NEWS

Il Milan continuerà a
perdere: ecco perché

Immagine di anteprima

I rossoneri potranno avere un nuovo stadio, una squadra migliore e risultati più gratificanti pur senza puntare al successo. Perché non è quello il fine ultimo della proprietà americana, il fondo Elliott, che vede nel club solo un investimento da far fruttare il più possibile

Il successo non passa più dai trofei

“Perdere e perderemo”, diceva il presidente della Longobarda all’allenatore Oronzo Canà in una nota commedia cult anni ’80. Il diktat, ribaltando una frase di mussoliniana memoria, racchiude simbolicamente il senso di quello che è l’approccio al Milan da parte dell’hedge fund Elliott. Il quadro emerge dal report di Valori.it, che descrive com’è cambiato il calcio nelle grinfie della finanza: creare valore, massimizzare i ricavi, azzerare le perdite, curarsi poco o nulla dei risultati sportivi.

Le mani della finanza sul calcio

Non sappiamo se il presidente Scaroni, su indicazione di Elliott, abbia usato con Pioli le stesse parole del film. Ma il senso è quello. Anche perché le vittorie aumentano l’entusiasmo dei tifosi e possono costringere la società a fare investimenti pesanti (si veda CR7 alla Juventus, ndr). Elliott è il primo hedge fund proprietario di una squadra – finanzia a debito anche il Lille, da cui i rossoneri hanno preso il giovane Leao – ma non è la prima struttura finanziaria a impadronirsi del pallone.

Si tratta infatti di un trend internazionale. Per restare ai casi famosi basti pensare alla famiglia Glazer, sede fiscale nel paradiso del Delaware, che nel 2005 ha comprato il Manchester United con un leveraged buyout (non metto una lira, incasso i guadagni, se anche lo rivendo allo stesso prezzo ho guadagnato dagli utili) o il Fenway Sports Group che dal 2010 controlla il Liverpool e dall’anno dopo, attraverso un complesso sistema di holding, in buona sostanza anche la Roma.

Ci sono società delle Isole Vergini, come Vibrac Corporation, che prestando soldi e controllano club come Everton, Fulham, Southampton e West Ham. C’è il fondo di private equity Doyen, di Malta, che controlla Porto, Benfica e Atletico Madrid gestendo calciatori con scambi di denaro enormi. O la Gestifute del procuratore portoghese Jorge Mendes, acquistata dal conglomerato cinese Fosun, che controlla il Valencia e ha preso il Wolverhampton (dove giocano solo lusitani sotto procura di Mendes).

Gli obiettivi veri di fondi come Elliott

Tutto questo per dire che la gestione del pallone da tempo è passata da una dimensione industriale a una finanziaria. Oggi i beni come squadra, campo sportivo, stadio e parco giocatori sono valutati come stock, future e subprime. Dunque l’unico interesse di Elliott è aumentare il valore dei beni di cui sopra, e per farlo non è necessario vincere, come dimostra la crescita vertiginosa in termini di valore e fatturato di squadre come Manchester United, Arsenal e Tottenham. Il Milan è un investimento.

Secondo l’ultimo rapporto Deloitte, i rossoneri hanno un fatturato di 207 milioni ben lontano da Real (750), Barcellona (690), United (666) ma anche dai sopracitati Arsenal e Tottenham (430 circa), e racimola sponsor per 70 milioni circa, un sesto dei top club europei. Può solo crescere dal punto di vista finanziario. Fondamentale è il piazzamento Champions, che porta soldi e fa aumentare il valore dei beni a disposizione, che siano i giocatori oggi in rosa da rivendere o lo stadio da costruire.

Insomma, vincere non è più importante. Anzi, spesso costringe sull’onda dell’entusiasmo a investimenti troppo onerosi che si rivelano controproducenti. Ogni riferimento al caso Cristiano Ronaldo non è puramente casuale. Il Tottenham cinque anni fa fatturava 170 milioni, non ha vinto nulla, ha venduto giocatori, ha costruito il nuovo stadio e ora ne fattura 430. La strada prediletta da investitori rapaci (e capaci) come Elliott, è esattamente questa. Con buona pace dei tifosi.

Il volto vero del Diavolo dietro le quinte

Per questo, dietro le vecchie glorie Boban e Maldini, cover mediatica del nuovo corso, lavorano professionisti come Ivan Gazidis, Casper Stylsvig, Hendrik Almstadt e altri: tutta gente con un solido background economico e finanziario. Dunque nei prossimi anni difficilmente il Milan vincerà qualcosa. Più probabile riesca a migliorare la squadra, andare in Champions, avere un nuovo stadio, moltiplicare i ricavi. Magari, quanto meno, evitando annate in cui ondeggia tra la zona salvezza e l’anonimato.

11/11/2019 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Luca Losito