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Patrimoni italiani all’estero
(2° parte)

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Dopo aver analizzato le novità nelle politiche di collaborazione tra l’Italia e gli altri Paesi, oltre ad aver visto le nuove regole di monitoraggio fiscale, analizzando quali sono i soggetti esonerati e quali quelli obbligati a essere monitorati, passiamo a studiare altri casi particolari. Da quelli in cui a detenere beni all’estero è una società italiana, passando per quelle che sono le nuove sanzioni e da ultimo un focus approfondito sul tema della tassazione. Questo lungo viaggio tra normative, cavilli, dettagli e particolarità dell’ecosistema giuridico-tributario riguardante i capitali all’estero, è davvero in grado di fornire una view a 360° sul tema.

I soggetti esonerati dagli obblighi di monitoraggio fiscale (esonero soggettivo)

Nessun obbligo di “monitoraggio fiscale” è posto in capo:

  • agli enti commerciali privati. Analoga esclusione è applicabile agli enti pubblici e agli altri soggetti[1] indicati nell’articolo 74, comma 1, del TUIR.

Con riferimento alle attività estere finanziarie e agli investimenti all’estero effettuati dagli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) istituiti in Italia, nonostante essi siano inclusi tra gli enti non commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, si ritiene che essi debbano essere considerati esonerati dagli obblighi di monitoraggio fiscale dal momento che gli investimenti da essi detenuti non sono produttivi di redditi imponibili in quanto esenti dalle imposte sui redditi ai sensi del comma 5-quinquies del medesimo articolo 73, sempreché il fondo o il soggetto incaricato della gestione sia sottoposto a forme di vigilanza prudenziale[2]. Le medesime considerazioni valgono per i fondi immobiliari[3], nonché per le forme pensionistiche complementari soggette al regime fiscale sostitutivo di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252.

Inoltre, non sono soggetti all’obbligo di compilazione del quadro RW, i contribuenti la cui residenza fiscale in Italia è determinata ex lege ovvero in base ad accordi internazionali ratificati in Italia e che prestano in via continuativa attività lavorative all’estero.

In particolare, l’articolo 38, comma 13, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, ha esonerato dall’obbligo di compilazione del quadro RW:

  • le persone fisiche che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale e le persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia (ad esempio, ONU, NATO, Unione Europea, OCSE) la cui residenza fiscale in Italia sia determinata, in deroga agli ordinari criteri previsti dall’articolo 2 del TUIR, in base ad accordi internazionali ratificati. Inoltre, per effetto dell’articolo 14, primo paragrafo, del Protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, l’esonero si applica anche al coniuge, sempreché non eserciti una propria attività lavorativa, nonché ai figli ed ai minori a carico dei dipendenti pubblici.
  • i dipendenti di ruolo pubblici che risiedono all’estero per motivi di lavoro, per i quali sia prevista la notifica alle autorità locali ai sensi delle convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari e che, in virtù dell’articolo 1, comma 9, lettera b), della legge 27 ottobre 1988, n. 470, mantengono ai fini fiscali la residenza in Italia. Per tali soggetti l’esonero è riferito a tutte le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero;
  • i soggetti residenti in Italia che prestano la propria attività lavorativa in via continuativa all’estero in zone di frontiera e in Paesi limitrofi. In tal caso, l’esonero si applica limitatamente alle attività di natura finanziaria e patrimoniale detenute nel Paese in cui viene svolta l’attività lavorativa.

L’esonero dagli obblighi di monitoraggio fiscale permane fintanto che il lavoratore presta la propria attività all’estero e viene meno al suo rientro in Italia, qualora questi mantenga, per qualsiasi motivo, le suddette disponibilità all’estero[4].

In sostanza, ai fini dell’esonero dagli obblighi di monitoraggio, occorre verificare che la condizione di lavoratore all’estero sia stata realizzata per un numero complessivo di giorni maggiore a 183 nell’arco dell’anno, anche se non continuativi.

