
Capire il mondo che cambia: come la narrazione orienta la nostra lettura della geopolitica
La distanza tra i fatti della storia e il modo in cui li raccontiamo, un aspetto che oggi influenza anche scelte economiche e politiche.
Guardare alla geopolitica soltanto con la lente dei numeri non basta più. Molto spesso sono le narrazioni a condizionare la nostra percezione del mondo: la costruzione del “noi” virtuoso contrapposto all’“altro” minaccioso, lo schema binario che ciclicamente ritorna.
È il tema affrontato da Riccardo Puglisi, professore di economia all’Università di Pavia, che richiama l’importanza di leggere i fenomeni globali con equilibrio, evitando gli estremi identitari che stanno tornando a caratterizzare il dibattito pubblico.
Secondo Puglisi, l’Occidente tende ancora a presentarsi come portatore di valori universali, ignorando che la storia europea non è priva di pagine problematiche. L’epoca coloniale — con il suo carico di dominio economico, violenza e imposizione culturale — lo ricorda bene. Fingere che non sia esistita o relegarla a incidente marginale significa offuscare una parte essenziale delle dinamiche che oggi governano i rapporti internazionali.
Allo stesso tempo, osserva Puglisi, l’errore opposto è altrettanto rischioso: assumere una posizione di colpa eterna, accettando che ogni tensione globale sia riconducibile esclusivamente alle responsabilità dell’Occidente. Un approccio che finisce per deresponsabilizzare altri attori geopolitici, spesso molto abili nell’alimentare una narrativa funzionale ai propri obiettivi interni ed esterni.
La verità, suggerisce Puglisi, sta nel mezzo. Serve un atteggiamento maturo, capace di riconoscere errori storici senza trasformarli in un alibi che paralizza. Perché nel mondo multipolare che si sta configurando, non siamo di fronte a divisioni nette tra “buoni” e “cattivi”, ma a interessi divergenti che usano la comunicazione — e la percezione morale — come strumenti di potere.
Un punto essenziale per comprendere come questo influisca anche sulle scelte economiche: investimenti, alleanze, politiche commerciali e perfino la gestione delle crisi finanziarie vengono sempre più lette attraverso narrazioni di parte, capaci di orientare opinioni pubbliche, leadership politiche e mercati.
La sfida per i prossimi anni sarà proprio questa: sottrarre la geopolitica al racconto emotivo e riportarla – per quanto possibile – a una lettura razionale dei fatti.
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