
Geoeconomia in azione: come il potere si misura oggi tra finanza, industria e diplomazia
Tommaso Monacelli spiega perché oggi il potere non si misura più con eserciti e confini, ma con reti economiche, tecnologie e infrastrutture finanziarie.
Che cosa determina oggi la forza di una nazione sulla scena mondiale? Per decenni la risposta oscillava tra potenza militare e influenza politica. Oggi l’equilibrio è cambiato. Come spiega Tommaso Monacelli, docente di Macroeconomia alla Bocconi e co-editor del Journal of International Economics, il baricentro del potere globale si sta spostando verso una dimensione nuova: la geoeconomia.
Dal potere militare al potere dei network
La geoeconomia non sostituisce la geopolitica, ma la ridefinisce. In passato — ricorda Monacelli — un Paese poteva ricorrere alla forza militare per perseguire obiettivi economici. L’esempio tradizionale è la guerra in Iraq e il tema del controllo energetico.
Oggi accade il contrario: sono gli strumenti economici a diventare leve di potere politico.
Gli Stati agiscono attraverso:
commercio internazionale
supply chain globali
tecnologie critiche
infrastrutture finanziarie e valutarie
controllo dei capitali
Il mondo funziona come una rete. E in ogni rete ci sono nodi centrali, capaci di influenzare gli altri in modo sproporzionato. Stati Uniti e Cina sono i due esempi più evidenti.
Gli Stati Uniti come nodo egemone
Pur non essendo grandi esportatori, gli Stati Uniti sono il mercato di sbocco più ricco e diversificato del pianeta. Importano moltissimo — beni, capitali, tecnologie — e proprio questa centralità li rende un attore egemone nelle principali catene del valore globali.
La potenza americana non passa solo dal commercio, ma anche dal dominio su:
il dollaro, valuta nelle transazioni internazionali
la rete dei pagamenti globali (SWIFT)
la capacità di attrarre capitali grazie a istituzioni considerate solide
È esattamente qui che si esercita il nuovo potere: un Paese può essere “tagliato fuori” dal sistema dei pagamenti in dollari senza che venga sparato un colpo. È deterrenza geoeconomica pura.
La Cina: un nodo diverso, ma altrettanto decisivo
Se Washington controlla le reti finanziarie, Pechino controlla una quota crescente delle supply chain tecnologiche. Dalle terre rare ai componenti critici per microchip, batterie e intelligenza artificiale, la Cina occupa posizioni cruciali nei segmenti che alimentano la tecnologia globale.
Non stupisce che gli Stati Uniti cerchino alternative ai fornitori cinesi, stringendo accordi con Australia, Vietnam e altri Paesi asiatici.
Il potere nella globalizzazione frammentata
Monacelli mette in luce un punto fondamentale: i Paesi non partecipano alle reti globali perché costretti, ma perché ne traggono vantaggi concreti — dai costi più bassi alla disponibilità di tecnologie o capitali.
Ma proprio questa interdipendenza può essere usata come strumento di pressione.
Il risultato?Un mondo in cui la forza militare resta sullo sfondo, ma la capacità di controllare snodi tecnologici, logistici e finanziari diventa la vera misura della potenza.
Verso un ordine globale diverso
Le tensioni tra Stati Uniti e Cina, il ritorno dei dazi, il rallentamento della globalizzazione tradizionale e la crescente competizione per semiconduttori e materiali strategici mostrano che la geoeconomia non è un concetto teorico: è la grammatica del futuro.
Monacelli descrive un mondo in cui i network globali diventano arene di competizione politica. E comprendere il funzionamento di questi network è la chiave per interpretare la direzione che prenderanno l’economia mondiale e i rapporti tra le grandi potenze.
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