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La stagione degli aumenti di capitale. Al via il Banco popolare

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Le motivazioni della caduta in borsa delle banche italiane. Le indiscrezioni su Montepaschi e l’aumento di capitale del Banco popolare.

LA CADUTA: Per capire che la notizia dell’aumento di capitale del Banco Popolare ha sortito ieri l’effetto del sasso nello stagno, non servono grandi sforzi: basta guardare le quotazioni di Borsa. In una giornata in cui le banche europee hanno mediamente perso lo 0,7%, quelle italiane hanno infatti registrato tonfi ben più fragorosi: il Banco Popolare ha ceduto il 5,59%, il Montepaschi il 3,41%, Intesa Sanpaolo il 2,63%, la Popolare di Milano il 2,38%, Ubi Banca il 2,15%. Ieri i cinque peggiori titoli di Piazza Affari erano questi. E anche l’ordine dei ribassi racconta in controluce come il mercato abbia letto l’annuncio dell’aumento di capitale da 2 miliardi del Banco Popolare: i tonfi maggiori li hanno infatti registrati i due istituti patrimonialmente più deboli. Oltre al Banco (che però è già venuto allo scoperto), il Montepaschi (che ha però categoricamente smentito di avere in cantiere una ricapitalizzazione). A questo si è aggiunto – per una pura coincidenza – anche un articolo del «Financial Times», secondo cui le banche italiane taglieranno i dividendi per rispettare i requisiti di Basilea 3. Apriti cielo: due tra gli eventi meno apprezzati dagli azionisti – cioè l’aumento di capitale e la riduzione delle cedole – si sono improvvisamente materializzati. Il crollo in Borsa era scontato. Ovvio che gli occhi si posassero subito sul Monte dei Paschi.

LE INDICREZIONI: L’istituto senese è considerato – insieme al Banco – il più debole dal punto di vista patrimoniale, in vista delle nuove regole di Basilea 3. Deve anche rimborsare i Tremonti-bond. Scriveva qualche settimana fa per esempio Deutsche Bank, in un report recente: «Mps e il Banco hanno una struttura di capitale debole e questo è un tema che dura da molto tempo». Ribadivano recentemente gli analisti di un’altra banca (che preferisce restare anonima): «Dopo il 2015 solo il Montepaschi e il Banco necessiteranno di limitati ammontari di capitale». La banca d’affari Keefer, Bruyette and Woods ha anche provato a calcolare il deficit di capitale in prospettiva di queste banche: circa 2 miliardi per il Banco (cifra analoga all’aumento deliberato) e quasi 4 per il Montepaschi. E di report così se ne trovano a dozzine. Ecco perché, una volta che il Banco Popolare ha annunciato un aumento di capitale, la Borsa ha bastonato il Montepaschi.

LA SMENTITA:  L’istituto senese ha subito diramato una nota, smentendo «categoricamente» ogni ipotesi di aumento di capitale. Ma il ribasso – seppur più contenuto – è rimasto. L’umore nero ha poi contagiato anche Intesa e UniCredit, appesantite più dall’articolo del «Financial Times», che in prima pagina cita «banchieri senior» ipotizzando possibili tagli dei futuri dividendi. Capire se i timori di Piazza Affari siano fondati oppure no è molto difficile: da un lato la maggior parte degli analisti considera le banche italiane sufficientemente capitalizzate (con i distinguo del Montepaschi e del Banco) per rispettare, sin da ora, i requisiti di Basilea 3. D’altro canto, però, oggi essere sufficientemente capitalizzate non basta: all’estero i coefficienti patrimoniali sono spesso ben più alti (in molti casi anche grazie all’intervento degli stati nel salvataggio delle banche). Anche perché in Italia (come all’estero) continuano ad aumentare i crediti in sofferenza. È quindi ovvio che gli istituti italiani qualcosa dovranno inventarsi per rafforzarsi maggiormente. E, in effetti, molto è già stato annunciato ufficialmente.

MPS: Il Montepaschi sta cedendo immobili strumentali per 1,8 miliardi, ha integrato le società di gestione del risparmio Prima e Anima e sta lavorando su molti fronti: questo – calcolano a Siena – porterà il Tier 1 all’8,6%. Intesa Sanpaolo nella semestrale ha annunciato di attendersi «ulteriori benefici da azioni di capital management su asset non strategici con un valore di 10-12 miliardi». Il Banco Popolare ha annunciato il suo aumento di capitale. Insomma: un po’ tutte le banche stanno agendo su più fronti per migliorare i coefficienti patrimoniali. Chi cede attivi, chi li razionalizza. Qualcuno – come scrive il «Financial Times» – potrebbe anche ridurre i dividendi. Ma questa ipotesi ha incontrato scetticismo tra gli stessi banchieri. Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo (che come grande azionista percepisce dividendi dalla banca) ieri ci ha scherzato sopra: «Il Financial Times è più informato di me», ha detto. «Io sono ottimista».

26/10/2010 | Categorie: Economia e Dintorni Firma: Vincenzo Polimeno