Qualora il lavoratore rientri in Italia dopo aver prestato la propria attività lavorativa all’estero per la maggior parte del periodo d’imposta, può usufruire del predetto esonero sempreché, entro sei mesi dall’interruzione del rapporto di lavoro all’estero, non detenga più le attività all’estero. Diversamente, se il contribuente entro tale data non ha riportato le attività in Italia o dismesso le stesse, è tenuto ad indicare tutte le attività detenute all’estero durante l’intero periodo d’imposta.

Rimane naturalmente fermo, per i suddetti soggetti esonerati dal monitoraggio fiscale, l’obbligo di indicare nella dichiarazione annuale i redditi derivanti dalle attività estere di natura finanziaria e dagli investimenti esteri.

Laddove ricorrano i necessari presupposti, i lavoratori all’estero per i quali non sussiste una specifica disposizione normativa che determini la residenza fiscale in Italia per presunzione, sono invece regolarmente tenuti agli obblighi del monitoraggio fiscale.

I soggetti italiani obbligati agli adempimenti di monitoraggio fiscale dei propri patrimoni all’estero

Date le situazioni di esonero di natura soggettiva e oggettiva innanzi esposte, i soggetti obbligati al monitoraggio fiscale sono le persone fisiche, gli enti “non commerciali” e le società semplici e i soggetti equiparati, residenti in Italia. In tale ambito soggettivo sono ricomprese le persone fisiche titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo.

Pertanto l’obbligo di dichiarazione sussiste, indipendentemente dal tipo di contabilità adottata, anche nel caso in cui le operazioni siano poste in essere dagli interessati in qualità di esercenti attività commerciali o professionali e nonostante essi siano soggetti a tutti gli obblighi di tenuta e conservazione delle scritture contabili previsti dalle norme fiscali.

Resta fermo che i soggetti interessati devono essere fiscalmente residenti nel territorio dello Stato.

Tali criteri sono, come noto, alternativi essendo sufficiente che sia verificato anche uno solo di essi affinché una persona fisica possa considerarsi fiscalmente residente in Italia.

Giova ricordare che il requisito della residenza si acquisisce ex tunc con riferimento al periodo d’imposta nel quale la persona fisica instaura il collegamento territoriale rilevante ai fini fiscali.

Pertanto, soltanto alla fine dell’anno solare è possibile effettuare la verifica del requisito temporale della permanenza in Italia (183 o 184 giorni in caso di anno bisestile) per determinare la residenza fiscale della persona[5].

Inoltre, come stabilito dal successivo comma 2-bis del medesimo articolo 2 del TUIR, si considerano altresì residenti, salvo prova contraria del contribuente, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Ai sensi del citato comma 3 dell’articolo 73 del TUIR, si considerano pure residenti nel territorio dello Stato, salva prova contraria, i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori diversi da quelli inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale previsto dall’articolo 168-bis, comma 1, del TUIR (cosiddetta “white list”)[6], in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari del trust siano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato. Si considerano, altresì, residenti in Italia i trust istituiti nei predetti Stati o territori non white list quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.

I contribuenti residenti, rientranti nell’ambito soggettivo del monitoraggio fiscale, sono tenuti agli obblighi dichiarativi nell’ipotesi di detenzione di attività finanziarie e patrimoniali a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione e quindi anche se pervengono da eredità o donazioni.

Qualora sul bene sussistano più diritti reali, ad esempio, nuda proprietà e usufrutto, sono tenuti all’effettuazione di tale adempimento sia il titolare del diritto di usufrutto sia il titolare della nuda proprietà. Ciò in quanto sia la titolarità del diritto di usufrutto che della nuda proprietà sono in grado di generare redditi imponibili in Italia[7] .

