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MiFID II, portafogli e investimenti al PFEXPO

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Il nuovo approccio ai portafogli post MiFID II, con Esentato (Classis Capital), il 24 gennaio al PFEXPO di Milano

“Dopo mesi di discussioni, convegni, articoli di approfondimento, persino di ritardi nell’implementazione della nuova direttiva, il D-day dell’industria finanziaria europea è arrivato. Il 2018 porta con sé l’entrata in vigore della MiFID II, la direttiva Ue che riforma profondamente i presidi a protezione dell’investitore e l’assetto dei mercati finanziari. Sono infatti da oggi operative le modifiche al Testo unico della finanza introdotte dal decreto legislativo 3 agosto 2017 n. 129 che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva 2014/65/UE del 15 maggio 2014 (MiFID II – Market in financial instruments directive) e il regolamento collegato MiFIR (Markets in financial instruments regulation) in materia di mercati degli strumenti finanziari. L’ampio testo legislativo ha richiesto una stesura di circa quattro anni (era l’8 dicembre 2010 quando la Commissione Ue lanciò la prima consultazione di revisione della MiFID) e conta quasi 7.000 pagine di disposizioni (quasi 6 volte Guerra e Pace!)”.

A parlare è Maurizio Esentato, fondatore e ceo di Classis Capital, che in questo contributo anticipa a MyAdvice-ProfessioneFinanza parte dell’intervento che terrà il 24 gennaio, al PFEXPO di Milano, all’interno della tavola rotonda “Un nuovo approccio ai portafogli: come cambiano gli investimenti con la MiFID II, che si svolgerà al Palazzo delle Stelline, in sala Leonardo, dalle 14.15 alle 16.00 (clicca qui per iscriverti all’evento).

 

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“La direttiva MiFID II entra in vigore in 31 Stati dell’area economica europea (oltre ai 28 stati membri dell’Ue, la normativa troverà applicazione anche in Islanda, Liechtenstein e Norvegia) introducendo importanti innovazioni nella regolamentazione dei servizi di investimento e nella consulenza finanziaria, aggiornando le regole esistenti per tenere il passo tanto con gli sviluppi tecnologici quanto con le necessità di tutela dei risparmiatori.

Nuovi doveri informativi nei confronti della clientela, rafforzamento dei presidi nel governo dei prodotti, nuove regole sull’ammissibilità degli inducement, obblighi di record keeping, incremento dei requisiti di trasparenza pre e post negoziazione, nuovi obblighi di transaction reporting: queste le tutele specifiche che MiFID II offre agli investitori.

Le aree di intervento per l’adeguamento dei processi e delle procedure alle norme MiFID in un’ottica di compliance e best practice sono molteplici e innalzeranno la struttura dei costi, determinando una probabile riduzione dei margini nell’impossibilità oggettiva, in presenza della dovuta trasparenza dei costi, di giustificare commissioni spesso fuori luogo”.

 

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“Uno degli snodi principali della MiFID II per l’industria del risparmio gestito e della consulenza finanziaria è quello relativo alla product governance dei fondi comuni, volta a stabilire con chiarezza che ci sono prodotti finanziari esplicitamente indicati per alcuni investitori e non per altri. Obiettivo della normativa è quello di porre un freno alla pratica del misselling ovvero la vendita di prodotti non conformi alla propensione al rischio o agli obiettivi di investimento del cliente, attraverso l’individuazione di un mercato di riferimento (target market) dei prodotti, che dovranno essere valutati nella loro compatibilità rispetto alle esigenze del cliente dalla fase di istituzione al momento del collocamento da parte dei consulenti ai clienti.

Nello stesso tempo, gli intermediari distributori (reti di consulenti, sportellisti bancari), sono “tenuti ad acquisire tutte le informazioni necessarie per comprendere pienamente le caratteristiche degli strumenti finanziari e poterli vendere nel miglior interesse dei clienti, effettuando valutazioni circa la compatibilità dei medesimi con le esigenze e le connotazioni del target market effettivo in relazione ai clienti cui prestano servizi di investimento”.

