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Private banking e consulenza evoluta, binomio in crescita

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Opportunità di sviluppo nel private banking, grazie alla ricchezza immobiliare e aziendale da intercettare. I dettagli nello studio di Aipb e Bcg

Una ricchezza finanziaria globale privata arrivata a 167.000 miliardi di dollari, in crescita del 7,1% annuo, rispetto ai 118mila miliardi del 2011, concentrata in 3 regioni principali, di simili dimensioni: Nord America, Europa Occidentale e Asia-Pacifico. In particolare, l’Asia-Pacifico è la regione in maggior sviluppo e si prevede che, entro il 2021, la ricchezza privata di questa zona arrivi a superare quella del Nord America. Il tasso di crescita atteso in Europa Occidentale è minore e pertanto l’area avrà dimensioni inferiori rispetto alle altre, pur continuando a rappresentare circa il 30% della ricchezza finanziaria privata. Questo quanto emerge dallo studio “Il private banking nel mondo”, la prima edizione dell’osservatorio internazionale sul settore realizzato da Aipb e da The Boston Consulting Group, che verrà presentato in occasione del XIII Forum del private banking che si svolgerà a Milano il prossimo 9 novembre.

 

Italia, 4° mercato del private banking in Europa

L’Italia è il quarto mercato più ampio dell’Europa Occidentale, con 4.500 miliardi di dollari in attività finanziarie nel 2016: si tratta di un mercato maturo e per questo motivo la crescita attesa della ricchezza risulta inferiore rispetto ad altre regioni: 2,9% all’anno contro la media europea del 4,4%. Ma le opportunità non mancano.

“L’industria italiana del private banking ha raggiunto un buon grado di maturità dimostrato da una crescita costante e da un’elevata penetrazione del servizio tra le famiglie italiane più abbienti. Il settore gestisce oggi quasi 800 miliardi di euro. Ha raggiunto quindi un peso rilevante e di qualità nell’ambito della più generale industria del risparmio”, ha commentato Fabio Innocenzi, Presidente di Aipb.

Dal canto suo, Gennaro Casale, senior partner and managing director di The Boston Consulting Group, ha dichiarato che “il private banking è senza dubbio uno dei settori più attrattivi nel panorama bancario, non solo italiano, in grado di generare costantemente valore sia per gli azionisti che per i clienti” e che “in Italia la reddittività del settore si mantiene alta e stabile nel tempo, al disopra della media europea”.

 

Asset allocation

A mano a mano che il portafoglio dei clienti diventa più significativo, si osserva come l’allocazione degli investimenti tende a evolvere e divenire più sofisticata, con un peso crescente della parte azionaria “equity”. Tale fenomeno costituisce un secondo trend strutturale che viene registrato sia a livello globale che italiano.

Nel mondo, la porzione di ricchezza investita in azioni è aumentata dal 39% nel 2011 al 43% nel 2016. Più bilanciato l’asset mix in Italia, dove la quota di azioni è passata dal 27% al 33%. L’allocazione di portafoglio dei clienti italiani risulta così oggi equamente ripartita tra azioni (33%), bond (32%) e depositi (35%).

Anche per il nostro Paese è comunque prevista, nei prossimi cinque anni, una crescita del peso delle azioni nell’asset allocation, andando ad allinearsi a quello degli altri principali Paesi europei.

 

Segmentazione della clientela

Dal 2011 al 2016, il peso della ricchezza detenuta dalla fascia “affluent” (inferiore a 1 milione di dollari) a livello globale si è ridotto dal 61 al 55% di oggi a favore di un incremento della quota detenuta dalla fascia private.
Sebbene tale fenomeno sia presente anche in Italia, è bene evidenziare che l’intensità è significativamente inferiore rispetto ad altri Paesi.

 

Penetrazione del servizio di private banking

A livello globale, il servizio private ha intercettato il 41% della ricchezza potenziale (ricchezza finanziaria dei clienti con patrimonio superiore a $1 milione), che rappresenta circa un terzo della ricchezza finanziaria globale.

L’Europa è tra le regioni con il livello di penetrazione del servizio più alto tra i mercati maturi, mentre la regione Asia-Pacifico presenta ampio spazio di espansione. L’Italia è il Paese europeo con il più alto tasso di penetrazione del servizio, che è pari all’86%.

 

Opportunità di sviluppo del private banking e consulenza evoluta

Nonostante l’alta penetrazione del private banking made in Italy, dallo studio di Aipb e Bcg emergono interessanti   opportunità di sviluppo. Dal punto di vista della tipologia di servizio offerto, nella ricerca si rileva una certa disomogeneità tra le regioni, che caratterizza il modello di business prevalente.
Se il Nord America e l’Europa sono infatti connotate da una larga diffusione del servizio di consulenza a pagamento e delle gestioni patrimoniali, la regione Asiatica è caratterizzata da una prevalenza del servizio di distribuzione
In Italia, invece, è largamente diffuso il servizio di consulenza base, a cui è riconducibile il 50% delle masse in gestione presso le strutture Private.

Tuttavia, gli operatori private in Italia hanno predisposto, in fase di adeguamento a MiFID II, uno o più modelli di consulenza evoluta a pagamento in grado di promuovere lo sviluppo del modello di offerta e servizio al cliente. In Italia, a oggi, solo il 12% delle masse è gestito con un modello di consulenza evoluta, a fronte del 19% a livello globale. Ed è atteso che possa aumentare fino al 27%, con la crescita di consapevolezza dei clienti sul reale valore aggiunto del servizio.

Lo studio indica, infatti, alcune opportunità che il private banking made in Italy:
– da un lato, il fatto che il patrimonio del cliente private italiano non è solo finanziario ma è composto anche da una quota consistente di ricchezza immobiliare e da un patrimonio aziendale ancora da intercettare attraverso un servizio di wealth advisory dedicato;
– dall’altro, il fatto che una maggiore qualificazione del servizio di consulenza potrà favorire l’inserimento in portafoglio di prodotti funzionali alla diversificazione degli investimenti e consentire al cliente di cogliere tutte le opportunità offerte dal mercato, come per esempio il ricorso a prodotti alternativi (hedge fund, private equity e fondi real estate, ecc.). L’Italia, infatti, parte da una quota di 0,2% in investimenti alternativi rispetto al 3-4% in altri mercati sviluppati.

 

07/11/2017 | Categorie: Mondo consulenti Firma: Redazione