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La gestione passiva

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La  funzione  primaria  svolta  dagli  ETF  è  quella  di  garantire  un  rendimento perfettamente correlato a quello dei relativi benchmark sottostanti. La tesi alla base dell’indicizzazione si esplica nella certezza che non è possibile ottenere un risultato migliore di quello del mercato, è quindi impossibile per gli investitori sovraperformare il mercato. Inoltre, se consideriamo che i fondi a gestione attiva presentano costi di gestione sostanzialmente più elevati rispetto ai quelli passivi, e che questi ultimi permettono una maggiore efficienza fiscale, dovuta al minor turnover dei titoli posseduti in portafoglio,   la   conclusione   logica   è   che   i   fondi   indicizzati   generino   delle performance, al netto delle spese di gestione e delle imposte,  superiori a quelle dei fondi attivi.
Dal punto di vista squisitamente tecnico, la funzione di indicizzazione degli Exchange Traded Funds ha come obiettivo, al pari di ogni altro index fund tradizionale, quello di  realizzare  un  tracking  error,  dato  dalla  differenza  tra  rendimento  del  fondo  e benchmark di riferimento, prossimo allo zero.

Tale   attività   di   benchmarking   può   essere   svolta   mediante   l’utilizzo   di   due metodologie principali di replica:

–  full  replication:  l’attività  di  indicizzazione  si  esplica  attraverso  una  replica assoluta dell’indice in termini di asset detenuti

– representative sampling: consiste nel cercare di ottenere un’indicizzazione del portafoglio,  a  costi  più  contenuti,  mediante  una  replica  parziale  dell’indice utilizzando tecniche di campionamento statistico che permettono di selezionare panieri ridotti di titoli caratterizzati da forte omogeneità, in termini di liquidità e capitalizzazione, rispetto a quelli dell’indice sottostante

Entrambe le tecniche perseguono quindi il medesimo obiettivo, seppur con costi di gestione  e  rischi  diversi:  da  un  lato  la  full  replication  offre  una  certezza  di indicizzazione  del  fondo  a  fronte  del  sostenimento  di  costi  maggiori  spiegati nell’acquisto della totalità dei titoli componenti il benchmark, dall’altro le tecniche di sampling tendono a offrire lo stesso risultato con costi minori, esponendo tuttavia l’investitore a un maggior rischio di replica del benchmark.
Come per qualsiasi fondo indicizzato, esistono anche per gli ETF dei limiti e delle difficoltà all’attività di benchmarking in grado di inciderne la reale efficacia. Questi limiti possono essere così sintetizzati:

– vincoli  legislativi  di  allocazione  dettati  dall’esigenza  di  diversificazione minima dell’investimento a tutela del sottoscrittore e del sistema finanziario. Questi variano da prodotto a prodotto; in genere si prevede un investimento massimo  del  90%  del  fondo  negli  asset  detenuti  all’interno  dell’indice sottostante, mentre il restante 10% è investito in liquidità o azioni diverse da quelle componenti il benchmark

– limite massimo all’allocazione del fondo in una singola società emittente. Per esempio, nel caso degli ETF denominati iShares MSCI, il fondo non può investire nel singolo titolo una quota superiore al 25% del proprio patrimonio

– vincolo rappresentato dalla mancata possibilità di reinvestimento dei dividendi maturati dalle azioni componenti il benchmark. Gran parte degli ETF presenti sul mercato, non prevedono infatti l’opzione di reinvestimento immediato dei dividendi, i quali vengono invece ridistribuiti ai sottoscrittori trimestralmente

 

03/02/2009 | Categorie: Investimenti Firma: Ugo Bonomini