
L’Europa tra apprezzamento dell’euro, investimenti esteri e sfida sulla produttività
Quali forze stanno sostenendo la valuta europea? E cosa aspettarci dalla nostra economia? Ne parliamo con Luigi Buttiglione
Una delle ipotesi più plausibili riguarda l’arrivo di capitali internazionali, in particolare provenienti dall’Asia, in seguito alla dismissione di titoli di Stato americani. L’Europa potrebbe dunque diventare una destinazione privilegiata per questi flussi, configurandosi – potenzialmente – come una "terra di approdo" per investimenti produttivi esteri.
Capitale in entrata: opportunità o rischio?
Se questi capitali fossero diretti verso impieghi produttivi, si tratterebbe di una dinamica virtuosa. Il nodo, però, sta nella capacità del continente di accogliere e trattenere tali investimenti nel medio-lungo termine. Al momento, l’Europa mostra segnali contrastanti: da un lato l’opportunità derivante da capitali in cerca di nuovi sbocchi, dall’altro una performance di produttività stagnante rispetto agli Stati Uniti, soprattutto negli ultimi vent’anni.
L’importazione di materie prime a costi più bassi, grazie all’apprezzamento della moneta, è certamente un fattore positivo. Ma da sola non basta: serve un ambiente economico in grado di valorizzare il capitale che arriva.
Il puzzle della produttività: quali soluzioni per l’Europa?
Il vero ostacolo all'attrattività dell’Europa è la bassa produttività aggregata, condizionata da elementi strutturali:
Carenza di innovazione e ricerca economica
Infrastrutture obsolete o inefficienti
Burocrazia e mancanza di meritocrazia, in particolare nel settore pubblico
Disomogeneità politica tra gli Stati membri, nonostante la moneta unica
Queste debolezze strutturali rappresentano una sorta di “criptonite” per la competitività del continente. L’Europa sconta ancora una profonda frammentazione politica, priva di una strategia economica e industriale comune. La mancanza di coesione è evidente anche nei rapporti esteri, con ogni Paese che tende a intrattenere relazioni bilaterali con le grandi potenze globali, anziché muoversi come un blocco unico.
Il ruolo chiave delle PMI e del settore privato
Nonostante il quadro macroeconomico poco brillante, in Europa – e in particolare in Italia – brilla l’imprenditoria diffusa. Le piccole e medie imprese rappresentano un motore di innovazione e resilienza, spesso sottovalutato ma fondamentale per la tenuta economica del territorio. La vera sfida è valorizzare questo capitale umano e imprenditoriale, riducendo gli ostacoli burocratici e promuovendo una sinergia tra pubblico e privato.
Un maggiore coinvolgimento del settore privato nei processi decisionali pubblici potrebbe portare nuova linfa alla macchina amministrativa europea, ancora troppo ancorata a logiche politiche autoreferenziali.
Le banche centrali tra divergenze e pressioni
Nel frattempo, le divergenze tra le principali banche centrali si fanno sempre più marcate. In Europa, la BCE ha avviato una politica di taglio dei tassi per sostenere l’economia e contrastare la forza dell’euro, che rischia di avere un effetto restrittivo sulla crescita. Un taglio ancora più deciso potrebbe essere auspicabile per rendere più competitivo il continente.
Negli Stati Uniti, invece, la Federal Reserve si trova in una posizione più complicata: da un lato le pressioni politiche e di mercato per un allentamento monetario, dall’altro la persistenza delle tensioni inflazionistiche che rendono difficile giustificare un ribasso dei tassi. La probabilità è che la banca centrale americana mantenga un approccio attendista, lasciando i tassi invariati nel breve periodo.
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