Sebbene le società di gestione del risparmio non siano obbligate al rispetto degli obblighi MiFID in merito all’identificazione del target market dei fondi, queste possono tuttavia decidere – su base volontaria – di trasmettere ai distributori informazioni sul mercato di riferimento e sulla strategia distributiva dei propri prodotti, così da semplificare il lavoro del distributore in sede di collocamento.

La MiFID II prevede l’innalzamento degli obblighi informativi in tema di trasparenza di costi e oneri connessi ai servizi di investimento o accessori, e richiede un maggiore trasparenza e dettaglio delle commissioni agli intermediari, ampliando sensibilmente gli obblighi di comunicazione alla clientela.

L’investitore verrà per la prima volta a conoscenza del costo della consulenza oltre a quello dello strumento finanziario raccomandato o venduto anche in forma aggregata (nel caso venga raccomandata una pluralità di strumenti) sia ex-ante che ex-post, e conoscerà l’effetto cumulato di costi e commissioni sulla redditività dell’investimento attraverso una più trasparente esplicitazione delle modalità di remunerazione di tutti i soggetti della filiera produttiva e distributiva.

Potrà farlo avendo accesso a informazioni chiare, standardizzate ex ante tramite tabelle le cui modalità di redazione sono state predisposte direttamente dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma). Queste mostrano in modo sia separato che aggregato il costo del prodotto e del servizio, evidenziando gli eventuali inducement che vengono pagati dalla società prodotto al distributore, con un evidente valore aggiunto in termini di semplicità ed efficacia per l’investitore finale.

Uno degli ambiti in cui si identifica con maggior forza il miglioramento rispetto alla prima MiFID in ambito di tutela del risparmiatore è il profilo di rischio. Il test di adeguatezza – che in MiFID I era fatto solo all’atto dell’acquisto del prodotto – con MiFID II si trasforma in un processo continuativo che prevede molteplici fasi di analisi dei costi e dei benefici nel corso dell’anno: in caso di riallocazione del portafoglio e di un aumento di costi per il cliente, l’intermediario deve sincerarsi che ci sia anche un aumento tangibile dei benefici. Questo aspetto della MiFID rappresenta una discontinuità importante nell’industria in quanto la rendicontazione consentirà di chiarire al cliente il valore aggiunto del servizio di consulenza migliorandone la consapevolezza. Elemento che è sempre stato assente soprattutto nel nostro Paese, la cui educazione finanziaria è pressochè inesistente.

Il recepimento della MiFID II comporterà per il mondo della consulenza un vero e proprio cambio culturale. Una particolare attenzione è dovuta alla formazione del personale addetto al servizio di consulenza in materia di investimenti, che deve essere dotato delle conoscenze e competenze necessarie ad adempiere ai loro obblighi. In molti casi l’esercizio sarà coercitivo, per assimilazione, e per quanto non sarà facile ai più distinguere le reali competenze dell’intermediario, gli investitori più maturi sapranno riconoscere i consulenti professionisti.

Oltre a ciò, la normativa obbliga consulenti, private banker e wealth manager a inviare report dettagliati alle case di gestione sulla tipologia di cliente che sta acquistando i loro fondi. Le imprese dovranno inoltre informare maggiormente gli investitori al dettaglio sui rendimenti del loro portafoglio.

È fondamentale comprendere i cambiamenti normativi e gli impatti sull’industria del risparmio per leggere quali saranno le soluzioni adottate, soprattutto dai grandi player, che tenderanno a influenzare per emulazione la maggior parte degli attori. Innanzitutto è bene riconoscere come la necessità di adeguarsi a tali livelli informativi nei confronti della clientela potrebbero portare a rivedere le architetture aperte dei fondi, sortendo esattamente l’effetto contrario a quanto auspicato dal regolatore. Non solo: la necessità di fornire informativa puntuale e completa potrebbe far propendere, anche per ragioni economiche e sanzionatorie, verso i “prodotti di casa”, pur se in conflitto di interessi.

