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PFAwards – Assegno di divorzio, addio al dogma del tenore di vita

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Arienzo (vincitore PFAwards ’17) commenta la sentenza della Cassazione 11504/2017 che ha rivoluzionato il criterio di attribuzione dell’assegno di divorzio dovuto all’ex coniuge

La sentenza della Cassazione 11504/2017 rivoluziona il criterio di attribuzione dell’assegno di divorzio dovuto all’ex coniuge, superando un principio interpretativo in voga da ben più di 25 anni. MyAdvice-ProfessioneFinanza ha interpellato sul tema Pietro Arienzo, vincitore PFAwards ’17 nella categoria “Consulenza fiscale”. Ecco il suo commento, mentre per iscriversi ai PFAwards’18 si rinvia al link https://www.professionefinanza.com/formazione/pfawards/

 

Due cuori e una capanna: questa è l’immagine classica collegata al matrimonio. Spesso, però, succede che i cuori scoppiano, i coniugi decidono di separarsi e sorge il problema di come dividere quella capanna che nel frattempo può essere diventata un capannone e di come gestire tutte quelle problematiche patrimoniali collegate a una separazione coniugale.

Capita spesso, infatti, che, quando il matrimonio finisce, uno dei coniugi, quello debole, avanzi richieste sul patrimonio personale dell’altro coniuge al fine di mantenere pure dopo la rottura, lo stesso tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio, basandosi sul presupposto di aver contribuito all’incremento dell’attività del coniuge, magari sacrificando le proprie aspirazioni professionali e personali alla crescita dei figli, alla cura della casa e del ménage familiare.

Le dispute che periodicamente assurgono agli onori della cronaca, relativamente a casi di separazioni dei cosiddetti vip (Berlusconi/Lario è solo quello più famoso), sono solo la cartina di tornasole di un fenomeno più vasto, che coinvolge tanti nuclei familiari intorno a noi e che minano la stabilità patrimoniale dei soggetti coinvolti.

Per prevenire l’insorgere delle liti post matrimoniali, all’estero, da anni, vengono utilizzati gli accordi prematrimoniali che offrono ai futuri coniugi la possibilità di gestire gli aspetti patrimoniali in vista di un eventuale divorzio.

In Italia tali accordi non sono possibili, risultando inammissibili gli accordi assunti dai coniugi ancor prima di maturare la decisione di separarsi. Tuttavia, l’introduzione di nuovi istituti (unioni civili, divorzio breve) e alcune sentenze della Cassazione in materia di assegno divorzile, stanno inducendo il legislatore ad assumere un diverso atteggiamento verso tale istituto.

In particolare, spicca la recente sentenza della Cassazione del 10 maggio 2017 con cui la suprema corte, discostandosi dall’indirizzo tradizionale dei tribunali che legava l’assegno divorzile al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, riconosce come parametro di riferimento la mancanza di indipendenza o autosufficienza economica del coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento, in base al quale procedere alla sua quantificazione. Si tratta di una vera e propria rivoluzione in quanto si passa da una tutela dei benefici conseguiti con il matrimonio, a una tutela delle effettive necessità della persona.

Se questo orientamento dovesse diventare prevalente, solo la possibilità di accedere a una tutela preventiva, tramite accordi prematrimoniali, potrà consentire al coniuge debole di garantirsi un assegno di mantenimento, a prescindere dalla verifica dell’autosufficienza.

Il legislatore si è fatto carico delle istanze provenienti dalla società civile e così, da marzo 2017, è in esame presso la commissione Giustizia della camera il Ddl 2669 recante modifiche al codice civile in materia di accordi prematrimoniali.

Il Ddl offre ai futuri coniugi la possibilità, prima delle nozze, di stipulare tramite negoziazione assistita, da uno o più avvocati, accordi prematrimoniali volti a disciplinare i rapporti dipendenti dall’eventuale separazione personale e dall’eventuale scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

In presenza di figli minori gli accordi dovranno essere autorizzati dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente.

Il disegno di legge prevede che i coniugi possano accordarsi sul mantenimento nel limite di non oltre la metà del proprio patrimonio.

Nei patti c’è spazio anche per la rinuncia da parte del futuro coniuge al mantenimento da parte dell’altro, facendo salvo solo il diritto agli alimenti.

Possono essere, inoltre, trasferiti all’altro coniuge o a un terzo anche beni o diritti destinati al mantenimento, alla cura o al sostegno di figli disabili.

I patti prematrimoniali potranno essere stipulati o modificati in qualsiasi momento, anche in costanza di matrimonio ma, in ogni caso, prima del deposito del ricorso per separazione personale o della sottoscrizione della convenzione di negoziazione assistita.

In conclusione, possiamo dire che il disegno di legge in discussione rappresenta un naturale adeguamento all’evoluzione del sistema giuridico nazionale e agli orientamenti internazionali e potrebbe, addirittura, favorire i matrimoni in quanto farebbe chiarezza e stabilirebbe le responsabilità dei futuri coniugi fin dall’inizio in merito alle conseguenze patrimoniali che la fine di un matrimonio può comportare.

21/10/2017 | Categorie: Finanza personale Firma: Redazione