
L'Europa si arrende a mani alzate: energia, armi e dipendenza dagli USA
L'Europa cede (di nuovo) sugli accordi commerciali: questa volta a quale prezzo?
L’accordo commerciale tra UE e Stati Uniti, firmato sotto pressione dell’amministrazione Trump, sta sollevando critiche durissime.
A fronte della promessa americana di limitare i dazi (dal 30–50% previsti al 15%), l’Europa ha accettato condizioni che la rendono più vulnerabile, dipendente e meno coerente con i suoi stessi valori.
Ecco i punti più critici dell’intesa:
Energia a stelle e strisce: costosa e poco sostenibile
Uno degli elementi più controversi è l’obbligo implicito per l’UE di acquistare 750 miliardi di dollari in energia americana, soprattutto gas naturale liquefatto (GNL). Questo combustibile, spesso estratto tramite fracking, ha un impatto ambientale pesante ed è più costoso rispetto al gas russo o ad altre fonti reperibili sul mercato globale.
In sintesi:
Prezzo superiore rispetto al gas russo o al mix europeo.
Deriva da fonti fossili, in contrasto con il Green Deal europeo.
Aumenta la dipendenza energetica da un’unica potenza esterna.
Insomma, mentre Bruxelles predica la transizione ecologica, si ritrova a finanziare energia fossile americana a caro prezzo, compromettendo sia la coerenza ambientale che la sovranità energetica.
Armi made in USA: l’Europa smantella la propria industria bellica
L’accordo prevede anche l'acquisto massiccio di armamenti statunitensi, per un valore stimato di 600 miliardi di dollari. Questa scelta, senza valutare gli aspetti etici, ha effetti devastanti anche su altri fronti:
Penalizza l’industria militare europea, che perde ordini e sviluppo tecnologico.
Aumenta la dipendenza strategica e operativa dagli USA, in un momento in cui si parla sempre più di difesa comune europea.
Contraddice gli sforzi di costruire un'autonomia strategica dell'UE, tanto sul piano della difesa quanto su quello industriale.
In pratica, l’Europa sta pagando per rafforzare un arsenale americano che finisce per marginalizzare le eccellenze belliche del Vecchio Continente (dall’AIRBUS Defence all’italiana Leonardo).
Una resa totale: senza piano B, l’UE si è inginocchiata
L’aspetto più inquietante è che tutto ciò è avvenuto senza un vero confronto pubblico, senza alternative negoziali, senza compattezza interna.
Bruxelles ha:
Accettato da subito l’esenzione per le big tech americane dalla Digital Tax (rinunciando alla sua unica leva seria).
Accettato condizioni asimmetriche con impatto negativo su energia, industria e coerenza politica.
Accettato di presentarsi divisa, con ogni Stato membro con un’agenda diversa (Trump non ha dovuto neppure usare il “divide et impera”: ci ha pensato l’Europa da sola).
Comunicazione: da “zero dazi” a “zero risultati”
Ad aprile 2025, la Commissione UE parlava di “zero-for-zero” sull’imposizione doganale. Tre mesi dopo, i dazi sono fissati al 15% e le concessioni europee sono enormi. Il divario tra obiettivi annunciati e risultati ottenuti è così evidente che si può parlare senza mezzi termini di debacle diplomatica e strategica.
Conclusione: un accordo da manuale… per non negoziare così mai più
L’accordo UE-USA firmato con Trump rappresenta il caso scuola di come non gestire una trattativa internazionale:
L’UE ha pagato energia più cara e meno green.
Ha sostenuto l’industria militare di Washington, non la propria.
Ha rinunciato alla leva fiscale sulle big tech americane.
Ha accettato dazi che peggiorano la competitività delle sue imprese.
Chi ne esce vincitore? L’America.
Chi paga il conto? L’Europa, e con essa i cittadini europei.
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