NEWS

LA STRADA DEL TERRORE: DA DUBAI ALLA LETTONIA PASSANDO PER LA GRECIA E L’ UCRAINA

Dalla crisi finanziaria alla crisi economica, dalla crisi economica a quella dei debiti pubblici. L’onda si allunga, meno drammatica forse di un anno fa ma ancora molto inquietante. Dubai e la Grecia ci hanno risvegliato da un assopimento di comodo, dal sollievo pigro che ci dava pensare che essendo il peggio alle spalle si poteva allentare l’attenzione. Non è così. Dietro Atene e la Palm Jumeirah la lista dei potenziali focolai di infezione è ancora lunga. Il mercato dei credit default swaps – acquistando i quali ci si assicura contro il fallimento di chi emette titoli – registra il nervosismo del mercato, le agenzie di rating puntano i loro fari sui nuovi rischi. Il più delicato di tutti si chiama oggi debito pubblico. Non è una sorpresa, sono mesi ormai che i governi si indebitano per tenere a galla le economie dei vari paesi, ma oggi ciò a cui guardano le agenzie e i mercati è quello che chiamano ‘rischio crescita’. La ragione per cui le prospettive di crescita sono diventate essenziali è che nessuno si aspetta che i debiti pubblici giganti che andiamo cumulando possano essere curati solo con rigorose politiche di bilancio, che sono tanto necessarie quanto non sufficienti a riportare i conti in ordine: senza una crescita adeguata quel debito potrebbe diventare non sostenibile. Il problema è che ci sono alcuni paesi per i quali il modello di crescita del passato rischia di non funzionare più, e non se ne vede uno nuovo di ricambio.

Sono i paesi dell’est Europa e alcuni paesi emergenti il cui sviluppo si basava soprattutto sul flusso di capitali dall’estero e sulla disponibilità di credito a basso prezzo, ambedue scomparsi dall’orizzonte. Ma sono anche paesi come il Regno Unito, l’Irlanda, la Spagna e gli stessi Stati Uniti, il cui dinamismo si basava su un debito privato elevatissimo e sul boom del mercato immobiliare. Il debito privato è ormai un motore in panne, famiglie e imprese sono impegnate semmai a risparmiare per rimborsarlo, e sul settore delle costruzioni per un bel po’ di tempo non si potrà contare. Da qualche parte è la politica ad accentuare la tensione e il caso della Grecia è esemplare: Grecia e Irlanda navigano in acque simili, ma il governo di Dublino ha messo in campo misure forti, quello greco, appena insediato, ancora no. La Romania e la Bulgaria hanno economie deboli, sono tra quelle che hanno alimentato con credito estero i consumi interni, ma la Romania dovrà adesso digerire elezioni conclusesi sul filo di lana. Le elezioni invece devono ancora farsi in Ucraina e il loro esito sarà determinante. Il paese è in una situazione delicatissima e il Fondo Monetario ha sospeso il suo sostegno perché il governo uscente invece di rispettare gli impegni assunti ha aumentato la spesa pubblica in chiave pre-elettorale. Le altre repubbliche ex sovietiche non stanno particolarmente meglio, con il Kazakistan, ad esempio, alle prese con i seri problemi del suo sistema bancario. E infine i paesi baltici sono sotto osservazione, tutti e tre con outlook negativo da parte di Moody’s, e quello che preoccupa di più è la Lettonia.  Ma a preoccupare non sono solo i debiti sovrani, in molti pensano che da qualche parte ci sia un’altra Dubai World, ma nessuno sa dove sia. Si guarda intanto alle banche, i cui conti – si dice – sono stati ripuliti solo per metà. Nei quindici mesi trascorsi dal crack della Lehman, con l’intervento essenziale di governi e banche centrali abbiamo comprato tempo, ma i problemi sono ancora da risolvere. Ora tra i tanti ne abbiamo uno in più: il tempo lo abbiamo comprato a debito (pubblico), e prima o poi lo dovremo ripagare.

17/12/2009 | Categorie: Il caso della settimana Firma: Redazione