
Europa nel mezzo: tra pressioni globali e l’incapacità di decidere il proprio futuro
Europa tra Stati Uniti e Asia: quale futuro scegliere?
“Se nessuno ci dicesse che uno è la Cina e l’altro sono gli Stati Uniti, chiunque sceglierebbe il primo mondo: quello dell’economia florida, delle materie prime e dell’innovazione”.
Con questa frase provocatoria si apre una riflessione cruciale: oggi il pianeta sembra dividersi tra due blocchi. Da un lato, l’Asia con oltre 3 miliardi di abitanti, un mercato potenziale in forte crescita e persino 19.000 treni all’anno che collegano Cina ed Europa. Dall’altro, gli Stati Uniti, con un debito pubblico enorme, protezionismo crescente, dazi e spese miliardarie per il riarmo e le guerre.
Perché l’Europa guarda ancora a Washington?
Nonostante il dinamismo asiatico, l’Europa continua a legarsi agli USA con accordi pesanti:
acquistiamo il loro gas, anche a discapito degli obiettivi di sostenibilità;
accettiamo dazi al 15% che penalizzano le nostre PMI;
destiniamo il 5% del PIL al riarmo, comprando (o peggio noleggiando) armi americane invece di sviluppare una nostra industria locale.
In pratica, pur potendo giocare un ruolo da collettore tra i due mondi, preferiamo rimanere “il giardino” dell’America.
Il ritorno del “modello Hamilton”
Trump, al netto del suo stile istrionico, sta riportando l’America a un modello antico, quasi hamiltoniano:
proteggere l’industria interna con dazi,
attrarre manodopera,
costruire un esercito continentale forte,
scaricare costi e guerre sugli alleati.
E l’Europa? Subisce i colpi: vincoli, ricatti, imposizioni. Non è la prima volta che succede. Abbiamo perso la Libia, stiamo pagando la guerra in Ucraina, e continuiamo a dipendere dall’industria bellica e tecnologica americana.
L’Europa, il “quarto impero mancato”
Il mondo oggi ha tre poli forti:
Cina, l’impero antico;
Russia, la potenza “adolescente”;
Stati Uniti, il giovane adulto che guida con il debito e la forza militare.
E l’Europa? Potrebbe essere il quarto impero. Non abbiamo materie prime, ma possediamo qualità della vita, welfare, standard sociali avanzati. Eppure ci limitiamo a fare i conti delle scelte altrui.
Il rischio del “conto finale”
Le scelte europee rischiano di lasciarci con:
un’Ucraina devastata e instabile come vicino di casa,
milioni di profughi difficili da reintegrare,
debiti comuni per armamenti e ricostruzione,
industrie locali penalizzate da dazi e regole poco lungimiranti.
Mentre la Cina e altri Paesi asiatici già si preparano a raccogliere i frutti della ricostruzione e delle nuove rotte commerciali, l’Europa rischia di pagare ancora una volta il conto delle scelte americane.
Una domanda scomoda
Se l’Asia corre con infrastrutture, materie prime e innovazione, e se l’America cresce a colpi di debito, guerre e dazi…👉 perché l’Europa non prova davvero a camminare con le proprie gambe?
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