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Peggio perdere un uovo oggi,
che una gallina domani

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Analizziamo la sostenibilità con gli occhi dell’Economia Comportamentale. Perché investiamo cosi poco sul futuro e perché una ragazzina di 15 anni può aiutarci a migliorare

L’esempio della sostenibilità

Mentre scrivo queste righe, Greta Thunberg è tra i favoriti per l’assegnazione del premio Nobel per la Pace 2019. Che lo vinca o meno (voi che leggete lo sapete probabilmente già), l’essere candidata è già un enorme risultato. Per chi non conoscesse colei di cui stiamo parlando, Greta è una ragazzina svedese di sedici anni che, da alcuni mesi, è diventata bandiera e portavoce di un movimento mondiale per il clima. Più precisamente, quello che sostiene, dando voce a moltissime persone, è che sia giunto il momento storico in cui è necessario cambiare passo, cambiare drasticamente atteggiamento verso il cambiamento climatico ed agire: agire per porre un freno all’impatto della nostra società sul clima e prevenire conseguenze disastrose, finché siamo ancora in tempo.

Da Greta alla finanza comportamentale

“How dare you”, “come osate”, è l’intercalare più famoso nei discorsi di Greta. Rivolgendosi ai politici e agli imprenditori, alle persone di potere, agli adulti, questa ragazzina chiede conto di ciò che stanno facendo a lei ed alla sua generazione, i loro figli. Come per tutti i fenomeni mediatici che raggiungono una simile diffusione, è difficile rimanere indifferenti di fronte al suo messaggio: lo si ama o lo si odia, lo si sostiene o lo si critica. Il dato di fatto, però, è che si tratta di un messaggio di successo, che fa presa. Nel settembre 2019, in tutto il mondo 7,6 milioni di persone hanno marciato a sostegno di questo messaggio. Quello che ci interessa, nella nostra analisi di oggi, è il meccanismo che sta dietro le parole di Greta: un meccanismo di cambiamento potente e molto studiato in Economia Comportamentale. C’è un problema di fondo che intacca ogni iniziativa di sostenibilità. Tecnicamente possiamo parlare di un bias, un errore sistematico che tendiamo a commettere tutti. Ed è esattamente quello contro cui si scaglia Greta: l’inazione. Il mantenimento dello status quo, il perdurare delle abitudini.

Passare all’azione

La sostenibilità è l’esatto opposto. Un’azione sostenibile, che sia individuale, di un’impresa o di un governo, richiede cambiamento. E non una volta sola: l’attenzione alla sostenibilità richiede lo sviluppo di strategie adattive, una continua attenzione agli effetti dei nostri comportamenti (individuali e collettivi). La capacità di cambiare in meglio, in continuazione. Perché gli esseri umani, così capaci di adattarsi da aver conquistato, unica fra le specie a noi note, un intero pianeta, fanno così fatica a cambiare? Perché queste resistenze, quello che chiamiamo bias dello status quo? Il messaggio di Greta Thunberg è interessante – che lo condividiate o meno nei suoi contenuti – proprio perché ci aiuta a mettere in luce le dinamiche cognitivo-comportamentali del cambiamento e quelle del suo opposto, dell’inazione. Nel dicembre 2018 la ragazzina parla di fronte alla conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico a Katowice, Polonia. In un passaggio del suo discorso pronuncia queste parole: “Nell’anno 2078 festeggerò il mio 75mo compleanno. Se avrò dei bambini, forse trascorreranno quel giorno con me. Forse mi chiederanno di voi. Forse mi chiederanno perché non avete fatto nulla, quando c’era ancora il tempo per agire.” E ancora, poco dopo: “Dite che amate i vostri figli più di ogni altra cosa, eppure state rubando loro il futuro sotto i loro stessi occhi”.

