
Europa al bivio tecnologico: innovare o restare ai margini del nuovo ordine mondiale
L’Europa resta una potenza commerciale globale divisa fra egemonia americana e necessità di scegliere una strada autonoma.
Il paradosso europeo: forza economica, debolezza politica
Nel confronto tra potenze mondiali, l’Europa appare come un gigante economico e un nano geopolitico. È un continente ricco, con un’economia solida e manifatturiera, ma incapace di esprimere un’influenza proporzionata alla sua forza produttiva.
Come ha spiegato Tommaso Monacelli durante l’intervista, il problema non è solo la crescita lenta o la mancanza di visione politica: è la direzione sbagliata che rischiamo di seguire.
L’Europa ha finito per vivere nell’ombra degli Stati Uniti, accettandone la leadership economica e militare. È un legame che ci ha protetto, ma che oggi pesa. Come ricordato ironicamente da Donald Trump, siamo considerati “parassiti” di un sistema che non abbiamo più il coraggio di mettere in discussione.
Guardare alla Cina per imparare, non per copiarla
L’alternativa non è “cambiare casacca”, ma cambiare prospettiva. Secondo Monacelli, l’Europa dovrebbe guardare alla Cina non come minaccia, ma come esempio di strategia industriale di lungo periodo. La forza cinese non è nata dal caso, ma dall’aver saputo sfruttare la manifattura per costruire competenza tecnologica.
La Cina ha imparato a innovare attraverso la produzione: quando venticinque anni fa aprì alla manifattura di beni tecnologici occidentali — come gli iPhone di Apple — trasformò villaggi come Shenzhen in città globali e industrie come Foxconn in motori di conoscenza.
Da quella esperienza è nata la capacità di sviluppare tecnologie proprie nei settori strategici: batterie, veicoli elettrici, pannelli solari. L’Europa dovrebbe fare lo stesso: rafforzare la propria manifattura avanzata, aprirsi alla collaborazione industriale con chi oggi guida la tecnologia, e non limitarsi a importare prodotti finiti.
Il futuro dell’Europa passa dalla manifattura 2.0
L’errore, sottolinea Monacelli, è pensare che l’Europa debba inseguire il modello americano fatto di piattaforme digitali e servizi high-tech. Il nostro vantaggio comparato resta la produzione industriale di qualità, sostenuta da ricerca, università e ingegneria.
Serve una nuova manifattura 2.0, capace di integrare innovazione, tecnologia pulita e automazione: dalle auto elettriche ai sistemi energetici, dai materiali avanzati alle infrastrutture sostenibili.
Collaborare con la Cina su questo terreno non significa cedere sovranità, ma investire sulla nostra identità economica. L’Europa ha le competenze, le filiere e la cultura industriale per tornare protagonista, a patto di guardare al futuro con pragmatismo e non con nostalgia.
Un invito alla visione e alla lungimiranza
La vera sfida non è scegliere da che parte stare, ma decidere chi vogliamo essere. Come ha ricordato Monacelli in chiusura, l’Europa deve smettere di reagire solo nell’urgenza. Serve visione, tempo e coraggio per costruire un modello autonomo, capace di dialogare con le superpotenze senza subirle. Non un’Europa contro qualcuno, ma un’Europa finalmente a favore di se stessa.
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