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Patto di Stabilità e futuro dell’Europa: vincoli di bilancio e sfida alla competizione globale

Nel mondo in rapido mutamento delineato dal cosiddetto New Global Disorder, l’Unione Europea si trova oggi di fronte a una delle sfide più complesse della sua storia economica e politica.



La questione è chiara: mentre Stati Uniti e Cina consolidano la loro posizione come poli di potere economico, l’Europa rischia di rimanere ai margini di questo nuovo equilibrio mondiale.


Durante una recente intervista su Finance TV – Le Voci dell’Economia, condotta da Jonathan Figoli, il consigliere economico della Presidenza del Consiglio, Renato Loiero, ha analizzato in profondità il tema, offrendo una riflessione lucida e critica sul ruolo dell’Europa nel contesto geopolitico ed economico globale.


Le regole europee e i vincoli del Patto di Stabilità

Secondo Loiero, uno dei principali limiti dell’Unione Europea risiede nella struttura decisionale complessa e nella rigidità delle regole fiscali, come quelle imposte dal Patto di Stabilità e Crescita. Queste norme, pur pensate per garantire equilibrio e responsabilità nei conti pubblici, oggi appaiono troppo restrittive per affrontare le crisi economiche e le trasformazioni industriali in corso.


La regola dell’unanimità — che richiede l’accordo di tutti i 27 Stati membri su decisioni cruciali come la politica fiscale o l’ammissione di nuovi membri — limita la rapidità e l’efficacia dell’azione europea. Anche quando tale regola non si applica, il processo legislativo rimane farraginoso, spesso vincolato al complesso meccanismo del trilogo, che coinvolge Parlamento, Consiglio e Commissione Europea.


Un sistema che, pur garantendo equilibrio democratico, rende difficile reagire con la velocità richiesta dai mercati globali.


USA e Cina: due modelli opposti ma più efficaci

Per comprendere la posizione europea, è utile osservare i modelli decisionali delle due principali potenze mondiali. Negli Stati Uniti, come sottolinea Loiero, “il giorno dopo l’insediamento di un presidente, è già possibile vedere firmare decine di executive orders”.Un processo rapido e centralizzato, che consente interventi immediati, anche se talvolta controversi.


Dall’altra parte, la Cina — grazie al suo sistema politico fortemente centralizzato — riesce a pianificare a lungo termine. Un esempio emblematico è la strategia sulle terre rare: già vent’anni fa, Pechino dichiarò l’obiettivo di diventare leader mondiale in questo settore. Oggi domina la catena globale di approvvigionamento, confermando la coerenza e l’efficacia del proprio modello decisionale.


La fragilità della governance europea e il fattore tempo

In Europa, invece, la discontinuità politica è la norma. Ogni cinque anni cambiano Parlamento e Commissione, mentre in alcuni Paesi, come l’Italia, i governi hanno una durata media di due anni. Questa instabilità, combinata con la lentezza del processo decisionale, genera incertezza per investitori e mercati, che cercano orizzonti lunghi e regole prevedibili.


Come ricorda Loiero, “gli investitori hanno bisogno di prospettive e di certezze, ma il nostro sistema istituzionale offre spesso il contrario: un contesto di permanente incertezza”.


L’Europa tra innovazione, regolazione e sostenibilità

Una vecchia massima sintetizzava così la divisione globale dei ruoli:

“USA innovates, China replicates, Europe regulates.”Un tempo efficace, oggi sempre meno calzante.

La Cina non si limita più a replicare: è ormai protagonista nell’innovazione tecnologica e nel numero di brevetti depositati, soprattutto nei settori ad alta tecnologia.


E l’Europa? Può valorizzare la propria capacità di regolazione come strumento competitivo, promuovendo un modello di mercato equo e sostenibile, ma deve farlo senza penalizzare eccessivamente i propri settori produttivi.

L’esempio dell’automotive elettrico è emblematico: obiettivi ambientali ambiziosi sono fondamentali, ma se imposti con scadenze irrealistiche, rischiano di compromettere la competitività industriale europea.


La sfida: un’Europa più agile e più unita

La vera sfida per il futuro dell’Unione Europea sarà quella di coniugare sostenibilità, innovazione e semplificazione decisionale. Ridurre la burocrazia, rendere più efficaci i meccanismi di voto e creare strumenti finanziari comuni più flessibili sono passaggi indispensabili per non restare indietro nel duopolio USA-Cina.

Solo un’Europa più integrata e più veloce potrà trasformare la propria capacità normativa in una leva di competitività globale.


Conclusione: l’Europa “sul pezzo”, ma serve visione di lungo periodo

Come afferma Jonathan Figoli nelle battute finali dell’intervista, “l’Italia è sul pezzo”. Un’espressione semplice ma efficace per descrivere la volontà del nostro Paese — e più in generale dell’Europa — di restare protagonista in un mondo che cambia rapidamente.


Tuttavia, per farlo, serviranno decisioni più rapide, stabilità politica e un orizzonte strategico comune. Solo così l’Europa potrà riscoprire il suo ruolo di motore economico e regolatore globale, non più spettatore, ma protagonista del nuovo ordine mondiale.


Guarda l'intervista completa su FinanceTV o ascolta

il Podcast FinanceTV Talks - Le Voci dell'Economia

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