Gli effetti invisibili dell’inazione

Quelle di cui Greta parla, quelle che evoca con le sue parole, sono conseguenze a lungo termine dei nostri comportamenti. Effetti invisibili, che toccheremo con mano soltanto fra molto tempo, di ciò che stiamo facendo oggi. E sono esattamente il nostro tallone d’Achille: le persone faticano ad agire oggi in funzione di ciò che accadrà nel futuro. È una dura e ormai ben nota realtà, in Economia Comportamentale. La nostra presunta razionalità, la capacità di sacrificarci in vista di un bene o guadagno futuro, è soltanto un’ombra. Lo si vede bene parlando di cambiamento climatico, dove descrivere enormi difficoltà e catastrofi future fa poca presa, mentre parlare dell’ultimo fortissimo tifone o far notare le alte temperature del mese in corso ha effetti molto più forti sull’attenzione delle persone. Ma lo si vede anche in altri ambiti.

Il parallelismo con gli investimenti

La sostenibilità, appunto, che si fonda sulla modifica di azioni e piccole decisioni quotidiane per generare un cambiamento di sistema, i cui effetti sull’ambiente e sull’economia non sono affatto immediati: per questo sono, da soli, un debole drive decisionale. Lo si vede anche, per fare ancora un esempio, sui mercati, dove l’avversione alla perdita ci spinge ad agire (acquistare, vendere) in funzione di oscillazioni momentanee dei prezzi, vissute con grande coinvolgimento emotivo, anziché pazientare e pensare al lungo termine. Abbiamo la vista corta, per così dire. Notiamo benissimo la perdita di un uovo oggi – che ci fa subito attivare, anche emotivamente – mentre facciamo fatica a mettere a fuoco il rischio di perdere tutta la gallina domani. Le nostre decisioni sono costantemente influenzate dalle loro conseguenze, e questo è un bene: agiamo in funzione di quello che, così facendo, otteniamo. Ma queste conseguenze subiscono un effetto temporale. È un effetto che in Economia Comportamentale è stato descritto in due modi: esponenziale ed iperbolico. Vale la pena soffermarsi un attimo per comprenderlo bene, viste le conseguenze che ha sulla nostra società. Le conseguenze delle nostre azioni perdono di valore, nella nostra percezione, quanto più sono lontane da noi nel futuro. È una perdita di valore esponenziale (Exponential Discounting): più passa il tempo, più drasticamente il valore percepito cade. Diveniamo indifferenti, le conseguenze diventano irrilevanti. Abbiamo già fatto diversi esempi negativi per mostrarlo, ne aggiungo uno positivo. Il programma Give More Tomorrow chiede alle persone di donare dei soldi per attività di beneficenza. Non chiede però di donarli oggi, ma fra due mesi: alle persone è chiesto di prendere l’impegno oggi per pagare in futuro. È stato dimostrato sperimentalmente che allontanare l’esborso monetario nel futuro, fa aumentare l’entità delle donazioni: l’esborso di denaro immediato sarebbe più sofferto, spostato nel futuro diventa tollerabile.

Il bias del presente

Un altro esempio, dalla vita quotidiana, è la facilità con cui inseriamo in agenda un impegno poco gradevole o comunque faticoso, a patto che sia per il mese prossimo: se si trattasse di doverlo fare domani, più probabilmente diremmo di no. Il secondo aspetto caratteristico di questa perdita di valore percepito è che, all’inizio, è rapidissima. Il decadimento del valore percepito in funzione del tempo disegna un’iperbole (Hyperbolic Discounting): basta guardare appena davanti a noi nel futuro e già il nostro interesse per le conseguenze delle nostre decisioni è crollato. Anche qui, un piccolo esempio dalla vita quotidiana ci aiuta a capirlo. Pensate alla sveglia alla mattina presto e alla fantozziana funzione di snooze, il tasto per ritardare la sveglia e guadagnare ancora qualche minuto: alzarsi dal letto immediatamente è una prospettiva tragica, farlo anche solo fra qualche minuto sembra molto più accettabile. Solo qualche minuto. Stiamo descrivendo delle caratteristiche – purtroppo – squisitamente umane, che hanno un forte impatto sul modo in cui ci comportiamo e sulle decisioni che prendiamo. Anche di fronte a temi estremamente rilevanti, che hanno conseguenze sulla nostra vita: i risparmi, i comportamenti sostenibili, l’ambiente. Questi nostri limiti nella capacità decisionale vanno sotto il nome complessivo di bias del presente. È il bias che descrive lo sbilanciamento verso il presente di tutti i nostri ragionamenti ed è, a sua volta, uno dei principali fattori che concorrono al bias dello status quo, all’inazione, alla mancanza di cambiamento là dove – razionalmente – dovrebbe esserci. È contro questa irrazionalità e visione corta che lotta Greta Thunberg, così come ogni movimento ambientalista ed ogni sforzo verso la sostenibilità.

