniche. Fra i titoli maggiori dobbiamo segnalare in denaro Terna (+3,38% titolo difensivo che tocca i massimi annuali), Ansaldo (+2,63% titolo spinto al rialzo dall’ ottima trimestrale), Atlantia (+1,64% titolo spinto al rialzo dalla speculazione derivante dalla scomparsa di Marcellino Gavio e dallo stacco del dividendo che interesserà il titolo la prossima settimana) mentre in lettera, invece, troviamo Banco Popolare (-8,97% affossato ancora una volta da Italease e dall’ intero comparto bancario che questa settimana ha tirato un po’ il freno e come al solito il Banco né ha risentito molto), Mondadori (-8,02% titolo che in un primo momento sembrava non aver risentito della sentenza a suo sfavore ma ora è crollato sotto i 3 euro e secondo il mio parere questa discesa non terminerà nel breve termine) ed Buzzi Unicem (-7,14% in questo periodo tutto il comparto delle costruzioni è in difficoltà e lo stesso sembra risentirne in forte misura).

Il mercato azionario americano ha chiuso la settimana lateralmente, muovendosi nella prima parte dell’ottava in alto, per poi ripiegare nel finale. L’S&P500, partito da 1.093 punti, si è spinto fino a 1.114 punti, aggiornando così i massimi dell’attuale up-trend. Tuttavia alcune tensioni sul credit-market ed i dati macro non euforici hanno contribuito a raffreddare gli ottimismi di mercato, riportando l’S&P500 a 1.091 punti. Tuttavia l’economia americana apparsa alla fine dell’estate in preda ad una crescita dai bassifondi con molto momentum, alla luce della stringa dei dati macro attuali, sembra in recupero, ma nel contempo appare oggetto di una dinamica meno veloce allorquando non stimolata a dovere. Wall Street è riuscita a rialzarsi grazie ad un’espansione dei multipli finanziari, in un environment fatto di dollaro in svalutazione, di tassi bassi, e di aiuti copiosi all’economia di stampo keynesiano, che hanno prodotto un appesantimento del debito pubblico. L’economia dovrà però a qualche punto provare a ripartire in modo autonomo, senza i supporti governativi. Il mercato azionario deve dunque convivere con un appesantimento dei debiti pubblici a cui si accompagna una forte ascesa del prezzo dell’oro. In tal senso vige sul mercato una calma che risulta forse soltanto apparente, in un contesto in cui la svalutazione del dollaro appare il pilastro principale a cui Wall Street possa appoggiarsi per rimanere in trend rialzista.

Questa settimana è stata ancora all’ insegna della lettera per il Nikkei225 (-2,79%) che rompe il supporto posto a 9500 punti (9497,68), trainata ancora una volta al ribasso dal forte apprezzamento dello yen nei confronti del dollaro che non fa altro che frenare la macchina delle esportazioni.
Sul mercato valutario le commodities hanno finito nell’ultima settimana per muoversi al rialzo guadagnando due punti percentuali. I protagonisti in assoluto della settimana sono stati l’alluminio (+6,35%), la soia (+6,30%), l’argento (+6,10%), il cacao (+5,60%) e il cotone (+4,93%). Le vendite hanno invece interessato solo ed esclusivamente lo zucchero (-0,95%) e il succo d’arancia (-3,10%). Il contratto-future sul petrolio WTI con consegna dicembre ‘09 nella sua ultima settimana di contrattazione si è mosso nell’intervallo di prezzo 76,20 $ – 80,33 $ per poi registrare una chiusura a quota 76,72 $ al barile, in rialzo di 37 centesimi di dollaro.
Nell’ultima settimana il metallo prezioso per eccellenza, l’oro, ha più volte aggiornato il proprio record. Il primo contratto future in scadenza quotato al Comex di NY ha archiviato gli scambi a quota 1.146,80 dollari l’oncia troy, in rialzo di oltre trenta dollari, dopo essersi spinto fino a quota 1.153,40 $ (nuovo massimo storico). Diverse le motivazioni alla base del recente rally rialzista: dall’incremento delle riserve auree da parte dei Paesi dell’area asiatica, alla ricerca di un riparo da parte delle economie emergenti dalla svalutazione competitiva perseguita dai Paesi del G10, alla ferma volontà degli investitori di puntare con decisione sul bene “rifugio” per eccellenza, soprattutto in periodi come questo di instabilità e di rischi inflazionistici.

