
Chi comprerà il debito USA? Mercati in allerta tra dazi e fuga dai Treasuries
Rischi crescenti per i T-Bond, pressioni sul dollaro e il ruolo cruciale degli investitori esteri. Ne parliamo con Antonio Carnevale
Con un livello di indebitamento che ha superato i 36.000 miliardi di dollari, cresce l’apprensione intorno alla sostenibilità del sistema economico americano e al suo impatto sull’equilibrio globale.
Pressioni sul mercato obbligazionario statunitense
Le vendite massicce di titoli del Tesoro americano (T-Bond) sul mercato secondario sono state interpretate come un possibile segnale di nervosismo da parte degli investitori istituzionali. Le tensioni geopolitiche e le proposte di politiche commerciali più aggressive, come quelle ventilate nel contesto pre-elettorale statunitense, potrebbero aver alimentato questa dinamica. Alcune ipotesi indicano la possibilità che la Cina, tra i principali detentori di titoli americani, stia riducendo la propria esposizione come strumento di pressione strategica.
Spread in aumento e volatilità in crescita
L’impatto immediato si è riflesso sull’aumento della volatilità e sull’allargamento degli spread. Il differenziale tra il rendimento del Treasury decennale e quello del Bund tedesco è salito rapidamente da 135 a 185 punti base. Un comportamento simile è stato osservato anche rispetto ai titoli britannici, segnalando un aumento del rischio percepito legato al debito USA.
Debito pubblico americano: una questione di quantità e sostenibilità
Oltre all’entità assoluta, è il rapporto debito/PIL a sollevare le maggiori preoccupazioni: attualmente al 123%, potrebbe superare il 200% nei prossimi anni secondo alcune proiezioni, soprattutto in uno scenario di spesa pubblica elevata e crescita modesta. La questione è ulteriormente aggravata dalle scadenze ravvicinate: nel solo 2025 giungeranno a maturazione oltre 9.600 miliardi di dollari in titoli pubblici, una cifra che richiederà una poderosa operazione di rifinanziamento sul mercato primario.
Investitori esteri: tra fiducia e cautela
La capacità di attrarre capitali internazionali resta una leva essenziale. Di recente, un’asta di titoli decennali ha mostrato un buon risultato, con l’87,9% delle obbligazioni collocate sottoscritte da investitori esteri. Tuttavia, il messaggio implicito è chiaro: gli investitori internazionali chiedono maggiore stabilità e coerenza nella politica economica degli Stati Uniti in cambio del loro supporto continuativo.
Il ruolo del dollaro e il rischio valutario
Uno dei fattori critici per chi investe nel debito americano è rappresentato dal cambio. Un indebolimento del dollaro nel medio periodo — con una possibile discesa verso 1,25–1,30 contro l’euro — potrebbe rendere più attrattivo il rendimento nominale dei T-Bond per gli stranieri, ma aumenterebbe il rischio cambio per gli investitori europei, in particolare quelli non coperti.
Per i risparmiatori italiani, questo si traduce in un contesto di incertezza, dove non è tanto il rischio di insolvenza a preoccupare, quanto piuttosto la combinazione tra rendimenti instabili e possibile svalutazione del dollaro.
Uno scenario che sollecita alternative globali
Alla luce delle criticità emerse, cresce il dibattito sulla necessità di diversificare le fonti di stabilità finanziaria globale. Una delle proposte più discusse riguarda l'accelerazione dell’integrazione dei mercati dei capitali europei e l’adozione strutturale di strumenti come gli Eurobond. L’obiettivo è creare un’alternativa credibile e solida al predominio dei titoli di Stato statunitensi, riducendo la dipendenza globale da un unico emittente.
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