Imparare a guardare lontano

Il fatto che il messaggio di Greta abbia avuto un così marcato successo, abbiamo detto, ci interessa: è l’occasione per analizzarlo e provare a capire che cosa funziona. In che modo è possibile scardinare il bias del presente? Possiamo imparare qualcosa dalla lezione di questa ragazzina? Torniamo ai suoi discorsi. Nelle frasi che pronuncia e che abbiamo riportato nel corso dell’articolo, Greta ci parla del futuro, delle conseguenze. Lo fa in modo estremamente concreto ed emotivamente attivante, potremmo dire che calca molto la mano. Parla dei nostri figli, ce li fa immaginare cresciuti, a festeggiare un compleanno e a parlare di noi, qui nel passato. Evoca delle conseguenze (per noi naturalmente deboli e fumose) e le porta qui, nel presente: ci critica, si scaglia contro di noi (“How dare you”, dicevamo). Collega direttamente i nostri comportamenti attuali con se stessa e con il suo futuro, proponendosi come simbolo di tutti i bambini e ragazzi di oggi. Quello che Greta costruisce è un ponte verbale fra presente e futuro. Grazie alle parole è in grado – quasi – di annullare l’effetto del tempo. Ci fa vivere le conseguenze delle nostre azioni come se fossero qui e ora, oggi stesso. È questo il meccanismo che ci salva. La nostra capacità verbale ci permette, oggi, di immaginare, descrivere, discutere di quello che accadrà domani. Se non fossimo in grado di parlarne saremmo del tutto indifferenti. Se ci pensate, è la condizione in cui vivono le altre specie sul nostro pianeta e, come abbiamo visto, è anche parte della nostra biologia. Ma la capacità verbale ci ha trasformati, ci ha dato uno strumento per poterci migliorare, per comportarci meglio.

La dura lotta contro automatismi e bias

Non stiamo parlando di soluzioni semplici e nitide. È una guerra di trincea, pensieri e parole contro automatismi e bias. È la guerra che compie, da anni, tutto l’ambito della sostenibilità. Solo recentemente si è diffuso un discorso pubblico più ampio e potente, di efficacia montante, che ha permesso a governi, imprese e singoli cittadini di colmare le distanze con il futuro. Ragionare su dove finisce la plastica, sull’impatto dei gas serra sul clima, sull’integrazione e gli effetti delle discriminazioni sull’economia, è un modo per portare nel presente conseguenze del lontano futuro, per vincere i nostri bias. Ma ci vuole un forte e condiviso discorso pubblico per riuscire a farlo; ci vuole, a volte, una ragazzina con un messaggio dirompente. Quello a cui stiamo assistendo, coinvolti o meno in prima persona, è la realizzazione di una ristrutturazione cognitiva. Il messaggio di Greta Thunberg è un valido esempio di come sia possibile modificare radicalmente, dal bianco al nero, la nostra visione di un problema, e quindi le nostre decisioni: facendo sì che i comportamenti che fino a un attimo prima erano guidati, in modo miope, dalle sole conseguenze immediate, vengano guidati molto più razionalmente dalle conseguenze a medio e lungo termine. È un insegnamento utile perché può essere replicato in molti altri contesti rilevanti della nostra vita, non ultimi quelli della sostenibilità e degli investimenti finanziari.

22/11/2019 | Categorie: Dossier Firma: Francesco Pozzi