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Obama nuovo presidente USA, quali riflessi sui mercati?

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Il Dow Jones Industrial è sotto del 30%, il credit crunch impazza e la recessione è sempre più vicina. Eppure Wall Street è ottimista. E si attende un rally. Forse anche perché, da sempre, il mese elettorale, indipendentemente dal vincitore è un mese fortemente positivo per i listini. Cosa ne pensa?

Il mercato odia l’incertezza e il fatto che adesso si conosca il nome del nuovo Presidente e che rappresenti un grande cambiamento non può che risollevare la fiducia in un contesto sfiduciato. La questione chiave è la magnitudo del pericolo che, partendo dalla crisi finanziaria, ha poi flesso l’economia reale. L’economia statunitense deve fronteggiare una forte recessione e gli investitoti adesso si focalizzeranno sulla capacità della nuova amministrazione di superarre questa crisi senza precedenti. Si possono tracciare alcuni parallelismi con l’elezione di Bill Clinton nel 1992 avvenuta nel bel mezzo di una recessione economica, anche se attualmente la situazione è di gran lunga più impegnativa. Dopo una situazione iniziale di euforia la realtà tornerà a riaffacciarsi perfino più turbolenta.

 

Come reagiranno al risultato elettorale dollaro, petrolio, Borsa, bond (Treasury e corporate)? Ci potrebbe essere un effetto “calmiere” anche sul dato congiunturale?

Obama implementerà uno stimolo fiscale e crede nelle virtù della spinta keynesiana. Da ciò per la valuta statunitense e il mercato obbligazionario l’incertezza chiave riguarda la magnitudo di tale stimolo fiscale che potrebbe innalzare il target limite del deficit pubblico. C’è un paradosso: solitamente i democratici sono meno orientati al business ma l’ultima volta, durante l’amministrazione Clinton negli anni ’90, si è manifestato un trend di mercato rialzista. Obama è consigliato da un comitato composto da esperti stimati e di spessore quali Paul Vocker, Lawrence Summers and James Rubin. Alcuni settori beneficeranno dello stimolo fiscale come nuove iniziative in ambito di energie alternative ma, la nuova amministrazione è propensa all’implementazione di un’ampia serie di regolamenti restrittivi. La dominanza di un partito non è mai positivo e il rischio è di vedere i Democratici al timone nel mezzo di una reazione violenta verso i leader economici e ad un numero crescente di appelli al Governo per risolvere iniquità. L’ultima volta che ci fu un così ampio attacco al pensiero del “laissez faire” fu durante la Grande Depressione seguita poi da un’era “governativa” durata per decenni in cui economia statunitense fu sostenuta dalla spesa per il welfare fino a che la rivoluzione reaganiana trovò un’apertura. E’ possibile che gli Americani dimentico i numerosi benefici degli ultimi 25 anni per focalizzarsi solo sugli errori degli ultimi anni. L’innalzamento del prelievo fiscale potrebbe anche essere favorevole ma si devono attentamente valutare i ritorni associati ai programmi di spesa e ritorni negativi associati all’innalzamento delle tasse.

Per riassumere, è il momento di comprare America?

In termini relativi, il mercato USA è più attraente rispetto a quello europeo dato che la recessione sarà più pesante in Europa e stante il fatto che i policy maker sono più proattivi negli USA. In termini assoluti ci siamo avvicinando ad un buon livello per entrare con lo S&P500 a quota 800. Il processo di deleveraging sta rendendo le valutazioni in significativi e il mercato sta ad aspettare una situazione di maggiore visibilità e ad un ritorno della fiducia. Il ciclo non è in nessun modo normale. Non è un ciclo di business bensì un ciclo del credito. Fino a quando la fiducia non sarà restaurata sui mercati, le società saranno poco incentivate e i consumatori continueranno a contingentare i consumi. Ma nel caso di numerose recessioni, la riduzione dei tassi di interesse, una maggior disponibilità monetaria, stimoli fiscali e una riduzione dei costi potrebbero essere catalizzatori per la ripresa.

 

Quale sarà l’influenza reale di Obama su Wall Steet?

Attualmente gli investitori si attendono dei dettagli sul piano di rilancio promesso da Obama e le sue intenzioni per risolvere la crisi immobiliare. Si deve infatti frenare la caduta dei prezzi immobiliari, al centro della crisi. Questa passa attraverso una rinegoziazione dei prestiti più deboli e la statalizzazione di alcuni prestiti ad un tasso di interesse più interessante, sulla scia di quanto è stato fatto negli anni ’30. Obama ha lanciato dei percorsi in questa direzione ma la sua influenza sui mercati dovrà essere relativamente marginale. Wall Street si attende più regole senza però cadere in un eccesso che potrebbe creare ulteriori problemi nei prossimi anni. In termini di mercati, si devono selezionare le società che presentano dei buoni bilanci e un basso livello di indebitamento e “price maker”, vale a dire in una posizione tale da permettergli di fissare in via indipendente i prezzi. In questo momento privilegiamo i rendimenti reddituali piuttosto che finanziari. I rendimenti da dividendo non sono mai stati così alti e sono meno volatili. Ci sono delle opportunità nel settore TLC e dei servizi pubblici. Consigliamo inoltre società che operano nel business di consumo durevole, le società del tabacco e dell’agroalimentare. Il settore più vulnerabili a eventuali delusioni è quello dei macchinari industriali. La redditività dei finanziari resterà fortemente sotto pressione.

La Fed ha ancora spazio per tagliare i tassi o sarà costretta a fermarsi dov’è?

La Fed può continuare a tagliare i tassi ma è più probabile che utilizzerà dei mezzi non convenzionali per contrastare la debt deflation, vale a dire la situazione una situazione in cui le garanzie utilizzate per assicurare una qualsiasi forma di debito perdono di valore. Per esempio potrebbe prestare direttamente al settore privato e monetizzare il debito pubblico se la situazione dovesse peggiore ulteriormente. Il punto più importante è quello di non utilizzare unicamente a politica monetaria per stimolare la ripresa economica. Gli stimoli fiscali rimangono un fattore critico sia per i percorsi economici che per quelli finanziari. E’ abbastanza chiaro che è indispensabile una manovra monetaria ma che non sarà sufficiente a risolvere la crisi economica globale.

 

Le elezioni avranno anche un effetto sul mercato immobiliare?

L’arresto dei crollo dei prezzi immobiliare è un elemento cruciale e niente è stato fatto finora in questo senso. Il piano Paulson per esempio non annoverava tale questione. Il governo USA deve adesso aiutare gli acquirenti in sofferenza e scambiare mutui privati con presiti federali, rinegoziarne la durata e i tassi variabili associati con tali prestiti.

07/11/2008 | Categorie: Il caso della settimana Firma: Jonathan Figoli