In tal senso, in caso di conto corrente estero intestato ad un soggetto residente sul quale vi è la delega di firma di un altro soggetto residente, anche il delegato è tenuto alla compilazione del quadro RW per l’indicazione dell’intera consistenza del conto corrente detenuto all’estero qualora si tratti di una delega al prelievo e non soltanto di una mera delega ad operare per conto dell’intestatario. Interessanti al riguardo anche le precisazioni fornite con CM n. 10/E del 14 maggio 2014, secondo cui invece “gli amministratori con potere di firma sui conti correnti della società in uno Stato estero, che non siano beneficiari (ossia possessori) dei relativi redditi, non devono compilare, relativamente a dette consistenze/trasferimenti, il quadro RW della propria dichiarazione dei redditi”.

L’obbligo di compilazione del quadro RW sussiste non soltanto nel caso di possesso diretto delle attività da parte del contribuente, ma anche nel caso in cui le predette attività siano possedute dal contribuente per il tramite di interposta persona.

E’ il caso, ad esempio, di soggetti che abbiano l’effettiva disponibilità di attività finanziarie e patrimoniali “formalmente” intestate ad un trust (sia esso residente che non residente).

Analoghe considerazioni valgono in caso di investimenti all’estero ed attività estere di natura finanziaria nonché investimenti in Italia ed attività finanziarie italiane, detenute per il tramite di fiduciarie estere o di soggetti esteri fittiziamente interposti che ne risultino formalmente intestatari[8].

Le attività finanziarie e patrimoniali all’estero oggetto di monitoraggio fiscale da parte dei contribuenti italiani

Attività di natura finanziaria

Per attività estere di natura finanziaria devono intendersi quelle attività da cui derivano redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera. Possono essere oggetto di dichiarazione nel quadro RW i beni e diritti patrimoniali che seguono:

– attività i cui redditi sono corrisposti da soggetti non residenti, tra cui, partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti non residenti (ad esempio, società estere, entità giuridiche quali fondazioni estere e trust esteri), obbligazioni estere e titoli similari, titoli pubblici italiani e titoli equiparati emessi all’estero, titoli non rappresentativi di merce e certificati di massa emessi da non residenti (comprese le quote di OICR esteri), valute estere, depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero indipendentemente dalle modalità di alimentazione (ad esempio, accrediti di stipendi, di pensione o di compensi);

– contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, tra cui, finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito titoli, nonché polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulate con compagnie di assicurazione estere;

– contratti derivati e altri rapporti finanziari stipulati al di fuori del territorio dello Stato;

–  metalli preziosi allo stato grezzo o monetato detenuti all’estero;

– diritti all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni estere o strumenti finanziari assimilati;

– forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero.

Devono pure essere oggetto di indicazione nel quadro RW, al sussistere delle necessarie condizioni, le attività finanziarie italiane detenute all’estero (quali ad esempio, i titoli pubblici ed equiparati emessi in Italia, le partecipazioni in soggetti residenti ed altri strumenti finanziari emessi da soggetti residenti) in quanto suscettibili di produrre redditi diversi di natura finanziaria derivanti da attività detenute all’estero[9].

Vanno altresì “monitorate” le attività e gli investimenti detenuti all’estero per il tramite di soggetti localizzati in Paesi diversi da quelli collaborativi nonché in entità giuridiche italiane o estere, diverse dalle società, qualora il contribuente risulti essere “titolare effettivo” delle predette attività e investimenti nell’accezione contenuta nella normativa ”antiriciclaggio”.

I predetti diritti di opzione devono, invece, essere indicati in ogni caso nel quadro RW e, quindi, anche nel corso del vesting period, qualora essi siano cedibili.

Per quanto riguarda, invece, le forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero, va indicata la posizione individuale maturata nel periodo d’imposta come risultante dalla documentazione rilasciata dal fondo.

Tutte le attività in questione vanno indicate nel quadro RW in quanto di per sé produttive di redditi imponibili in Italia.

Con la nuova formulazione dell’articolo 6 del DL n. 167/1990 le attività finanziarie si presumono fruttifere in misura pari al tasso ufficiale di riferimento vigente in Italia nel relativo periodo d’imposta.

