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Pensioni e lavoro: le proiezioni dei prossimi anni per i lavoratori italiani

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Quali saranno le sorti di lavoratori e pensionati da qui ai prossimi trent’anni in Italia? Secondo le stime dell’OCSE nel 2050 il rapporto tra lavoro e pensioni sarà di 1:1. Questo dato preoccupa gli analisti perché il rischio è quello di arrivare ad avere più pensionati che lavoratori e portare al collasso il sistema pensionistico in Italia.

Quali saranno le sorti di lavoratori e pensionati da qui ai prossimi trent’anni in Italia? Secondo le stime dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel 2050 il rapporto tra lavoro e pensioni sarà di 1:1. Questo dato preoccupa gli analisti perché il rischio è quello di arrivare ad avere più pensionati che lavoratori e portare al collasso il sistema pensionistico in Italia.

I dati dell’OCSE su lavoro e pensioni per l’Italia e l’Europa

Come riportato dal rapporto OCSE “Working better with age”, l’Italia risulta essere il primo tra i Paesi OCSE per numero di ex lavoratori in pensione e di cittadini over 50 inattivi. Il rapporto tra pensioni e lavoro attualmente si attesta ad un rapporto di 68:100 ed è un valore superiore a quello registrato in altri paesi UE come Francia, Grecia, Polonia e Belgio.

Il rischio per l’Italia per i prossimi anni è quello di arrivare al 2050 con un aumento delle pensioni del 40% rispetto al numero dei soggetti attivi sul mercato del lavoro. Inoltre, gli occupati – a causa della carenza di posti di lavoro fisso – potrebbero essere solo 2,3 milioni e ciò comporterebbe una diminuzione nell’afflusso di contribuiti nelle casse pensionistiche.

A questi dati allarmanti si aggiungono la bassa natalità e l’allungamento delle aspettative di vita che, da un lato ridurranno i numeri delle persone in età da lavoro di circa 7,4 milioni; dall’altro determineranno dei redditi più contenuti ed un aumento di anziani non autosufficienti (circa 5,7 milioni) col conseguente rischio del collasso del Servizio sanitario nazionale.

Il rapporto tra spesa per le pensioni e prestazioni erogate: qual è la situazione in Italia e in Europa?

L’Italia risulta, quindi, un paese “vecchio”, con un’età media di circa 47,3 anni e questo si configura come un elemento che gioca a sfavore sul cosiddetto “tasso di dipendenza”, ovvero il rapporto tra coloro che percepiscono una pensione e quanti lavorano e dovrebbero contribuire a rimpolpare le casse previdenziali.

Un altro dato poco incoraggiante per l’Italia rispetto agli altri Paesi europei riguarda la spesa delle pensioni in rapporto alle prestazioni erogate. Ecco i dati che vengono rilevati dal rapporto dell’OCSE: “In Italia il tasso di sostituzione, il rapporto tra pensione e ultimo stipendio calcolato al lordo delle tasse, è pari al 74,6%, mentre in Germania dove le pensioni pubbliche pesano per il 10,2% del PIL, la copertura è pari al 41,5%”.

E ancora: “La spesa per le pensioni della Francia arriva al 13,6% e il tasso di sostituzione lordo supera il 60%; in Irlanda le pensioni pubbliche valgono il 3,7% del PIL ma coprono meno del 30% del salario, nei Paesi Bassi, altro paese ‘virtuoso’, il tasso di copertura del solo sistema pubblico è pari al 29,2%, sistemi previdenziali privati ‘quasi-obbligatori’ apportano un ulteriore 40,5%”.

Allungamento delle aspettative di vita e bassi tassi di natalità: come influiranno sulle pensioni degli italiani?

Un dato che va sottolineato è che in Italia (come in molti altri paesi dell’Unione Europea) si è registrato non solo un allungamento ma perfino un miglioramento delle aspettative di vita; questa variabile viene integrata all’età pensionabile. In Italia, infatti, le prospettive di futura età pensionabile ‘normale’ è di 71 anni – una tra le più elevate come la Danimarca (74 anni), l’Estonia (71 anni) e i Paesi Bassi (71 anni) – contro una media OCSE di 66 anni. Questo cosa comporta per le pensioni degli italiani?

Ecco quanto riportano i dati trasmessi dal rapporto OCSE “Pensions at a glance 2021”: “L’Italia, figura tra i sette Paesi dell’OCSE che collegano l’età pensionabile prevista per legge alla speranza di vita. In un regime NDC (Nationally Determined Contributions, vale a dire il sistema contributivo) tale legame non è necessario per migliorare le finanze pensionistiche, ma mira a evitare che le persone vadano in pensione troppo presto con pensioni troppo basse e a promuovere l’occupazione in età più avanzata”.

I dati dell’OCSE su pensioni ed età media di uscita dal mondo del lavoro

Di certo questo allungamento della vita media comporta che gli italiani con un impiego restino più a lungo nel mondo del lavoro e si ritirino dalla vita attiva in media a 61,8 anni. Per i giovani lavoratori, invece, che trovano adesso un impiego, l’età prevista per andare in pensione è di circa 71 anni e – con un iter lavorativo privo di sospensioni – la prospettiva più rosea per loro è quella di accumulare una pensione più sostanziosa.

Spiegano gli esperti dell’OCSE che per effetto della relazione tra età pensionabile e aspettative di vita, chi ha iniziato a lavorare nel 2020 all’età di 22 anni andrà in pensione a 71 anni e – con un salario medio e una carriera continuativa – arriverà ad un tasso di sostituzione netto dell’81,2%. Realisticamente, però – riconosce l’OCSE – è impossibile pensare di non avere interruzioni lavorative e proprio l’entrata non immediata nel mondo del lavoro può comportare un rallentamento nel versamento dei contributi e conseguentemente una riduzione dell’assegno pensionistico.

Pensioni e lavoro: come possono agire i governi in Italia e in Europa?

Nonostante negli ultimi 20 anni la crescita dell’occupazione in Italia sia stata bilanciata dall’allungamento delle tempistiche di uscita dal mondo del lavoro – il che ha compensato la pressione dell’invecchiamento demografico sulla spesa per le pensioni – questa ha comunque influito sul PIL nazionale per un +2,2% tra il 2000 e il 2017.

Il nostro Paese non è, però, l’unico in Europa dove il rapporto tra crescita dell’aspettativa di vita, aumento dei soggetti in pensione e bassa natalità risulta preoccupante; anche la Francia presenta percentuali simili a quelle italiane, ma si sta attivando per dare il via a programmi che riducano il divario demografico. Ecco perché l’OCSE invita anche il governo italiano a muoversi per promuovere maggiori opportunità di lavoro e sostenere così la finanza pubblica e il futuro delle pensioni degli italiani.

08/01/2022 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Giulia Panebianco