NEWS

L’ottimizzazione fiscale con le soluzioni previdenziali.

Immagine di anteprima

I vantaggi fiscali con i prodotti previdenziali. La deducibilità fiscale come abbatte l’imponibile. Esempi pratici per l’ottimizzazione fiscale.

OTTIMIZZARE: Ci avviciniamo alla fine dell’anno e mi sembrava interessante riprendere le vantaggiose caratteristiche fiscali proprie delle soluzioni previdenziali come strumento di ottimizzazione dell’imponibile Irpef.
Come oramai tutti sanno tutti i contributi versati dal lavoratore, sia in forma volontaria all’interno delle forme di terzo pilastro sia in forma percentuale sul reddito come previsto dalle forme di secondo pilastro, godono del vantaggio della deducibilità fino ad un ammontare massimo investito (nelle varie forme di previdenza complementare) di 5.164,57 euro (concorrono al raggiungimento di questa cifra anche i contributi datore di lavoro seppur non dedotti direttamente dal lavoratore). Ricordo che il concetto di deducibilità comporta un abbattimento dell’imponibile irpef facendo maturare un vantaggio immediato in termini di tassazione.

ESEMPIO : Partendo da un esempio pratico, supponendo di avere un reddito lordo di 40.000€  (indipendentemente dal fatto di essere lavoratori autonomi o dipendenti) se si possono dedurre anche solo 1.000 euro (a seguito del versamento in una forma di previdenza complementare), la tassazione avverrà su una base imponibile di 39.000 € e, quindi, su quei 1.000 euro versati non dovrà essere calcolata l’imposta con l’aliquota marginale più elevata fra quelle di interesse del lavoratore.

LE ALIQUOTE : Ricordo che le aliquote di tassazione ad oggi in vigore prevedono che, per redditi inferiori ai 15.000€, sia pagata una aliquota del 23%, per l’eccedenza fino a 28.000€ un’aliquota del 27%, per l’ulteriore eccedenza fino a 55.000€ un’aliquota del 38%, per i redditi che vanno dai 55.000€ ai 75.000€ una aliquota del 41% e del 43% per redditi superiori a quest’ultima cifra.
Detto questo, in questo esempio, essendo il reddito imponibile fra i 28.000€ e i 55.000€, vedrà l’applicazione di un’aliquota marginale (ricordo sempre che non è su tutto il reddito ma solo sulla parte in questa fascia!) del 38%. Ciò comporta che quella diminuzione dell’imponibile Irpef, data ai 1.000 € destinati alla previdenza complementare,  porteranno ad un risparmio fiscale (meno tasse da pagare) di 380€.
Ricordo, inoltre, che il d.l. 252/05 ha eliminato, a favore dei redditi medi e medio-bassi, il precedente ulteriore limite del 12% del reddito e, a favore della libera scelta della forma previdenziale, il limite del doppio del TFR versato alla forma prevista di secondo pilastro, che erano, nella stragrande maggioranza dei casi, certamente limitativi rispetto all’unico limite dei 5.164,57€.
Sbizzarendoci un po’ nei calcoli si può comprendere come colui che presenta redditi per 40.000€ possa ottenere una minor imposizione fiscale, al versamento dei 5.164,57 di ben 1962,54€ che arriva alla rilevante somma (piove sempre sul bagnato) di 2.220,76€ per coloro che presentano redditi superiori ai 75.000€.

Preciso comunque, a supporto dei lettori più attenti, che su quelle cifre oggi dedotte verrà applicata la tassazione in fase di prestazione. In questo caso ricordo che tale aliquota parte da una imposizione massima del 15% (per anzianità di adesione inferiori ai 15 anni) che scende progressivamente (di uno 0,3% ogni anno) fino al 9% (per anzianità superiori ai 35 anni). Questo vuol dire che, anche senza considerare il guadagno che potrebbe derivare dall’investimento dei 380,00€ di tasse oggi risparmiate che rimarranno investiti anche 35 anni e oltre, il vantaggio economico di queste forme di investimento, garantito dalla normativa, può essere quantificato in 380,00€ – 90,00€= 290,00€ ovvero il 29% di quei mille euro effettivamente versati, che per i redditi alti (ripiove sempre sul bagnato) diventa un 34%. Conoscete un investimento che, anno dopo anno, possa rendere di più? Peccato sia limitato a versamenti limitati ai 5.164,57 euro.

CONCLUSIONI : Per concludere questa analisi fiscale mi sembra corretto fare altre due considerazioni. La prima riguarda i lavoratori dipendenti che aderiscono ad una forma di Secondo Pilastro (Fondo chiuso negoziale o un Fondo Aziendale), costoro beneficeranno in prima persona solamente del contributo lavoratore mentre la quota di TFR non genera (in fase di contribuzione) vantaggi fiscali (ma in quella della prestazione si) e il contributo del datore di lavoro viene effettivamente dedotto dal datore stesso ma va a diminuire il tetto dei 5.164,57 euro deducibili dal lavoratore.  Questo lavoratore potrebbe decidere, nella volontà di perseguire il massimo vantaggio fiscale, di versare una quota pari a 5.164,57 – contributi lavoratore al fondo chiuso – contributi datore allo stesso fondo in una forma di Terzo Pilastro (adesione individuale). In questo caso, ricordo, che per l’ottenimento di quest’ulteriore quota deducibile non è più sufficiente la compilazione del CUD ma diventa necessaria la compilazione del 730.

Altra area di possibile ottimizzazione riguarda il versamento a favore di familiari a carico, cosa che , personalmente, consiglio sempre per due motivi: il primo a vantaggio del genitore che può dedurne le somme versate (sempre nel limite complessivo dei 5.164,17€) e il secondo, che ritengo più importante, a favore del figlio, anche minorenne, che vedrà una posizione previdenziale aperta in giovane età. Ciò comporterà per lui, da un lato, se effettuata a meno di trenta anno di età, l’applicazione dell’aliquota più vantaggiosa in fase di prestazione (il 9%) e dall’altro, una somma investita, utile per colmare il gap previdenziale, che, grazie alle regole della capitalizzazione composta, genererà capital gain (non tassato in fase di prestazione) per il numero di anni pari a quelli che mancano al pensionamento, che teoricamente potrebbero essere anche 65.

25/10/2010 | Categorie: Finanza personale Firma: Jonathan Figoli