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New normal, Ricchebuono:
“Uniti contro cigno grigio”

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Lanciamo una rubrica in cui si descrive la nuova realtà vissuta dall’Italia dopo l’emergenza Coronavirus. Oggi ascoltiamo il commento di Alex Ricchebuono

Intervista esclusiva di PF all’esperto

Spostamenti ridotti, società liquida, distanze che si allungano (da 1 metro in poi, come chiede il governo), nel giro di pochi giorni l’Italia si è ritrovata catapultata in una nuova realtà. Inedita, incerta, quasi orwelliana e, pertanto, anche molto temuta. L’emergenza Coronavirus ha cambiato la nostra quotidianità e così eccoci a lanciare una nuova rubrica, “New normal – Voci dall’emergenza”, in cui raccoglieremo i pareri di professionisti che possano delineare meglio la nuova dimensione in cui ci ritroviamo. Oggi intervistiamo Alex Ricchebuono, esperto di valute e finanza, il quale ha chiaramente spiegato che “occorre agire tutti insieme per il bene comune”, per far fronte alle “possibili conseguenze di quella che appare una situazione da cigno grigio”. 

Qual è la situazione economica attuale?

“Parlare di economia e finanza nel bel mezzo di una crisi sanitaria può apparire cinico se non addirittura irrispettoso. Però vista la situazione di emergenza attuale, ed alla luce delle recenti direttive imposte dal governo, è importante avere una visione allargata sulle possibili conseguenze di quella che appare sempre più come una situazione da cigno nero, o forse grigio (prevedibile magari ma non in queste proporzioni). Come per il virus anche la propagazione degli effetti economici segue un periodo di incubazione che dipende dalla rapidità della pubblicazione e diffusione di dati certi relativi agli impatti effettivi sul sistema produttivo e finanziario globale. Ma questo richiede del tempo, ed essendo ancora nel bel mezzo della tormenta, tutto resta estremamaente fluido e sucettibile di mutamenti”.

Come si può valutare lo scenario globale?

“L’economia cinese, locomotiva di quella globale, è oggi di gran lunga al di sotto della sua capacità produttiva con gli ultimi dati ufficiali che parlano del livello più basso da quando si è iniziato a rilevarli nel 2014. Restrizioni sulle spedizioni e annullamenti degli ordini hanno fatto crollare l’export al tasso più alto di sempre. Con ogni probabilità la semplice riapertura delle aziende non basterà a ridare ossigeno all’economia globale nel breve termine, anche alla luce dei contagi in corso non solo in Italia ma in tutto il mondo. Peraltro molte catene di approvvigionamento e forniture sono state fortemente rallentate se non addirittura interrotte ed i tempi di consegna di molti beni si sono allungati, costringendo le aziende ad attingere dalle proprie scorte con conseguenze sicuramente importanti man mano che questa situazione si protrarrà nel tempo. È poi logico capire che l’impatto sul resto del mondo è, e sarà enorme, dato che la Cina oggi è un importante fornitore di beni intermedi in molti settori. Le ripercussioni negative si avvertiranno in primis sulle altre economie asiatiche, con in testa la Corea del Sud, che ha contratto il virus in modo esteso e ne sta subendo tuttora le conseguenze più dirette, così come le altre economie che dipendono fortemente dalle importazioni dalla Cina, quali Taiwan, il Vietnam, la Malesia o Singapore. L’epidemia sta mostrando quanto possa essere fragile un modello di globalizzazione fondato sulla dipendenza come fornitore per molti settori, da un Paese solo. Alcuni sono convinti che l’economia cinese sia ormai diventata indispensabile e pertanto ogni tentativo di isolarla come provato dai dazi di Trump, è destinato ad arenarsi miseramente. Ad ogni modo resta che l’epidemia ha prodotto e continuerà a produrre una lunga scia di conseguenze sul sistema economico e finanziario globale”.

Quali conseguenze per l’Italia?

“Non c’è da stupirsi se anche il “Made in Italy” è già in piena emergenza, e se la situazione sanitaria ormai entrata nelle case di tutti gli italiani, non si risolve velocemente, potremmo pagare uno dei conti più salati tra i Paesi occidentali con un’azienda su 10 a rischio fallimento. A dirlo è stata l’agenzia di rating Cerved che ha pubblicato uno studio dal titolo autoesplicativo: The Impact of the Coronavirus on the italian non-financial corporates. Secondo l’indagine, a fare le spese di questo clima di emergenza sono principalmente tre settori alla base della nostra economia: il manifatturiero col tessile in primis, i trasporti ed infine il turismo, con bar, ristoranti ed hotel in testa al gruppo. E gli impatti del contagio da virus sull’economia sono già evidenti: rallentamenti nella produzione, chiusure temporanee forzate, implosione dei fatturati. A meno che non venga dichiarata una pandemia globale con  l’istituzione di un vero e proprio piano Marshall internazionale si potrebbe piombare in uno scenario difficilmente prevedibile. Gli effetti economici come detto, sono indissolubilmente legati all’evoluzione dell’epidemia e questo spiega l’incertezza delle prospettive. Tutto questa si innesta poi sul fatto che il debito pubblico italiano goda ormai dell’ultimo livello di merito creditizio prima del Non Invesment grade, e coi dati già a nostra conoscenza, un downgrade non sarebbe un’eventualità poi così remota”.

Come possiamo venirne fuori?

“Dunque è necessario essere vigili e sopratutto ora come ora agire tutti insieme per il bene comune, operando non più in ordine sparso ma compatti e decisi: istituzioni, operatori sanitari, ministri e sottosegretari, Europa e resto del mondo. Se così non fosse, a virologi, politici, economisti o visionari l’ardua sentenza”.

11/03/2020 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Luca Losito