Nell’ultima settimana il contratto-future sul decennale si è mosso nell’intervallo di prezzo 121,33 – 122,70 per poi archiviare l’ottava a 122,56 punti, in rialzo di oltre una figura. Le quotazioni così facendo hanno recuperato in un sol colpo tutte e tre le principali medie mobili. Sull’upside la prima area di test potrebbe coincidere con i 122,85 punti, sul downside la media mobile a 200-giorni (121,90 punti). Nel mercato interbancario si segnala la chiusura laterale del tasso EURIBOR a 3-mesi a 0,714% dopo una tendenza ribassista durata sei settimane consecutive. La curva dei rendimenti in Germania ha finito per registrare un movimento di flattening: il 2-anni (1,32%) ha guadagnato 13bps, il 5-anni (2,36%) ha perso 6bps, il 10-anni (3,25%) 13bps e il 30-anni (3,93%) 15bps. Lo spread BTP/BUND si è allargato a 81 punti base.
Il mercato dei titoli di stato americani ha trascorso un’altra settimana poco volatile. I tassi d’interesse a breve termine continuano a rimanere compressi verso il basso, mentre quelli a lungo-termine sembrano accompagnare questo movimento di compressione, per via di una curva dei rendimenti già molto inclinata positivamente. I treasuries hanno dovuto convivere con un’ottava intensa sotto il profilo dei significati. La Federal Reserve nei comunicati spesi nelle ultime due ottave ha lasciato intendere che continuerà a sposare la zero-interest-rate-policy per un periodo di tempo prolungato. I tassi sui T -bills a 3-mesi rendono 1,5 basis points, e quelli a 6-mesi 13 basis points. Il tasso Libor a 3-mesi ha disegnato un nuovo minimo a ridosso di 26 basis points. I tassi a 1 -anno rendono 26 basis points. Ormai i rendimenti del mercato monetario sono asintotici allo zero. I tassi a 2 -3 anni si stanno muovendo tra 0,70% e 1,25%, con la curva molto inclinata su questo fronte. In settimana i tassi a 10-anni si sono attestati a 3,33% mentre quelli a 30-anni a 4,30%. Da inizio anno questi rendimenti sono saliti ed ora danno la sensazione di ridiscendere verso il basso. Il mercato dei titoli di stato resta in alto in attesa di capire come si muoverà il labor-market, a questo punto unico e solo arbitro per intuire le future dinamiche micro-macro.

Durante l’ottava sebbene nel complesso il sentiment di mercato sia risultato invariato, ovverosia antidollarista, il dollaro è riuscito quantomeno a tenere e ad evitare ulteriori svalutazioni. In materia di euro-dollaro la divisa americana ha guadagnato circa una big -figure, con il quadro tecnico che resta però rialzista. L’area di range-trading in cui si sta muovendo il price-action si sta però assottigliando col passare dei giorni dovendo alla fine il cambio uscire dalla suddetta e forse in velocità: i punti grafici di riferimento sono rappresentati sulla parte alta dalla fascia di 1,5050-1,5063 e sulla parte bassa dalla media-mobile a 50-giorni in costante ascesa, ed ora a 1,4806. Essa coincide sempre più con la linea di trend rialzista partita da marzo 2009. Una violazione tecnico-grafica di questo livello potrebbe proiettare il cross verso il top-Madoff di 1,4719, spezzando la direzionalità del cambio e lateralizzandolo. Fino ad allora non dovrebbe cambiare nulla, con il trend rialzista intatto. Intra-currency l’euro -dollaro appare nel complesso poco incline alla direzionalità, anche perché euro -sterlina e cable si muovono in modo antitetico.
L’euro – gbp ha sollecitato la zona di supporto nevralgica a ridosso della media – mobile a 200-giorni ora a 0,8871, rimbalzando da tale livello e attestandosi a 0,9030. Il trend sull’euro –sterlina anche in questo caso resta bullish fino alla tenuta appunto della media -mobile a 200-giorni. Sulla parte alta la resistenza combacia con la media -mobile a 50-giorni a 0,9070.
Il movimento dell’euro-yen è stato tecnicamente importante in settimana. La divisa nipponica si è rafforzata, snobbando peraltro i timori sbandierati dal governo giapponese che ha dichiarato ufficialmente che l’economia del Sol Levante è in deflazione.

 

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23/11/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Vincenzo Polimeno