Viene inoltre confermato che, qualora l’attività non abbia prodotto redditi nel periodo d’imposta, il contribuente deve specificare in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi che si tratta di redditi la cui percezione avverrà in un successivo periodo d’imposta.

E’ stato altresì prevista la possibilità di indicare nella medesima sede che determinate attività non sono fruttifere.

Si ricorda che la presunzione di fruttuosità è una presunzione relativa dal momento che può essere opposta prova contraria da parte del contribuente. Pertanto, fermi restando gli obblighi di monitoraggio e di compilazione del quadro RW, qualora sulla base della legislazione o della prassi vigente in taluni Paesi le attività finanziarie non abbiano prodotto redditi nel periodo d’imposta o siano infruttifere, sarà opportuno che gli interessati acquisiscano dagli intermediari esteri documenti o attestazioni da cui risulti tale circostanza per giustificare, in caso di successivo controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, la mancata compilazione dell’apposita modello di dichiarazione[10].

Attività di natura patrimoniale

Gli investimenti da indicare nel quadro RW sono costituiti da beni patrimoniali collocati all’estero e che sono suscettibili di produrre reddito imponibile in Italia.

A titolo esemplificativo, sono oggetto di segnalazione i seguenti investimenti: gli immobili situati all’estero o i diritti reali immobiliari (ad esempio, usufrutto o nuda proprietà) o quote di essi (ad esempio, comproprietà o multiproprietà), gli oggetti preziosi e le opere d’arte che si trovano fuori del territorio dello Stato (compresi quelli custoditi in cassette di sicurezza), le imbarcazioni o le navi da diporto o altri beni mobili detenuti all’estero e/o iscritti nei pubblici registri esteri, nonché quelli che pur non essendo iscritti nei predetti registri avrebbero i requisiti per essere iscritti in Italia.

Giova pure ricordare che sono stati considerati “detenuti all’estero” gli immobili ubicati in Italia posseduti per il tramite di strutture/entità fiduciarie estere o di un soggetto interposto residente all’estero[11].

Le attività patrimoniali detenute all’estero vanno indicate nel quadro RW anche se immesse in cassette di sicurezza.

Si ricorda che sono soggetti all’obbligo di monitoraggio le consistenze di tutti gli investimenti detenuti all’estero anche nel caso in cui sussista una capacità produttiva di reddito meramente potenziale e quindi eventuale e lontana nel tempo derivante dall’alienazione, dall’utilizzo nonché dallo sfruttamento del bene, anche senza organizzazione d’impresa.

Pertanto, i contribuenti sono comunque tenuti ad indicare nel quadro RW anche gli investimenti di natura patrimoniale quali, ad esempio, gli immobili tenuti a disposizione, le imbarcazioni, gli oggetti preziosi e le opere d’arte, indipendentemente dall’effettiva produzione di redditi imponibili nel periodo d’imposta. Ai fini dell’individuazione dei contribuenti tenuti agli obblighi di monitoraggio, anche relativamente alle attività patrimoniali, valgono le considerazioni già svolte con riferimento ai “titolari effettivi” di attività finanziarie detenute per il tramite di società ed altre entità giuridiche.

La valorizzazione delle attività finanziarie e patrimoniali all’estero oggetto di monitoraggio fiscale

La valorizzazione dei patrimoni oggetto di monitoraggio fiscale per quanto anzidetto, segue i criteri posti per l’applicazione di altre imposte quali l’Ivie e l’Ivafe[12]

Ciò vale anche per quei soggetti (enti non commerciali e società semplici ed equiparate) non tenuti al pagamento dell’IVIE (imposta sul valore degli immobili all’estero) e dell’IVAFE (imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero), ma che dovranno utilizzare i medesimi criteri di valorizzazione delle attività esclusivamente ai fini del monitoraggio fiscale.