Inoltre, la consulenza indipendente potrebbe divenire ancor più di nicchia, per l’impossibilità di implementare un modello che richiederebbe la produzione di temi di investimento in proprio, possibili solo in presenza di una architettura organizzativa interna solida improntata alla ricerca, modello assente presso i principali player nazionali. La MiFID II sarà quindi un’occasione persa?

Ci sono molte ragioni che fanno pensare il contrario. Soprattutto nel nostro Paese sarà chiaro che i servizi di investimento non sono gratuiti, come il rapporto malsano con l’intermediario bancario ha sempre fatto pensare. Anche nell’industria dell’auto, settore maturo per antonomasia, i cambiamenti sono avvenuti in maniera similare, con l’introduzione della tecnologia ibrida o elettrica. Il successo di Tesla ha cambiato radicalmente il settore e oggi tutte le case hanno programmi di conversione della gamma in quella direzione. I cambiamenti arriveranno dai nuovi entranti, difficilmente saranno proposti da chi è leader di mercato.

Nella maggior parte dei casi ci saranno semplici adattamenti dei modelli passati, rivisitati alla luce della MiFID 2. Tuttavia la trasparenza dei costi aumenterà la consapevolezza sulla qualità del servizio rapportata alla spesa mentre le disclosure sui prodotti dovrebbero innalzare il grado di educazione finanziaria dei clienti, che potranno così iniziare a percepire modelli di business diversi.

Da servizio accessorio, la consulenza diverrà “Il” servizio di riferimento, a cui si collegheranno i vari prodotti. Tuttavia la consulenza non può prescindere dalla conoscenza dei mercati, dall’analisi dei prodotti e dei sottostanti, in sintesi dalla ricerca di investimento. Fondamentale sarà comprendere (o richiedere) il grado di indipendenza della società a cui ci si rivolge e il grado di attenzione che vorrà dare alla gestione dei suoi risparmi. Sarà un po’ come acquistare un vestito: lo faccio di impulso, chiedo dei particolari ma soprattutto ho l’interlocutore a cui chiedere?

La qualità del servizio, e quindi i costi, saranno determinati da:
1) grado di indipendenza;
2) ricerca interna o assenza della stessa;
3) accesso a chi decide effettivamente lo stile o il portafoglio di  investimento;
4) grado di esperienza sui mercati;
5) possesso o meno di una visione internazionale, in mercati ormai globalizzati.

Elemento imprescindibile, come in ogni industria di servizi, sarà la percezione del cliente nei confronti dei servizi di investimento. Tanto più considererà la gestione della propria ricchezza un compito complesso e critico, da non risolvere con il fai da te, tanto più i servizi di investimento si svilupperanno nell’ottica tracciata dal regolatore.

È probabile che i portafogli definiti per la clientela retail rinuncino alla complessità dei sottostanti per arricchire con strategie di investimento più complesse la propria offerta. La scelta degli strumenti impatterà sulle soluzioni di investimento (certificati, fondi, titoli, etc.). Sarà importante verificare la liquidità dei sottostanti in presenza di una contrazione significativa dei market maker, mentre gli strumenti Etf potrebbero subire una revisione al ribasso del numero degli stessi, data in molti casi la loro complessità che ne impediranno un utilizzo massivo.

Dopo il primo periodo di inevitabile disorientamento, emergeranno nitidamente due modelli di business distinti.
Il primo vedrà il consulente o l’impresa di investimento agire come fiduciario dell’investitore, ricevendo solo da quest’ultimo la remunerazione per il servizio di investimento offerto che ne rifletterà la qualità (e la capacità di generare performance).
Il secondo verterà su modelli di vendita supportati da qualche forma, più o meno evoluta, di consulenza, necessaria per giustificare le commissioni di distribuzione e gli adempimenti normativi.

La qualità e il successo del servizio di investimento saranno probabilmente determinati dalla semplicità delle soluzioni di investimento proposte in un panorama di mercati finanziari e regolamentare sempre più complesso”.

 

07/01/2018 | Categorie: Investimenti , Mondo consulenti Firma: Redazione