Nel quadro RW devono essere riportate le consistenze degli investimenti e delle attività valorizzate all’inizio di ciascun periodo d’imposta ovvero al primo giorno di detenzione (di seguito, “valore iniziale”) e al termine dello stesso ovvero al termine del periodo di detenzione nello stesso (di seguito, “valore finale”), nonché il periodo di possesso.

Per le attività patrimoniali diverse da quelle finanziarie, occorre distinguere quanto segue:

  • quanto agli immobili, l’indicazione del valore degli immobili situati all’estero o di quelli che si considerano detenuti all’estero deve essere effettuata seguendo le stesse regole utilizzate ai fini dell’IVIE, anche se non dovuta.
  • per le altre attività patrimoniali detenute all’estero, diverse dagli immobili, per le quali non è dovuta l’IVIE, il contribuente deve indicare il costo d’acquisto, risultante dalla relativa documentazione probatoria, ovvero il valore di mercato all’inizio di ciascun periodo d’imposta (ovvero al primo giorno di detenzione) e al termine dello stesso (ovvero al termine del periodo di detenzione nello stesso).

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[1]  Giova precisare che gli enti di previdenza obbligatoria (casse professionali) istituiti nelle forme di associazione o fondazione non rientrano tra gli enti pubblici e, pertanto, sono obbligati agli adempimenti del monitoraggio (cfr. Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza n. 17961 del 24 luglio 2013)
[2]  Si veda la risoluzione n. 43/E del 2 luglio 2013.
[3] Soggetti al regime fiscale di non imponibilità previsto dall’articolo 6 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 351 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410
[4]  Come ha chiarito la CM n. 38/2013 “Ai fini dell’individuazione del momento in cui va verificato il presupposto soggettivo di esonero con riferimento alla condizione di “diplomatico” o di “frontaliere”, nella risoluzione n. 128/E del 10 dicembre 2010, è stato specificato che, tale condizione deve sussistere alla data del 31 dicembre del periodo d’imposta di riferimento considerando che a tale data il contribuente deve verificare i presupposti di compilazione del quadro RW (ossia l’esistenza all’estero degli investimenti). Tuttavia, tale impostazione va ora coordinata con le modifiche normative introdotte dalla legge europea 2013. Infatti, l’obbligo di monitoraggio non è più dipendente dalla sussistenza all’estero degli investimenti e dalla detenzione delle attività estere di natura finanziaria ad una specifica data (finora 31 dicembre del periodo d’imposta). Pertanto, l’esonero previsto per tale categoria di soggetti deve essere riconosciuto soltanto qualora l’attività lavorativa all’estero sia stata svolta in via continuativa per la maggior parte del periodo d’imposta e a condizione che il lavoratore al rientro in Italia abbia qui trasferito le attività detenute all’estero.”
[5]  Cfr. circolare del Ministero delle Finanze del 17 agosto 1996, n. 201
[6]  Si veda quanto specificato nella nota precedente.
[7]  Cfr. risoluzione n. 142/E del 30 dicembre 2010
[8]  Cfr. risoluzione n. 134/E del 30 aprile 2002.
[9]  Va sempre osservato che con la circolare n. 9/E del 30 gennaio 2002 (risposta 1.28) e la risoluzione n. 134/E del 2002 sono state considerate “detenute all’estero” anche le attività finanziarie italiane detenute per il tramite di fiduciarie estere o soggetti esteri interposti
[10] E’ bene tener presente che restano sempre impregiudicati gli ordinari poteri di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, compresa l’applicazione dell’articolo 12 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e successive modificazioni, che prevede una presunzione relativa in base alla quale si considerano costituite con redditi sottratti a tassazione le attività detenute in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indicati nel decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, senza tener conto delle limitazioni ivi previste.
[11]  Si veda la risoluzione n. 134/E del 30 aprile 2002
[12]   Tributi istituiti dall’articolo 19, commi da 13 a 23, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201convertito, con modificazioni, dalle legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni. Si veda infra per una specifica trattazione dedicata a questi tributi.
30/06/2020 | Categorie: Consulenza Finanziaria Firma: Fabrizio Vedana